Paolo Ganis: “Con Vitesy la rivoluzione sostenibile inizia da casa tua”

I Founders di Vitesy
I Founders di Vitesy

Una smart city nasce da ambienti smart. È questa la sfida cha ha raccolto Vitesy, giovanissima startup di Pordenone che intreccia l’innovazione e la tecnologia a un approccio più sostenibile. La crescente preoccupazione per l’inquinamento delle aree urbane e il cambiamento climatico, hanno stimolato il team a trovare una sinergia fra la tecnologia e la natura. L’idea è innovativa: provare a sviluppare uno stile di vita sostenibile partendo dalla qualità dell’aria nelle proprie abitazioni. La dimensione glocal di Vitesy è vincente: dalla presentazione della tecnologia smart al CES di Las Vegas nel 2016, la startup ha compiuto passi importanti costellati da riconoscimenti internazionali: nel futuro punta all’equity crowdfunding, scegliendo di farlo in Italia. Ne abbiamo parlato con Paolo Ganis, Co-Founder e CEO di Vitesy.

Qual è la mission di Vitesy?

“La nostra mission è quella di creare prodotti sostenibili per migliorare la salute delle persone. A Vitesy uniamo natura, tecnologia e design per combattere l’indoor pollution. L’inquinamento nei luoghi chiusi è fino cinque volte superiore a quello outdoor e lo stiamo combattendo attraverso la tecnologia, il design e la conoscenza, creando purificatori d’aria naturali“.

Paolo Ganis, Co-Founder e CEO di Vitesy

Come avete pensato di occuparvi di un tema così sensibile tramite una startup?

“Il punto di partenza è che in Italia si parla poco di indoor pollution.

Tutto nasce da una tesi di laurea del Politecnico di Milano del mio socio Vincenzo, dov’era illustrato il potenziale delle piante nel contrastare gli inquinanti. In un secondo momento, abbiamo pensato che avremmo potuto lavorare a un prodotto interessante, così abbiamo studiato. In questa fase ci siamo mossi su due fronti: da un lato le ricerche scientifiche del settore, dall’altro i trend di mercato, e abbiamo notato che si trattava di un argomento che poteva riscuotere interesse. Nelle mie precedenti professioni, ho sempre analizzato i dati, quindi ho cercato di analizzare i trend del mercato nel settore”.

Avete lanciato Vitesy nel 2016: che bilancio tracciate in questi quattro anni?

“Un bilancio assolutamente positivo: abbiamo creato un prodotto che non esisteva.

Il mercato ha apprezzato tantissimo i nostri prodotti e abbiamo avuto ottimi feedback. Negli anni abbiamo vinto diversi startup pitch contest, come quello di Bosch o Procter & Gamble, per fare due esempi. Abbiamo anche ottenuto un investimento di due milioni di euro da parte dell’Unione Europea. Tutto questo a noi dimostra quanto la nostra tecnologia, il nostro prodotto piace in un mercato che sta crescendo”.

Com’è strutturato il vostro team?

“All’interno di Vitesy abbiamo una struttura eterogenea. In tutto, il nostro team è composto da una ventina di persone. Io mi occupo della parte finanziaria e strategica del business, c’è una sezione di operation e di logistica, una di design e R&D. Siamo un team che proviene da formazioni e professioni complementari: io ho studiato all’Università Bocconi di Milano, i miei due soci Alessio e Vincenzo al Politecnico di Milano; il CTO Marco Santonocito ha fatto esperienza in Silicon Valley e in grandi aziende italiane e ora gestisce l’IT. L’IT sta diventando una sezione cardine di Vitesy perché la raccolta dei dati sulla qualità dell’aria è importante e preziosa: è un settore che sta crescendo sempre di più”.

Il team di Vitesy

Come si muove la sezione marketing per creare un’awareness su temi così sensibili?

“Questo è un aspetto molto importante di Vitesy. Ci occupiamo di divulgare la conoscenza attraverso il nostro blog, spiegando come la natura ci può aiutare nel miglioramento della qualità dell’aria, spiegando pratiche intelligenti da assumere. Ci muoviamo anche sul marketing: abbiamo fatto una campagna di pre-ordini di Natede, il nostro ultimo prodotto, che ha raccolto circa un milione di dollari in 40 giorni. In Italia, a livello di comunicazione ci stiamo facendo notare”.

In Italia c’è una diversa ricezione dei vostri prodotti rispetto all’estero?

“Fino a cinque anni fa, nel nostro Paese la purificazione dell’aria non era un tema preso in troppa considerazione. A seguito del lockdown per la pandemia di Covid-19, la consapevolezza sul tema è maturata tanto. In Italia, a dispetto dei luoghi comuni, si sta comprendendo che la salubrità dell’aria non è scontata come potrebbe sembrare. L’aria nel nord dell’Italia, per esempio, ha quantità di pm e altri inquinanti elevatissime rispetto alle medie europee. Questo ci deve far riflettere”.

Natede, il purificatore d'aria di Vitesy

A Vitesy siete un team giovane ed eterogeneo: qual è stata la fase più difficile dal lancio della startup?

Vitesy è una startup hardware, che convoglia tecnologie, hardware e idee in un prodotto tangibile. La natura di una startup hardware è più complessa rispetto ad altri tipi di startup. Secondo gli studi di settore, la mortalità di una startup hardware nei primi anni è del 97%. Ogni giorno per noi è una sfida: a Vitesy ci stiamo riuscendo perché comprendiamo le dinamiche e c’impegniamo a fondo. Il team di Vitesy nasce in Silicon Valley: siamo tornati in Italia dopo aver vinto l’importante investimento che menzionavo prima da parte dell’Unione Europea. La parte più complessa nel nostro Paese è l’accesso ai capitali: l’Italia è un Paese con i più alti indici di risparmio pro capite però pochi investimenti. Non è consuetudine investire in startup e fare fundraising è difficile, però qualcosa si sta muovendo”.

Quali sono i pro e i contro nell’aprire una startup in Italia?

“I pro dell’Italia è la qualità della vita: spesso si pensa sia un’affermazione poetica, ma è molto importante. In Silicon Valley c’è sì più accesso ai capitali, ma i costi operativi sono molto più elevati: anche solo gli affitti sono alti rispetto all’Italia, per fare un esempio. Negli Stati Uniti, inoltre, i profili altamente qualificati sono pagati tantissimo: nel nostro Paese, l’eccellenza è pagata sì, ma non a quei livelli. In Italia manca una sensibilità, che è il riflesso di un ecosistema che non sempre ha expertise nel digital e nell’hardware, per esempio. In Silicon Valley, al contrario, ci sono tanti casi di successo, e questo crea un circolo vizioso di confronto, networking e stimolo. L’auspicio è che, con il tempo, possano emergere anche in Italia casi di successo che offrano la loro expertise alle nuove leve dell’imprenditoria. Mi auguro che le startup italiane nate dal 2010 siano un po’ i fari per le startup in partenza: cominciano a emergere casi di successo anche nel nostro Paese e questo è un aspetto molto positivo”.

Natede, il purificatore d'aria di Vitesy

Qual è il vostro prossimo passo?

“Siamo in raccolta fondi con Doorway, piattaforma di equity crowdfunding. Ci troviamo bene nel lanciare campagne con loro: noi presentiamo l’idea e, se piace, ci sono margini di investimento. In Italia gli investimenti in equity crowdfunding stanno aumentando e questo dato è per noi molto incoraggiante”.

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