La missione New Horizons della NASA ha completato l’esplorazione dei corpi maggiori del sistema solare con il flyby di Plutone, l’unico ad essere sfuggito alla nostra osservazione diretta. All’epoca del Gran Tour del sistema Solare, compiuto dalle sonde Voyager 1 e 2 tra il 1979 e il 1989, abbiamo visto da vicino Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Un “miracolo” reso possibile dall’allineamento dei giganti gassosi del sistema solare, un fenomeno che si ripete una volta ogni 175 anni.
Solo Plutone non era stato visitato perché in posizione non favorevole. Era rimasto l’ultimo a custodire i suoi segreti, così come era stato l’ultimo ad essere scoperto quando gli astronomi si affannavano a cercare l’enigmatico Planet X del quale avevano bisogno per spiegare le anomalie nel comportamento di Urano e Nettuno.
Percival Lowell lo cercò inutilmente fino alla sua morte nel 1916, ma la sua dedizione non andò perduta. Fu Clyde Tombaugh, un giovane astronomo del Lowell Observatory, a scovare lo sfuggente pianeta nel 1930. Per gli astronomi che si aspettavano un gigante gassoso, simile a Urano e Nettuno, fu una delusione. Il nuovo pianeta era poco luminoso, quindi decisamente più piccolo del previsto. Poi si scoprì che erano le previsioni ad essere sbagliate, ma prima di tutto fu necessario dargli un nome, come ad ogni corpo celeste che si rispetti. Lo scopritore pensava di chiamarlo Percival o Lowell, in onore del fondatore dell’osservatorio.
La differenza tra l’atmosfera di Plutone e quella della Terra. Credits: spaceflightinsider.com
L’idea di chiamarlo Plutone venne a Venetia Burney, una ragazzina inglese di 11 anni, chiacchierando a colazione con un erudito nonno che leggeva sul giornale la notizia della scoperta di quello che allora era considerato il nono pianeta del sistema solare.
Visto che il dio Plutone poteva scomparire a suo piacimento, Venetia pensò che Plutone fosse un nome adatto ad un pianeta che era stato nascosto per tanto tempo. Il nonno riuscì a contattare Tombaugh che accettò il suggerimento anche perché il nome Plutone rientrava nella tradizione astronomica di usare nomi della mitologia greca e romana per il corpi del sistema solare. In più, Plutone (Pluto in inglese) inizia con la P come Percival. Niente a che vedere con il cane Pluto che sarebbe comparso solo qualche mese più tardi nel mondo Disney.
Plutone si rivelò subito un pianeta peculiare: il piano della sua orbita è inclinato rispetto al piano delle orbite degli altri pianeti e l’orbita stessa è ellittica piuttosto che circolare.
Plutone si distingue perché, nel corso della sua orbita lunga 248 anni, a volte passa all’interno dell’orbita di Nettuno per poi allontanarsi e distanziare tutti gli altri pianeti.
Nel 1978 venne scoperto Caronte, il satellite maggiore di Plutone, poi, negli ultimi anni, l’allegra brigata del regno dell’oltretomba si è arricchita di quattro lune Stige, Idra, Cerbero e Notte, tutte scovate grazie allo Hubble Space Telescope.
Intanto gli astronomi cercavano di immaginare un piano per visitare Plutone.
L’occasione giusta si è presentata nel 2006 con un raro allineamento favorevole tra Terra, Giove e Plutone (una situazione che si ripeterà tra 2 secoli) che ha permesso di sfruttare anche un calcio gravitazionale da Giove per rendere la missione New Horizons la sonda più veloce che abbiamo mai spedito per studiare i corpi del sistema solare. La rarità dell’allineamento Terra-Giove-Plutone è la peculiarità che ha salvato New Horizons dalla scure dei tagliatori di missioni spaziali. Ma la battaglia non è stata facile e la missione, per sopravvivere, ha dovuto cambiare nome tre volte. La malasorte non ha smesso di accanirsi perché, pochi mesi dopo il lancio, avvenuto nel gennaio 2006, l’Unione Astronomica Internazionale, durante la sua assemblea mondiale ad agosto a Praga, ha declassato Plutone a minipianeta, cosa che non è stata affatto apprezzata dalla NASA. Questa riclassificazione, che ha profonde radici astronomiche, è ancora un problema per parte della comunità, come si può apprezzare dal bellissimo video sulla missione New Horizons prodotto dal New York Times.
Dopo 9 anni di viaggio, gran parte del quale passato in stato di ibernazione, gli strumenti di New Horizons sono stati risvegliati qualche mese fa e hanno cominciato a lavorare. Plutone è passato dall’essere un puntino ad una palla con strutture sulla superficie, chiaramente riconoscibili dai colori. Forse si tratta di depositi di ghiaccio, ma ne sapremo di più a breve.
Bellissime le foto datate 1 luglio che mostrano Plutone brillante e decisamente rossastro con la luna Caronte grigia come la nostra Luna (Plutone è ruotato tra le prima e la seconda esposizione e le strutture sulla superficie sono chiaramente diverse).
Il 4 luglio, quando già erano iniziate le manovre collegate al flyby, la sonda ha giocato un bruttissimo scherzo ai suoi controllori di volo: ha interrotto le comunicazioni gettando tutti nel panico.
Nell’eseguire un comando aveva riscontrato un’anomalia e, seguendo il protocollo di tutte le missioni spaziali, si era messa in safe mode, congelando tutte le attività. Dopo un’ora e mezza di terrore, i contatti sono stati ristabiliti e la sonda è stata riaccesa tornando ad operare normalmente. Se questa anomalia fosse successa durante il flyby sarebbe stato catastrofico perché questo è una possibilità unica che non può essere ripetuta.
New Horizons, infatti, va troppo veloce per potersi mettere in orbita intorno a Plutone, non ha abbastanza carburante per la frenata. E’ stato con un flyby, cioè un passaggio ravvicinato (a 14.000 km dal pianeta), ma relativamente breve, che gli scienziati hanno utilizzato al meglio per raccogliere quante più informazioni possibili sul mini pianeta Plutone e le sue lune. Per rendervi conto di quanto breve sia il flyby considerate che ogni pezzettino della traiettoria in rosso rappresenta 10 minuti: nel giro di qualche ora si giocava l’intera missione.
Come dicevano alla Nasa al tempo delle missioni Apollo “failure is not an option”.
Tutto è stato deciso in anticipo perché i segnali impiegano 4 ore e mezzo a raggiungerci dal lontano Plutone ed è impossibile fare aggiustamenti dell’ultimo minuto. La sequenza delle operazioni è stata pensata nei minimi particolari perché non ci sarebbe stata una seconda possibilità: bisognava decidere dove, e per quanto tempo, puntare ognuno dei sette strumenti di bordo.
Al centro di controllo avranno provato la manovra e la sequenza delle operazioni centinaia di volte per trovare il mix giusto per studiare Plutone e tutte le sue Lune, magari scoprendone qualcuna nuova (anche se le foto sempre più ravvicinate non sembrano mostrare nulla di interessante).
A sinistra: Plutone visto dall’Hubble Space Telescope nel 1993. (Dr. R. Albrecht, ESA/ESO Space Telescope European Coordinating Facility; NASA). A destra: l’ultima foto di Plutone fatta da New Horizons prima del flyby il 13 luglio 2015. (NASA-JHUAPL-SWRI). Credits: Vox.com
Dopo il flyby, New Horizons continua il suo viaggio verso la fascia di Kuiper, il serbatoio delle comete del sistema solare, alla ricerca di qualche nuovo oggetto da esplorare. Ad aggiungere un tocco di umanità alla macchina c’è un piccolo contenitore con un pizzico delle ceneri di Clyde Tombaugh. E’ stato il primo umano a vedere Plutone e sarà l’unico a passarci vicino.