Omofobia, pornografia e diritti sessuali in Internet

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Sono passati quarantanni da quando, nel secolo scorso, il negativo del film di Bernardo Bertolucci “Ultimo tango a Parigi” fu inviato al rogo con una sentenza della Corte di Cassazione del 1976 che lo considerava pornografico e scandaloso.

Credits: www.trgmedia.it

Per fortuna quei tempi sono ormai finiti in Italia e la legislazione penale sui comportamenti sessuali cosiddetti “devianti” è ormai, sostanzialmente, in linea con quelle degli altri paesi europei.

L’unico reato specifico legato alla sessualità rimasto nel codice penale italiano è quello della pedo-pornografia, che prevede norme specifiche su Internet e l’on-line.

Nonostante ciò l’Italia è ancora indietro rispetto a molti paesi europei nel riconoscimento dei diritti LGBT (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender) ma il reato di omosessualità non esiste più sin dal 1871 e quello di “propaganda omosessuale” è stato abolito da tempo,

Però manca ancora una legge sulle unioni di persone dello stesso sesso o di una legge contro l’omofobia.

Queste due questioni, ed in particolare il riconoscimento delle unioni civili sono entrati di prepotenza nel dibattito pubblico del paese, ed in particolare di quello che si svolge sui social networks e on-line.

Questo rapporto sulla situazione italiana considera due aspetti: le norme che regolano la pornografia su internet (a proposito delle quali si può dire che esistono sufficienti salvaguardie per la libertà di espressione pur garantendo la protezione dei minori dagli abusi), nonché il dibattito pubblico su social media e sessualità (cyber-harassment contro le minoranze sessuali, cyber-bullismo, hate speech, ecc.) anche se questo dibattito non si è ancora tradotto in leggi ad hoc.

Le campagne per i diritti sessuali su Internet

L’attivismo dei gruppi oppressi per le loro preferenze sessuali (Lgbt) è in Italia particolarmente rilevante, vista l’assenza di riconoscimento dei loro diritti civili (matrimonio gay, unioni di fatto, ecc.).

Esso trova nel web un luogo particolarmente favorevole e importante per diffondere informazioni, mantenere un osservatorio critico permanente su pregiudizi, discriminazioni e violenza, avviare processi educativi e formativi contro l’omofobia e le ideologie sessiste, destinati a un pubblico vasto e diversificato. Molto spesso campagne in favore del popolo LGBT sono condotte col supporto del Movimento delle donne, soprattutto quando si tratta di protestare contro le violenze sessuali.

Qualche esempio. Nell’Ottobre 2014 i sindaci delle due Maggiori città italiane (Roma e Milano), decidono autonomamente di interpretare estensivamente il loro potere di ratificare i matrimoni contratti all’estero ed iniziano, con un’azione concertata, a registrare anche i matrimoni contratti all’estero da loro cittadini anche con persone dello stesso sesso. La decisione –come prevedibile- scatena un infuocato dibattito nazionale, che presto si espande sui social media dove partono diverse iniziative di “cyber attivismo” e negli open forum sul web.

Questo movimento sulla rete ha contribuito ad ampliare e ad elevare negli ultimi due anni il livello del dibattito sociale sui diritti del popolo LGBT, facendolo debordare dal mondo internet a quello dei mass media tradizionali, dell’opinione pubblica, del dibattito politico. Fino ad alimentare anche dibattiti (che finora non hanno portato a cambiamenti legislativi) nel Parlamento Italiano: è questo anche per effetto virale delle campagne svoltesi on-line.Nel febbraio 2013, giusto prima di un ennesimo dibattito parlamentare sulla questione delle Unioni Civili (che toccava anche la questione del matrimonio fra persone dello stesso sesso), un ampio dibattito si è svolto sui social media. Una petizione online sulla piattaforma specializzata avaaz.org. nell’arco di pochi giorni è riuscita a raccogliere una decina di migliaia di firme in loro favore. Nonostante poi il dibattito in Parlamento non abbia prodotto nessun effetto e la petizione sui matrimoni omosessuali sia rimasta lettera morta, il dibattito è continuato online, con vari momenti topici che sono spesso coincisi con l’andamento del dibattito pubblico sui media tradizionali e in Parlamento.Da segnalare come durante questa campagna il famoso videoblogger Carlo Gabardini abbia pubblicato sulla rete un suo video intitolato: “Marmellata o nutella? ci s’innamora di chi ci s’innamora” che in poche settimane è stato visto da oltre 200.000 internauti ed è stato ripreso in seguito da numerosi altri siti web.

Il ruolo delle associazioni per i diritti GLBTQ

Si segnalano in particolare, per il loro impegno informativo ed educativo, oltre che battaglie contro le discriminazioni, l’omofobia, la violenza con le donne, gay, lesbiche, trans, il sito www.arcigay.it e www.zeroviolenza.it (quest’ultimo specializzato nel contrastare la violenza contro donne e LGBT). Importante soprattutto è che intorno a questi siti siano nate vere e proprie reti territoriali che contribuiscono a collegare tra loro, via internet, circoli, gruppi di volontariato realmente esistenti su tutto il territorio italiano.

Dal primo World Pride, tenutosi a Roma tra il 1 e il 9 luglio 2000 per iniziativa del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, sono caduti molti tabù e, grazie ad iniziative pubbliche come queste, la libertà delle persone omosessuali e transessuali ha ricevuto una legittimazione che prima non aveva. Pride itineranti si sono tenuti da allora ogni anno in varie città, con grande visibilità e partecipazione, costruite anche grazie ai siti web di organizzazioni storiche del movimento gay nate negli anni Settanta, a cominciare dal già citato www.arcigay.it e ProgettoGay . Per questo è stato molto importante allargare la funzione dei siti che si erano aperti per la difesa dei diritti e contro le discriminazioni di ogni tipo, a un impegno culturale più approfondito e più mirato su scelte educative e formative di una nuova coscienza riguardante la sessualità e le relazioni affettive.Si sono mossi in questa direzione, in particolare il già citato Progetto Gay, Lgbt-Radio, Famiglie Arcobaleno, Arcilesbica, Zeroviolenza e sono aumentati, per esempio, i siti rivolti alle famiglie e all’educazione dei minori, le reti volte a collegare il crescente impegno della scuola nell’educazione di genere e dei sentimenti: www.minorimedia.it oppure www.agedonazionale.org formata da genitori, parenti, amici di donne e uomini omosessuali.Particolarmente importante è la ricaduta che il dibattito sul web riguardante sessismo, omofobia, violenza contro le donne, gli omosessuali, i trans, ecc., ecc., può avere oggi sulla scuola, dove comincia a entrare l’educazione dei sentimenti e l’educazione di genere. Mancando ancora un’adeguata formazione degli insegnanti, e più in generale degli adulti che intervengono nei processi formativi dei bambini e degli adolescenti, capita spesso che sia il web a offrire materiali di studio, esiti di ricerche, o testimonianze dal vivo.

In Italia i siti web dedicati al mondo Lgbt sono moltissimi e con temi, offerte di vario tipo: servizi informativi dell’attivismo politico, sostegno e aiuto, dibattiti, confronto di opinioni, interviste, ma anche attualità, gossip, cliniche, ormoni, news internazionali (per esempio il portale Transgender Network).

Interessante anche l’estensione al web di attività professionali di sostegno gay: formatori che si rivolgono nello specifico all’ambito Lgbt, che conducono la loro attività in circoli e associazioni Lgbt, ma che hanno aperto anche siti Internet per arrivare a più persone che chiedono aiuto e ascolto.

L’aggressione online verso le minoranze sessuali

Dell’uso del web si è anche cominciato tuttavia a vedere gli aspetti negativi o comunque preoccupanti: molte adesioni e molti incoraggiamenti, ma anche discorsi di odio.

Secondo i sondaggi dell’ArciGay il 50% degli insulti e delle violenze sessiste e omofobiche arriva attraverso le chat.

Negli ultimi mesi il cyberbullismo e lo stalking, entrambi praticati spesso attraverso Internet, sono diventati una questione di attualità in Italia, specie dopo che nel 2013 i suicidi di due giovani omosessuali (un teen-ager di soli 14 anni e un giovane di 21 anni sottoposti a cyber harassment) hanno suscitato grande scalpore nell’opinione pubblica. In entrambi i casi i media hanno attribuito alle molestie via web ed al bullismo on-line la concausa dei suicidi. E ciò sia per il caso del quattordicenne di Roma (12 Agosto 2013) 6 che per quello di Simone D., anch’esso suicida a Roma (27 ottobre 2013) 7 appena pochi mesi più tardi.

In materia è intervenuto per primo il Sottosegretario alle Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico del governo Letta che ha varato l’8 gennaio 2014, la prima bozza del Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo. La bozza del codice è stata messa a punto dal Governo (MISE, Agcom, Polizia postale e delle comunicazioni, Direzione Centrale della Polizia Criminale, Autorità per la privacy, Garante per l’infanzia e Comitato media e minori), dalle Associazioni (Confindustria digitale, Assoprovider ecc.) e dagli operatori (Google, Microsoft ecc.). Il Codice concordato è stato sottoposto a consultazione pubblica per ottenere ulteriori suggerimenti dagli utenti del web ma non ha mai visto la sua versione definitiva, anche per il cambio di governo avvenuto nel frattempo.

Pornografia e pedofilia online di fronte alla legge

La seconda parte di questo rapporto è dedicata alla pornografia on line.

Nessuna legge ad hoc sanziona la diffusione su Internet di materiale pornografico riguardante adulti consenzienti

La sua diffusione è quindi regolamentata dalle attuali leggi in vigore per tutti i media. Il problema specifico di Internet rimane, in Italia come altrove, quello dell’”age verification”, visto che le leggi sulla pornografia sugli altri media prevedono il divieto per i minori di 18 anni (divieto di accesso in sala per i film “vietati ai minori” e divieto di vendita per cassette o riviste pornografiche). La questione dell’age verification su internet non è attualmente disciplinata dalla legge italiana.

L’unica proibizione prescritta dalla legge italiana riguarda la pedopornografia. La maggiorparte della legislazione nazionale in materia deriva dall’adozione o dalla trasposizione di Convenzioni internazionali predisposte dal Consiglio d’Europa, dalla UE o dalle Nazioni Unite.

In particolare, l’Italia ha ratificato la Convenzione UN sui diritti dei minori del 29/11/1989 8; le Convenzioni del Consiglio d’Europa di Lanzarote (25/10/2007) contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali in danno dei minori e di Budapest (23/11/2001) sulla criminalità informatica, oltre che la Direttiva 2011/92/UE adottata da parlamento europeo e consiglio il13/12/2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che ha sostituito la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio dell’Unione Europea.

Oltre alle leggi di recepimento delle principali convenzioni internazionali in materia nell’ordinamento italiano, il principale strumento normativo in Italia è la legge 38 del 6.2.2006 (cosiddetto “Decreto Gentiloni”), che nel recepire in Italia la Direttiva Europea 2011/92 , ha creato una sezione ad hoc dal titolo “Norme contro la pedopornografia a mezzo Internet“, il cui risultato principale è stata l’istituzione del CNCPO (Centro Nationale di Contrasto alla pedopornografia sulla rete Internet), presso la Polizia postale e delle Comunicazioni del Ministero degli interni.

Contrastare la pedopornografia anche a livello culturale

La stessa legge ha modificato il Codice Penale agli art. 600 bis (atti sessuali su minori), ter (produzione di materiale pedopornografico), quater (acquisizione,detenzione e scambio, ampliata successivamente anche alla pedopornografia virtuale, cioê realizzata in animazione). Inoltre all’articolo 19 istituisce l’obbligo per i fornitori di servizi internet di segnalare al CNCPO ogni sito contenente materiale pedopornografico o che comunque contenga notizie di reato contro i minori (art. 14 ter cel Codice Penale). Istituisce infine (all’art. 20) anche “presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità” l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche amministrazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia.

La legge 38/2006 è stata poi integrata con il nuovo art. 414 bis del Codice Penale (introdotto nella legislazione il 1/10/2012 dalla legge 172 nella legge di adozione della Convenzione di Lanzarote), che introduce il nuovo reato di “istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia”, che è punibile con il carcere da 18 mesi a 5 anni, precisando che tale reato si configura su “qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione”, includendo quindi Internet, social network, web e mobile.Questo nuovo delitto ha inserito per la prima volta nell’ordinamento penale la parola pedofilia, e punisce “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o più delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni.

L’aspetto più controverso di questa modifica, è che la stessa pena si applica anche a chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti previsti dal primo comma”, sanzionando, quindi, non solo l’istigazione a commettere delitti a detrimento dei minori, ma anche l’apologia di tali reati. Una modifica contestata da molti, che vi intravvedono un nuovo tipo di reato d’opinione.

Pochi mesi fa, infine, il governo Renzi attualmente in carica, al fine di ridurre l’affollamento delle carceri, ha varato il DL 28/2015 che introduce la “non punibilità” per una serie di reati minori, fra cui anche quelli commessi per via informatica che non prevedano pene superiori ai 5 anni. E che quindi dovrebbe applicarsi anche alla detenzione di materiale pedopornografico, per cui il crimine resta, ma non prevede più la prigione, ma solo pene pecuniarie e accessorie.

Filtrare la pornografia infantile

Il “filtering” dei contenuti on-line è consentito solo per bloccare contenuti pedopornografici.

La legge 38 del 2006 ha introdotto (all’art. 14 quater) per gli ISP-Internet Service Providers l’obbligo di filtraggio, ma solo per il reato di pedopornografia.

Una lista di siti proibiti viene diffusa regolarmente dal CNCPO (ed aggiornata continuamente) e tutti gli ISP sono tenuti a rendere invisibili tali siti dopo averne conservato una copia ai fini della prova del reato. La lista del CNCPO viene alimentata dalle segnalazioni degli stessi ISP (un formulario di denuncia a disposizione degli utenti è presente su tutti i siti degli ISP), oltre che dallo scambio internazionale, via Interpol, delle liste prodotte dalle altre polizie. La legge riconosce al CNCPO il potere di produrre questa lista di oscuramento, perché esso è un organo di polizia giudiziaria, che in quanto tale può agire (senza bisogno di ordine del giudice) laddove riscontri un’evidenza di reato.

La procedura prevede che poi il CNCPO segnali i siti contenenti materiale proibito alla magistratura affinché questa apra un’inchiesta contro i titolari del sito (se registrati in Italia) o segnalando all’Interpol i siti internazionali. E’ possibile fare ricorso contro l’oscuramento del sito, secondo le normali procedure giudiziarie, e – in caso di accoglimento del ricorso (da parte di un giudice diverso da quello che conduce l’istruttoria) – il CNCPO provvede a togliere il sito dalla blacklist. Nessun indennizzo è previsto in caso di errato oscuramento e l’ISP non è perseguibile per avere eseguito un ordine del CNCPO.

Autoregolamentazione

Tutti gli operatori nazionali (ISP) e la maggiorparte di quelli di telefonia fissa e mobile offrono dei servizi di “parental control* che consentono di escludere una serie di siti da quelli accessibili direttamente dai telefonini/tablets forniti ai minori . Molti prevedono la richiesta specifica di un codice per accedere ai siti per adulti. Ogni operatore ha la sua lista dei siti in black-list sconsigliati ai minori. In realtà queste regole sono facilmente aggirabili e, quando si naviga su internet, la maggiorparte di questi filtri non bloccano nemmeno l’accesso ai principali siti pornografici mondiali.Anche TV e Radio sono oggetto di self-regulation in materia e sono sottoposte al controllo dello speciale Comitato “Media e Minori” istituito dal Ministero delle Comunicazioni e dall’AGCOM, che ha come scopo di prevenire l’esposizione dei minori a materiale pornografico o comunque inappropriato attraverso i media elettronici

Conclusioni

La situazione in Italia a proposito della legislazione sui comportamenti sessuali e la loro espressione on line non presenta particolare allarme nel paragone con quella degli altri paesi, dal momento che non c’è nessuna specifica restrizione, fatta salva la pedopornografia.

Le principali polemiche in Italia in questa materia non sono tanto sul filtering (il sistema attualmente in vigore viene considerato un giusto punto di equilibrio fra protezione dei minori e libertà d’espressione), quanto sulla introduzione del nuovo articolo del codice penale 414 bis che per la prima volta definisce il reato di pedofilia e consente di perseguire “l’istigazione” a commettere i reati di pedofilia e pedopornografia, anche laddove si usino argomenti storici o artistici o si invochi la libertà d’espressione.

I critici dell’attuale testo si rifanno alla sentenza della Corte Costituzionale, secondo cui “l’apologia punibile non è la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalità integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.

Credits: www.humanrights.gov.au

Sulla questione delle molestie on line in Italia per I comportamenti sessuali “devianti” (sexually based online harassment) val la pena citare il caso dell’attivista del movimento LGBT Anna Paola Concia, rimasta vittima di un massiccio cyber-attacco sul suo sito e sul suo profilo twitter.

Un attacco da lei cosi commentato con filosofia : “Che ridicola l’idea che possa esistere un web cattivo del mondo buono!” ricordando che i commenti espressi on line altro non sono che quelli pensati (e qualche volta anche detti) dalle persone che popolano il mondo reale.

Passaggi futuri

In materia di cyberbullismo, infine, l’iniziativa del governo Letta è stata ripresa dal MIUR – Ministero dell’Istruzione (Ministro Stefania Giannini) che ha presentato il 13 aprile 2015 17 le sue “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo”.

Un testo che è in linea con quello prodotto nel 2014 dal Ministro delle Comunicazioni. Diverse proposte di legge sono state presentate in Parlamento ed attendono la discussione nei prossimi mesi.Quale che sarà la forma che alla fine assumerà questo documento (legge, linee guida o altro), esso porrà comunque la delicata questione di bilanciare gli interessi degli operatori locali di telecomunicazione ed Internet (telcos e ISP) con quelli delle grandi compagnie globali.

Dal punto di vista degli ISP l’applicazione delle leggi/norme in vigore contro il cyberbullismo e lo stalking presenta però una complicazione ulteriore (rispetto a quanto accade per il contrasto della pedopornografia), dovuta al fatto che quasi sempre questi episodi avvengono sui “social media” (Twitter, Facebook, ecc.) , dove l’ISP principale (l’operatore di telecomunicazione che fornisce la connessione telefonica o internet) non può intervenire direttamente ma può solo segnalare ai titolari del servizio di social media, il reato commesso.

Non esistono attualmente impegni precisi da parte dei social media in Italia a questo proposito

Si veda il codice mai definitivamente approvato dalle parti e quindi a tuttoggi non vincolante, e quindi possono passare ancora diversi giorni dalla data della segnalazione a quella di effettiva rimozione o oscuramento dell’oggetto del reato, sempre che il social media giudichi la richiesta fondata. I principali social media (Facebook, Twitter, ecc.) presenti in Italia fanno attività di controllo ed offrono l’opportunità agli utenti di segnalare i casi di oscenità/pedofilia/pedopornografia/ cyberbullismo, ma ad oggi non sono vincolati a nessun codice di autoregolamentazione sottoscritto col governo e quindi agiscono solo in base alle procedure interne previste dalle case madri.

LEA MELANDRI

ROBERTO MASOTTI

ANDREA CAIROLA

ARTURO DI CORINTO

GIACOMO MAZZONE

Qui si può leggere la versione in lingua inglese

Qui lo stato dell’arte dei diriti sessuali su Internet nel mondo a cura del GIS Watch

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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