#OpenRicostruzione ; La musica che cura le ferite del terremoto

scienze

Vicino alla torre dell’orologio di Finale Emilia, la ferita-simbolo del terremoto emiliano, è sorto un teatro tenda, che ospita concerti, iniziative e laboratori e che sostituisce, in questo difficile cammino verso la normalità, le strutture stabili e polifunzionali della città rimaste distrutte o danneggiate dal sisma.

Sotto la tenda, si trova a provare la banda Rulli e Frulli, un progetto di banda popolare nato dalla collaborazione fra il Comune di Finale Emilia e la Scuola Popolare di Musica Andreoli. Una banda composta da bambini delle scuole finalesi e utenti disabili di strutture ricettive locali, uniti dalla passione per la musica ritmica. E gli strumenti sono tutti rigorosamente autoprodotti: pentole, grancasse, rullanti riciclati, bidoni di latta a cui viene regalata una seconda vita.

Siamo andati a vedere le prove, in un’orda assordante di bambini e genitori della scuola primaria, di ritmi serrati e industriali, atmosfera leggera e festosa, per capire come ha fatto a rinascere il ritmo e la musica in un territorio devastato. Ci accoglie Federico Alberghini, coordinatore della banda, insegnante di batteria alla scuola Andreoli. «Siamo rinati dopo poche settimane perché i ragazzi non potevano stare senza musica. Ci trovavamo a provare all’aperto, finché l’associazione Mani Tese di Finale ci ha dato uno spazio dove provare, sono arrivati aiuti da tutta Italia, siamo anche riusciti a comprarci un furgone per trasportare i ragazzi e gli strumenti per fare concerti un po’ ovunque. Pensate che proprio quel fatidico 20 maggio 2012, eravamo istallati alla scuola elementare di Finale perché il giorno dopo avremmo dovuto fare un saggio con le scuole….

se il sisma posticipava di qualche ora sarebbe stata una strage».

È un sorriso amaro quello di Federico, stremato dai mille racconti e dalle fatiche di un anno passato a ricostruire la sua banda, sfibrata e stanca ma mai doma. Si unisce alla chiacchierata un ospite speciale della Banda, arrivato dalla vicina San Martino Spino per portare la sua testimonianza e la sua solidarietà in musica: Tiziano Sgarbi in arte Bob Corn.

Barbuto folk singer della bassa modenese, Tiziano è molto legato alla sua terra, ai suoi ritmi musicali, alla tradizione dei suoi locali undergrond ed alle sue sale prove. Un po’ il nume titolare di una scena viva di centinaia di band rockettare di paese che si trovano a provare e suonare fra afa e zanzare, nella migliore tradizione dell’emilia paranoica.

«Ho fatto 6 album in 20 anni di carriera, e centinaia di concerti, componendo sempre nella mia cameretta a San Martino Spino. Da quando c’è stato il terremoto e la mia casa è inagibile, non ho più scritto un pezzo. Sono stato prima 4 mesi in camper parcheggiato in giardino e poi in una casa in affitto. È buffo perché erano tanti anni che volevo fare un viaggio in camper, ed alla fine l’ho fatto senza muovermi da qua»… Ride di gusto, Tiziano, non sembra per nulla turbato da quello che è successo, anzi.

«Sembrerà un discorso cinico, ma io ho passato un anno intenso, meraviglioso. Capiamoci: la tragedia, la paura, la morte, la distruzione, tutto questo non lo volevo, ed è stato terribile per tutti. Però tutto quello che è venuto dopo, la solidarietà, il senso di comunità che si è instaurato fra la gente, quello spirito un po’ anarchico di autorganizzazione che ha messo in luce l’evidenza che ci si può muovere anche da soli, aiutandosi, senza tanta burocrazia che ti dice come devi vivere, bhè, questo è stata un’esperienza molto intensa».

Ma qual è la situazione delle strutture culturali, sale prove, locali per concerti. Quali prospettive di ricostruzione del territorio dal punto di vista aggregativo e musicale?

«Eeeh, la situazione è tosta. Già c’erano molte difficoltà, fra sale prove e locali che chiudevano per la crisi, prima del terremoto. Dopo a molti son venute a mancare le forze».

Il simbolo delle difficoltà è rappresentato dal circolo Lato B di Finale, un posto che per tanti musicisti della zona è sempre stato un punto di riferimento. ll Circolo Lato B è una ex scuola di campagna che è diventata circolo musicale, sala prove, laboratorio sperimentale, centro di scambio tra gruppi di Finale Emilia, che ha una lunga e vasta tradizione di musicisti, e non solo. È stata ed è tuttora un’esperienza rara e forse unica nel suo genere.

Circa 80 ragazzi, a turno, suonano nei suoi locali, pagando una piccola quota associativa e assicurando la manutenzione ordinaria dello stabile. Il Lato B negli anni ha promosso una serie di iniziative di solidarietà internazionali, ha organizzato concerti e meeting d’ogni genere, ha dimostrato che a unire i ragazzi e dar loro uno scopo non ci sono solo palestre, canoniche, campi sportivi: la musica unisce chi la fa e chi la ascolta. Il terremoto ha danneggiato il tetto, ed ora il circolo è stato sgombrato…

«Per salvare il circolo, l’anno scorso abbiamo organizzato un concerto di solidarietà a Castelfranco, dal titolo ABBASSA, un successo, 15.000 euro raccolti, ed il lato B che rinasce più forte di prima». Perché vedete, è la tempra di questa gente, che abita il cratere del tortello di zucca come lo chiamo io, fra Modena, Mantova e Ferrara che è capace di risorgere, e la musica non fa differenza!».

Ma non hai paura che i giovani musicisti della zona non se la sentano di restare in queste condizioni difficili e ricostruire il tessuto, e preferiscano cercare soluzioni più facili in una grande città via di qui? Tu ci hai mai pensato?

«Nooo, io son troppo vecchio ormai per andare via. Sono stato sempre qui e resto a fare musica qui. E non credo che in molti se ne andranno. O meglio: se uno deve andare per fare un’esperienza fuori è bellissimo, ci si contamina e torna con più energia e vitalità. Ma scappare per scappare, non credo sia un’esperienza interessante. Anzi, ribalto la questione: invito i giovani di altri territori a venire qui, spazio ce n’è, energia pure e diverse possibilità di crescita e ricerca. Venite a trovarci, noi siamo vivi e vogliamo continuare a fare musica e cultura ad alto livello, come abbiamo sempre fatto… ».

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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