Partiamo da un assunto, ovvero che il tema dell’Agenda digitale non può riferirsi solo alla Pubblica Amministrazione. Sarebbe, infatti, riduttivo pensare che per digitalizzare il paese dobbiamo investire solo sulla cosmetica digitale per correggere errori e orrori normativi, di gestione e di processo.
Sarebbe sbagliato pensare che Agenda digitale voglia dire solo rivedere i servizi online della Pubblica Amministrazione e/o i processi burocratici interni alla stessa.
IL RUOLO DELL’E-GOVERNANCE
L’Agenda digitale deve essere utile alla crescita del Paese e prevede, ovviamente, anche una Pubblica Amministrazione più moderna e veloce, ma soprattutto il rilancio dei settori produttivi che, a causa o per merito del digitale, oggi stentano a trovare la loro giusta dimensione.
È dunque il ruolo del Government2Business che deve essere rafforzato dentro il settore pubblico.
Quel ruolo che assegna alla Pubblica Amministrazione funzioni di incentivo e accelerazione per la crescita, perché solo la crescita può portare nuova occupazione e nuovi profitti, con conseguente beneficio fiscale e occupazionale a favore di tutti.
Con l’Agenda Digitale del Veneto ci siamo rivolti specificatamente ai settori imprenditoriali del nostro territorio quando abbiamo scelto di aiutare le imprese ICT a comprendere meglio il cloud computing e le sue opportunità, o quando abbiamo scelto di mandare i campioni digitali nelle piccole imprese per diffondere i processi digitali basici di cui ogni impresa ha bisogno, o ancora quando abbiamo scelto di stimolare la domanda di tecnologie digitali diffondendo WiFi gratuito nelle piazze delle nostre città e quando abbiamo aperto i Centri di acculturamento digitale in quasi tutti i comuni della regione.
Inoltre, durante questo cammino, abbiamo voluto approfondire meglio le identità e le peculiarità imprenditoriali che ci contraddistinguono, aiutando modelli innovativi ad emergere, a ibridarsi e ad evolvere.
Nel caso del settore manifatturiero con dimensione artigianale, abbiamo trovato molta voglia di produrre ma al tempo stesso di fare ricerca.
L’idea che si è palesata come possibile è quella di mettere assieme vecchi artigiani e nuovi makers per cambiare il modo di fare impresa.
2 MILIONI DI EURO PER 18 FABLAB
I primi portano esperienza e competenza, i secondi innovazione e visione. Finanziando con 2 milioni di euro una ventina di FabLab abbiamo voluto dare un segnale concreto che dimostri come la Pubblica Amministrazione sia attenta ai nuovi modelli e soprattutto come non sia impossibile sostenerli finanziariamente.
Per costruire il bando abbiamo seguito un percorso preciso, non difficile da emulare:
- ascoltare il territorio (incontri con i makers, audizioni per capire le loro necessità, infoday tematici, ecc.);
- inserire il tema della fabbricazione digitale nelle strategie regionali. Dunque persuadere amministratori e manager che, di fatto, hanno accettato di buon grado e consentito la nascita del bando;
- trovare i fondi. Nel nostro caso abbiamo usato il fondo nazionale FAS grazie a un accordo di programma con Agid, ma si potrebbero anche usare fondi Por-Fesr dell’Asse 3 come previsto dalla UE o fondi di investimento appositamente gestiti dalle finanziarie regionali;
- “marketizzare” il bando dalla sua nascita. Farsi aiutare da chi già opera nel campo (fabber e ricercatori) e comunicando molto durante gli eventi di settore, nei blog tematici e sui social media. Far diventare questa azione specifica un cavallo di battaglia del nostro assessore e del nostro direttore;
- inserire esperti esterni nella commissione di valutazione dei progetti. Nel nostro caso abbiamo aperto una call grazie alla quale son stati scelti due validissimi esperti come Alessandro Ranellucci ed Enrico Bassi (molto disponibili, competenti e pazienti rispetto alle liturgie pubbliche);
- far conoscere il bando alle altre regioni, allo scopo di costruire insieme un Centro di Competenza su questo tema specifico che, purtroppo, è ancora poco conosciuto dentro la Pubblica Amministrazione.
Ora che la graduatoria dei primi FabLab ammessi è pubblici inizia la parte più difficile e più importante di questo percorso che è rappresentata dall’accompagnamento.
Sarebbe assurdo che ci fermassimo al finanziamento, alla mera distribuzione di incentivi, anche perché il bando era chiarissimo e faceva intendere chiaramente che questi FabLab dovevano necessariamente evolvere, fare rete, sviluppare traiettorie nuove di ricerca e immaginare nuovi modelli di business.
A questi nuovi FabLab abbiamo chiesto di essere:
- INCLUSIVI: garantire open access;
- PARTECIPATIVI: costruire una community;
- ORIGINALI: sviluppare traiettorie non comuni;
- PENSARE AL DOMANI: pensare a un piano di business;
- ACCOGLIENTI: immaginarsi un futuro da living lab .
In pratica l’accompagnamento ci porterà a vivere con loro questa avventura nei prossimi due anni, per assisterli nelle incombenze burocratiche (rendicontazioni, monitoraggi, ecc.), per soccorerli in caso di difficoltà ma, soprattutto, per aiutarli a fare rete. Faremo molti incontri, eventi e seminari. Porteremo esperti dei vari settori (founding, comunicazione, business, marketing, ecc.). E poi frequenteremo le fiere, parteciperemo ai processi formativi, probabilmente insisteremo molto sulla ricerca di traiettorie specifiche e non ancora sperimentate.
Vogliamo fortemente che ogni FabLab veneto diventi ancora più inclusivo. Che si proponga come un Living Lab in progress, dove ricercatori, imprenditori, cittadini siano si capaci di fare ma, prima di tutto progettare insieme ogni nuovo prodotto o servizio.Uno spazio contenitore non solo di progetti e idee ma, soprattutto, di realizzazioni concrete che si possono toccare e usare.