Perché anche le startup devono scoprire la loro responsabilità sociale

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Negli Stati Uniti un bambino su tre è obeso oppure sovrappeso. Questa è la percentuale generale, ma il numero diventa ancora più drammatico se si guarda alla comunità Ispanica e a quella Afro-americana, nelle quali il 40% dei bambini sono almeno sovrappeso.

Ma negli Stati Uniti mangiano male, si sa. Troppe bevande zuccherate, troppe salse. In Europa stiamo senz’altro meglio, o no? Purtroppo no. La situazione in Europa è la stessa e sta peggiorando, più rapidamente nei paesi dell’Europa meridionale, tra i quali l’Italia.

Le iniziative di Michelle Obama hanno acceso i riflettori (www.letsmove.org) su una delle peggiori epidemie che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato, in Europa invece non si parla ancora abbastanza di una situazione che nello spazio di due decadi potrebbe causare il collasso dei sistemi sanitari nazionali alle prese con una popolazione più anziana e con una popolazione giovane che soffre di patologie legate alla sovra-alimentazione (diabete, problemi cardiaci, cancro…).

Sappiamo che le bevande zuccherate sono uno dei principali responsabili di questa situazione: i bambini dovrebbero bere acqua, non bevande gassate, succhi di frutta, latte al cioccolato, alla fragola e così via. Ma le responsabilità di questa situazione non sono soltanto dell’industria alimentare: i media hanno la loro parte di colpa nella decrescita della salute dei bambini.

Il giornale dell’accademia dei pediatri americani ha riportato: “È sempre più chiaro che i media, in modo particolare la TV, giocano un ruolo importante nell’eziologia dell’ obesità infantile. […] I pediatri devono fare due domande a proposito dei media in ogni visita a bambini o adolescenti: 1) Quanto tempo passi al giorno davanti allo schermo?; 2) C’è una connessione a Internet o una TV nella stanza del bambino?”

Con l’avvento del wi-fi e dei mobile devices, la seconda domanda è pleonastica.

In mancanza di una campagna di sensibilizzazione adeguata sull’entità del problema, molti di noi fanno fatica a coglierne la gravità: i bambini grassottelli sono simpatici, e poi nessuno vuole mai dire di no a un bambino no? “È tutta altezza” dicono le nonne! (Finché poi un paio di decadi dopo non vi trovano grasse su Skype!)

Può aiutare leggere la dichiarazione che qualche anno fa ha fatto il Surgeon General (il responsabile della salute pubblica degli americani): “A causa dell’incremento dell’incidenza dell’ obesità infantile, di abitudini alimentari poco salutari e dell’inattività fisica, potremmo dover vedere la prima generazione che sarà meno in salute e avrà una vita mediamente più breve di quella dei suoi genitori”.

Le app per bambini ancora non hanno un posto specifico nella classifica delle cause dell’obesità infantile, ma possiamo dedurre che aumentare il numero di attività che i bambini possono fare di fronte a uno schermo e l’ubiquità dei dispositivi mobili non vada esattamente nella direzione di renderli più attivi fisicamente.

Nei prossimi vent’anni ci saranno centinaia di milioni di persone nel mondo che soffrono di problemi di salute che avrebbero potuto essere evitati con uno stile di vita più sano. Possiamo cambiare rotta, se iniziamo ad affrontare questo problema con molta determinazione.

A Timbuktu ci siamo chieste: che cosa possiamo fare noi come sviluppatori di app per bambini?

La questione è delicata. Chiunque sviluppi app sa che le metriche principali sulla base delle quali viene misurata la qualità del nostro lavoro sono: il tempo che gli utenti trascorrono sulla app e il numero di volte al giorno che aprono la app. La “stickiness” della app è fondamentale.

Alcuni dei più talentuosi web designers del nostro tempo passano interi mesi a progettare app che tengano gli utenti incollati ai propri giochi il più possibile.

Il mantra dei growth hackers della Silicon Valley è: se è importante per la tua azienda è misurabile, se non è misurabile vuol dire che non è importante.

Per un lungo periodo di tempo questo modo di impostare la questione ci ha infastidito, ma non avevamo bene capito il perché. A un certo punto abbiamo capito. Il problema non sta nei valori misurabili e non misurabili. Il problema sta nel fatto che bisogna accertarsi di valutare non solo quelle metriche che hanno un impatto sul profitto della nostra azienda, ma – come qualsiasi altra azienda – anche metriche che non spostano molto il nostro business, ma hanno un enorme impatto nella vita dei nostri utenti.

Il fatto è che c’è un mondo oltre le nostre applicazioni.

Gli studi che conduciamo sugli effetti dei nostri giochi si concentrano sempre sugli effetti positivi (stimola l’apprendimento, fa imparare la matematica…) ma anche gli effetti collaterali delle app vanno studiati e controllati. C’è un grosso numero di fattori che magari non misuriamo perché non sono rilevanti per il nostro business model, ma magari possono essere (molto) importanti per la vita dei nostri utenti.

Moltissime aziende oggi vengono valutate sulla base della sostenibilità dei processi produttivi che innescano. La sostenibilità è esattamente questo: valutare l’impatto di un progetto nell’ambiente circostante importante tanto quanto il bilancio dell’azienda.

Al momento l’industria delle startup di app development per bambini è sostenibile quanto un’azienda che produce bottiglie non riciclabili ritenendo il rispetto dell’ambiente estraneo al proprio scopo.

Noi sviluppatori stiamo spingendo in modo massiccio i bambini a stare in casa, a giocare videogames, a guardare i cartoni, a imparare (certo usando bellissime app) e… a ingrassare. Li stiamo incoraggiando a pensare che la creatività sia un processo mentale che riguarda solo i nostri cervelli, un processo che può essere esplorato interamente dal proprio divano.

Siamo giusti, non è tutta colpa nostra. È colpa anche dei genitori che non consentono più ai bambini di avere del tempo da soli per esplorare il mondo (leggete il bellissimo articolo dell’Atlantic su questo), è colpa della TV… ma – per la miseria! – noi abbiamo delle leve incredibili tra le mani per iniziare ad essere parte della soluzione invece che essere parte del problema!

Il mondo è più ricco di uno schermo, perfino di uno schermo retina. I corpi hanno bisogno di muoversi, toccare, spingere, sollevare, afferrare, saltare, correre. Per quanto queste azioni possano sembrare banali rispetto a imparare a programmare in Python, essere attivi e confrontarsi di persona con chi ci vive intorno ha un enorme effetto non solo sulle nostre condizioni di salute, ma anche sulla ricchezza delle nostre vite intellettuali ed emotive.

A Timbuktu abbiamo sempre cercato di collegare le storie che portiamo sull’app store a esperienze fisiche, ma crediamo che sia giunto il momento di spingerci oltre. Crediamo sia l’ora di alzare il livello e provare a saltare più in alto.

Da ora in avanti, le metriche sulla base delle quali valuteremo le nostre performance non saranno soltanto ARPU, retention, tempo medio per sessione eccetera, ma anche le condizioni di salute dei bambini che usano le nostre app e che… guardano il nostro cartone. Sì, avete letto bene. Un cartone animato.

Siamo felici di presentare “Dooper School” , un cartone animato che renderà irresistibile muoversi insieme ai personaggi e che renderà insopportabile rimanere seduti sul divano!

“Dooper School” racconta la storia di un gruppo di bambini che hanno dei “dooper poteri”. I bambini vengono selezionati da una scuola ai confini dell’universo e allenati dalla ex campionessa olimpica Madame Panique per diventare “dooper eroi” e imparare tutto ciò che serve sapere per difendere la terra dalle minacce che arrivano dallo spazio.

La tecnologia ha raggiunto un livello tale per cui la narrazione immersiva non è più un miraggio. A Timbuktu pensiamo che questa sia la “next big thing”. Finora i media hanno cercato con fatica un loro posto nella rivoluzione del mobile. Noi abbiamo iniziato a sperimentare nuove modalità di raccontare storie, radicalmente diverse da quelle che conosciamo finora: sono modalità di narrazione che coinvolgono i lettori fisicamente e che li fanno muovere per esplorare le storie.

Questa non è solo una straordinaria nuova era della narrazione, è intrattenimento sostenibile: un tipo di intrattenimento che prende in considerazione l’impatto generale di una storia e che si sforza di trovare il modo per spingere più avanti l’umanità.

Guardate il teaser di “Dooper School” e iscrivetevi alla newsletter se volete saperne di più!

San Francisco, 29 aprile 2014Francesca CavalloElena Favilli

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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