Perché Gordon Gekko può spiegarci le ragioni di Facebook su Whatsapp

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Facebook ha comprato Whatsapp per 19 miliardi di dollari. Ormai la notizia è stata dissezionata in ogni dettaglio. Non stupisce, è una storia stupenda, essenza moderna dell’American Dream, nonché la più grossa acquisizione nella storia dell’industria tecnologica dal 2001 (quando HP acquistò Compaq per 21 miliardi di dollari).

Sul web spopolano gli articoli che paragonano il prezzo speso da Facebook con il PIL di alcuni paesi o con il valore di altre società. Questi confronti non aiutano però a rispondere a una domanda: perché Facebook ha speso 19 miliardi di dollari? Sono tanti, certo. Troppi? Sapere che – per esempio – la cifra è pari al PIL della Jamaica non ci aiuta. Usare altre aziende o Stati come metro di paragone rischia di farci scadere nelle chiacchiere da bar.

Chi può darci una mano ad evitare questo rischio è Aswath Damodaran, professore di Corporate Finance alla Stern School of Business di New York, fuoriclasse della valutazione d’impresa. Impossibile studiare l’argomento senza imbattersi in un suo articolo. Nel suo blog, chiamato Musings on Market, ci offre la sua prospettiva sul deal.

Damodaran è un tipo umile. Nella sua biografia scrive di essere fortunato nel trovarsi in un campo dove un po’ di conoscenza e buon senso bastano per arrivare lontano e diventare guru è relativamente semplice.

Non è un esperto di tecnologia e non pretende di esserlo. Nell’analizzare l’operazione veste due cappelli.

  1. Il primo è quello dell’investitore, che guarda in essenza a tre cose: quanta cassa l’azienda produce, le previsioni di crescita e rischio.
  2. Il secondo è quello del trader, che acquista un’azienda se crede che riuscirà a rivenderla a un valore più alto in futuro.

Insomma, pensate a Warren Buffet contro Gordon Gekko.

Partiamo dal primo “cappello”: quello dell’investitore, che vuole capire quanto valga davvero la società. Dobbiamo usare qualche calcolo ma prometto che si tratta di matematica davvero elementare.

Damodaran parte da tre semplificazioni:

  • che il ritorno sull’investimento di chi investe nella borsa statunitense sia dell’8%
  • che Whatsapp non abbia costi operativi (server, stipendi, supporto…). Quindi, che il fatturato equivalga al profitto.
  • che l’aliquota fiscale sia del 30%.

Queste semplificazioni (soprattutto la seconda) portano a sovrastimare il valore di WhatsApp.

Se consideriamo il prezzo di acquisto (19 miliardi), possiamo trovare il fatturato che WhatsApp dovrebbe generare per giustificare questo prezzo. Pronti? La formula è il prezzo di acquisto (19 miliardi) moltiplicato per il ritorno sull’investimento medio in un titolo della borsa statunitense (8%).

Questo ci porta a un valore di circa un miliardo e mezzo. Ora dobbiamo solo tenere conto delle imposte. Se sono del 30%, significa che il fatturato necessario a giustificare il prezzo di acquisto è di 2,2 miliardi – 1,5 miliardi/(1-30%) di imposte.

Se la base utenti di Whatsapp è attorno ai 400 milioni, la subscription annuale è di un dollaro e gli app store trattengono una fetta del 30%, possiamo stimare che con la base utenti attuale, il fatturato generato sia attorno ai 280 milioni.

Questo non significa che nei prossimi anni Whatsapp non possa aumentare questo valore. Damodaran identifica tre strade per arrivare a pareggio:

  • Se Whatsapp continua con il modello di revenue attuale, avrà bisogno di 3,1 miliardi di utenti paganti. Davvero difficile!
  • Whatsapp potrebbe aumentare il prezzo annuale a 5 dollari (in realtà basterà un prezzo inferiore, considerando che la base utenti continua a crescere)
  • Facebook potrebbe imporre la pubblicità ma, considerando l’odio manifestato dai founder nei confronti dell’advertising, questa strada sembra improbabile.
  • Facebook potrebbe aggirare questo problema incanalando gli utenti di Whatsapp nella sua applicazione. Tenendo conto che il ricavo per utente medio ricavato proiettando i dati globali del terzo trimestre del 2013 (che trovate nel grafico qui sotto) è di circa 7 dollari all’anno, Whatsapp dovrebbe portare 314 milioni di nuovi utenti a Facebook per arrivare a produrre i 2,2 miliardi di dollari necessari al pareggio. Decisamente improbabile.

Quindi, Facebook ha commesso un errore? Immagino che anche David Ebersman (il Chief Financial Officer di Facebook) sia più che in grado di fare questi calcoli. Cosa c’è sotto?

Damodaran continua l’analisi mettendosi nell’ottica del trader. Per un trader non è così importante conoscere il vero valore di un’azienda. Quello che conta è che sia possibile rivenderla a un prezzo più alto.

Se usiamo l’ottica del trader, la domanda diventa: in base a cosa il mercato stabilisce il valore di Facebook? Damodaran prende in considerazione Facebook ed alcuni comparable, aziende abbastanza simili, come Linkedin, Twitter o Pandora. Dobbiamo considerare parametri come il fatturato o i profitti e vedere quanto forte sia la correlazione di questi con il valore dell’azienda. Vedete questa tabella? Più i valori all’incrocio tra i due parametri si avvicinano a uno, più questi sono correlati.

Scopriamo così che il parametro più importante per determinare il valore di queste aziende è il numero di utenti. Più del fatturato, più dei profitti.

Facebook è valutato 130 dollari ad utente. Se, per esempio, 160 milioni di utenti di Whatsapp divenissero nuovi utenti di Facebook e il valore per utente rimanesse costante, la capitalizzazione di Facebook aumenterebbe di 20,8 miliardi, più del prezzo di acquisto. In questa prospettiva, l’acquisizione avrebbe molto senso.

Credo che quest’ultima parte contenga l’insight più interessante, perché va al di là del deal tra Facebook e Whatsapp. Durante la Dot-com Bubble nella fine degli anni ’90 il valore di un’azienda internet era basato su metriche come il numero dei visitatori, nell’aspettativa che questi si sarebbero tradotti alla fine in profitti.

Quando si costruisce un forte hype attorno ad un’innovazione della quale non è ancora possibile stimare il potenziale, il rischio è che i trader prendano il sopravvento e si entri in una bolla razionale, quella situazione dove in molti sanno che le azioni sono sopravvalutate ma sanno anche che riusciranno a venderle ad un prezzo più alto in breve tempo. Alla fine il mercato passa a usare il cappello dell’investitore e valuta le aziende in base ai noiosi quanto fondamentali flussi di cassa, con risultati disastrosi per i trader imprudenti.

Vuol dire che i social network stanno vivendo una bolla? Non per forza. Per esempio Facebook, a differenza delle dot-com anni ’90, è profittevole. Con 1,25 miliardi di utenti, gli effetti di rete la rendono difficilmente vulnerabile ai competitor. La sfida più difficile, quella di monetizzare il mobile, procede con risultati brillanti. Il 53% del fatturato nel quarto trimestre 2013 arriva da mobile, grazie anche a una continua crescita degli utenti attivi mensilmente, come ci mostra questo grafico. L’acquisizione di Whatsapp consoliderà questo trend.

Nel lungo termine nessun settore, per quanto innovativo, può sfuggire alle leggi di base dell’economia. Se al momento parte del valore dei social network è dato da grandi aspettative di successo, prima o poi il mercato sceglierà vincenti e perdenti in base al metro dei flussi di cassa. In che modo l’acquisizione può aiutare Facebook a rientrare nella prima categoria?

Abbiamo visto che Damodaran non è un esperto di tecnologia. Il suo calcolo è molto “scolastico” e non tiene conto delle potenziali sinergie con la piattaforma di Facebook, che possono andare ben oltre alla semplice monetizzazione degli utenti di Whatsapp. Ipotizzare quali siano queste sinergie è un gioco molto difficile per un outsider, tant’è che nemmeno Damodaran osa pronunciarsi. In questo momento, che si utilizzi l’ottica dell’investitore o quella del trader, dare un giudizio sull’acquisizione senza conoscere la strategia a lungo termine di Facebook sarebbe presuntuoso.

Uno spunto: Whatsapp ha annunciato il lancio delle chiamate vocali. Se Facebook riuscisse a posizionarsi come “operatore mobile 2.0”, il risultato potrebbe essere molto maggiore della somma delle parti. Sarà questa la strada? Ne so quanto voi.

N.d.A.: questo articolo è fortemente basato sul post “Facebook buys Whatsapp for $19 billion: Value and Pricing Perspectives” di Aswath Damodaran (http://aswathdamodaran.blogspot.it/2014/02/facebook-buys-whatsapp-for-19-billion.html)

Milano, 3 marzo 2014Simone LiniVentitreenne. Ha rifiutato l’offerta di una investment bank per studiare entrepreneurship in Silicon Valley. Dopo un’esperienza stupenda con Rocket Internet in Australia, ha fondato Youmove.me, startup milanese di smart mobility.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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