La fine del mondo, quella annunciata dalle profezie Maya, non deve farci paura. Basta dare uno sguardo al calendario ritrovato recentemente in Guatemala per capire che le cose stanno diversamente. Il perché ce lo spiega Patrizia Caraveo, direttore dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano (IASF).
Non credo che nessuno dei lettori di CheFuturo! sia preoccupato dalle pseudo profezie Maya (perché il futuro sarebbe piuttosto breve). Tuttavia, visto che sicuramente conoscete qualcuno che potrebbe confessare di non dormire sonni tranquilli, vi fornisco un argomento per alleviare i suoi timori. Prima, però, dovete fare un corso rapidissimo sul calendario Maya, perché tutto dipende da quello.
La misura dello scorrere del tempo era presa molto sul serio da questi antichi abitanti del centro America.
Nessun sovrano si sarebbe mai sognato di fare nulla senza prima consultare gli astronomi. I Maya avevano una notevole maestria nel gestire i conti e sopravvivevano bene con solo tre simboli: un puntino indicava l’unità, una riga orizzontale il 5 e un ovale schiacciato lo zero, che avevano introdotto indipendentemente dagli indiani. Contavano quasi sempre in base 20 e, per la gioia dei programmatori, le loro sequenze numerali iniziavano sempre (o quasi) con lo zero.
L’anno era fatto da 18 mesi di 20 giorni ciascuno più 5 giorni sfigati che erano lasciati da parte. Il primo giorno del mese era il giorno 0 e l’ultimo il 19.
Si erano inventati anche un calendario religioso fatto dalla combinazione di 20 cicli di 13 giorni per un totale di 260 giorni.
Il calendario solare e quello religioso procedevano indipendentemente e si sovrapponevano ogni 52 anni. Tuttavia, quando si trattava di scrivere una data sulla pietra – per esempio la data di una stele o l’inizio del regno di un sovrano – i Maya ricorrevano ad un calendario più complesso che, nelle loro intenzioni, doveva contare i giorni trascorsi dalla creazione del mondo. Si chiama il lungo computo ed è composto da 5 cifre. Righette, puntini ed ovali schiacciati organizzati in colonne di 5 numeri, che avevano un significato univoco (se volete vedere la stele di oggi basta andare qui: i primi 5 numeri sono il lungo computo poi e, per completezza, la stele virtuale vi dà anche la data, giorno e mese nel calendario solare).
Il numero più in basso della cinquina indica il giorno del mese e va da 0 a 19. Immediatamente sopra c’è il numero del mese che va da 0 a 17 (ricordate che abbiamo detto che i Maya avevano organizzato l’anno in 18 mesi), poi viene il numero che indica l’anno (di 360 giorni); qui si ritorna alla numerazione in base 20 e si va da 0 a 19, poi c’è l’unità dei 20 anni Maya , sempre da 0 a 19, infine, sopra a tutto, la casella corrispondete ai 400 anni Maya (pari a 396 dei nostri anni) cha va da 1 a 13.
Se vi siete persi, non preoccupatevi, questa pagina vi permette di convertire qualsiasi data da un calendario all’altro. Il grande ciclo Maya è quindi di 13x20x20x18x20 = 1.872.000 giorni pari a 5125 dei nostri anni, a partire dal 3114 aC. La data 13.0.0.0.0 rappresenta la fine del ciclo. Il giorno corrispondente alla magica cinquina è il 21 dicembre 2012, da qui le profezie sulla fine del mondo che sono state sfruttate alla grande dall’industria cinematografica e da tutto ciò che ruota intorno al nonsense catastrofistico. Ovviamente non ci è dato sapere cosa i Maya pensassero sarebbe successo dopo la fatidica data, la loro civiltà è implosa molto prima e i loro meravigliosi codici sono stati bruciati dai conquistatori spagnoli. Ne rimangono pochissimi, quello che abbiamo in quantità sono rovine monumentali.
Scavando nei resti della città Maya di Xultun, in Guatemala, archeologi un po’ all’Indiana Jones hanno trovato una stanzetta con i muri ricoperti di vari strati di calcoli astronomici molto più antichi del codice di Dresda dal quale abbiamo attinto quasi tutte le informazioni sul calendario Maya. È un ritrovamento eccezionale, perché si tratta di una specie di lavagna, uno spazio di lavoro dove gli astronomi facevano i conti che poi venivano coperti da uno strato di intonaco e la superficie veniva riutilizzata per nuovi calcoli. Una testimonianza unica nel suo genere che ha portato l’archeologia Maya sulle pagine di Science. Ci sono delle tavole lunari e delle belle colonne di cinquine di numeri che hanno tutta l’aria di essere date scritte con il sistema del lungo computo. Nella casella che non dovrebbe andare oltre il numero 13 ci sono tre righe e due punti: 17, una data che dovrebbe corrispondere al 3591 della nostra era.
Perché gli astronomi Maya avrebbero dovuto perdere tempo a calcolare una data che andava ben al di là della fine del loro ciclo? Forse loro non pensavano affatto che il ciclo sarebbe finito. Purtroppo la lavagna astronomica è abbastanza mal ridotta e non ci dice molto di più. Non lamentiamoci: tre righe e due punti ci ridanno il futuro! A voi renderlo eccitante.
PATRIZIA CARAVEO