Perché il cambiamento climatico è un rischio per gli equilibri globali

scienze

Fare le previsioni del tempo è difficile perché le variabili da considerare sono moltissime e non indipendenti. Le une interagiscono con le altre dando vita ad un sistema non deterministico dove le stesse cause possono causare effetti diversi. Ancora più difficile è prevedere l’evoluzione del cambiamento climatico che è in corso a causa della continua immissione di gas serra nell’atmosfera.

Il fattore gas serra

Quanto rapidamente si scioglieranno i ghiacci delle Groenlandia? Di quanto salirà il livello dei mari? Come cambieranno le precipitazioni nelle varie aree geografiche? Le risposte variano a seconda delle assunzioni di partenza circa la risposta della terra e delle acque alle temperature in aumento oppure a come si modellano le interazioni tra anidride carbonica nell’atmosfera e anidride carbonica nell’oceano.

Un fattore importantissimo è la quantità di gas serra che vengono immessi nell’atmosfera. E qui la situazione non accenna a stabilizzarsi. Mentre le nazioni ricche hanno sviluppato la sensibilità ai problemi ambientali e stanno spingendo sulla strada delle fonti di energia alternative, i paesi in via di sviluppo hanno altre priorità e utilizzano le fonti di energia che sono disponibili al prezzo inferiore. Banalità di vita quotidiana, come la scoperta della comodità dei cibi surgelati in Cina, oppure l’amore per i condizionatori in India, ha fatto moltiplicare la richiesta di energia elettrica con conseguente aumento del numero delle centrali a carbone, notoriamente terribilmente inquinanti.

Se la ricchezza diventa un problema

In ultima analisi, la vera causa dell’aumento di emissione di gas serra è l’aumento della ricchezza, quindi della qualità della vita, a livello globale.

La diminuzione delle emissioni dei paesi ricchi è vastamente compensata dall’aumento dei paesi che sono usciti o stanno uscendo dalla povertà, con il risultato che le emissioni di gas serra a livello mondiale continuano ad aumentare. Pensiamo che dal 1997 al 2000 la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera saliva dell’1,3% all’anno, mentre dal 2000 al 2010 il tasso di aumento è schizzato al 2,2% e i dati degli ultimi anni fanno pensare ad una ulteriore accelerazione.

I paesi poveri sostengono che solo grazie a consistenti aiuti potrebbero limitare le emissioni, ma i paesi ricchi non hanno la volontà politica di impegnarsi in questo senso. Negli USA, per esempio, il presidente Obama sa benissimo che qualsiasi misura volta a penalizzare il carbone avrebbe opposizione durissima dai rappresentati degli Stati americani produttori e utilizzatori di carbone.

La Camera USA, a maggioranza Repubblicana, non approverà mai un trattato che obblighi gli Stati Uniti a pagare compensazioni a paesi esteri, e anche per il Senato, a maggioranza Democratica, la pillola sarebbe durissima da ingoiare. Per lavarsi la coscienza, gli oppositori dei trattati dicono che non c’è prova sicura che il cambiamento climatico sia dovuto all’azione dell’uomo, piuttosto che alla normale variabilità del clima sul pianeta terra. Il fatto che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera oscilli intorno alle 400 parti per milione, una valore che non era mai stato raggiunto negli ultimi 800.000 anni, non può nulla contro la prospettiva a breve termine legata alle prossime elezioni. Partecipano (a parole) alla disperazione dei cittadini colpiti dai tornado o dagli uragani sempre più frequenti e devastanti, approvano misure a favore delle aree colpite da preoccupanti siccità, ma non fanno niente per intervenire sulle cause di tutto questo, al fine di evitare il peggio.

Mai così veloce il cambiamento climatico nella storia

E il peggio verrà e tutti i segnali sono concordi nel dire che il deterioramento della situazione procede a passo sempre più accelerato. Il clima sta cambiando ad un ritmo che non ha uguali nella storia dell’umanità. Il 2013 è stato uno degli anni più caldi mai registrati dal 1880, anno nel quale sono iniziate misure sistematiche in diverse località chiave. All’aumentare della temperatura assisteremo allo scioglimento sempre più veloce dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide. Il livello dei mari è oggi 3,8 cm sopra al livello medio misurato con osservazioni da satellite tra il 1993 e il 2010 ed aumenta di 3 mm all’anno. (Anche la calotta artica si scioglierà, ma non avrà impatto sul livello dei mari perché si tratta di ghiaccio galleggiante e non di ghiaccio di terra.) L’aumento di livello è anche dovuto dell’innalzamento della temperatura dell’acqua degli oceani che, oltre a mettere a rischio numerosi specie animali, dal krill alla barriera corallina, fortifica gli uragani e rende più frequenti gli eventi climatici estremi. Piogge torrenziali significano inondazioni nelle regioni colpite, ma non solo. Se la pioggia si concentra in alcune aree, altre rimangono a secco e soffrono per la siccità che spesso è accompagnata da ondate di calore devastanti per ogni tipo di coltura. I danni sono lì da vedere: il riscaldamento globale, con il quale stiamo già convivendo, ha tagliato la produzione agricola di diversi punti percentuali a livello globale.

Questo, e molto altro, è contenuto nel nuovo rapporto “State of the climate in 2013”, scritto da 400 scienziati provenienti da 57 stati, pubblicato nel Bulletin of the American Metereological Society.

Cosa faranno le popolazioni colpite?

Basandosi sui dati della situazione attuale e sui modelli di possibili evoluzioni si costruiscono gli scenari futuri. Tuttavia nessun modello tiene conto di una variabile importantissima: come reagiranno le popolazioni colpite? Decideranno di abbandonare le regioni costiere minacciate dalle acque, oppure preferiranno costruire dighe per difendere i loro campi e le loro case? Nella storia troviamo esempi di entrambe le soluzioni. Gli olandesi hanno costruito dighe per centinaia di anni senza mai pensare di spostarsi in massa mentre le popolazioni centroamericane si sono sicuramente spostate in epoca precolombiana dalle regioni costiere agli altipiani, probabilmente a seguito di eventi climatici. Andando molto più indietro nel tempo, nel 5600 AC troviamo la saga di Gilgamesh che racconta di gente costretta ad abbandonare i villaggi sulla costa nord della Turchia a seguito dell’aumento del livello delle acque del Mar Nero causato (molto probabilmente) di un terremoto che mise in comunicazione il Mar Nero, all’epoca un lago, con il Mediterraneo. Ovviamente anche estreme siccità possono provocare spostamenti di massa. Se avete letto “Furore” di John Steinbeck sarete rimasti colpiti dalla disperazione degli agricoltori delle pianure dell’Oklahoma che vedevano i loro campi trasformati in polvere (la famigerata dust bowl). I disperati andavano nella ricca e irrigata California che è oggi colpita dalla peggiore siccità degli ultimi 500 anni.

Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico in corso è fondamentale sapere come reagiremo a livello di singoli e di comunità. E’ chiaro che le risposte varieranno in funzioni delle regioni climatiche, del livello di benessere, di istruzione, della religione, del sesso e della qualità delle informazioni disponibili.

Come le nostre abitudini influenzano il cambiamento climatico

A proposito di adattamento, è di pochi giorni fa la notizie che Alain Ducasse, il guru della haute cuisine francese, ha eliminato la carne dai menu dei suoi ristoranti pluristellati (sono Stelle Michelin, ovviamente) e costosissimi. Interrogato in merito alla drastica scelta, il nostro ha risposto che le risorse del pianeta sono scarse e che bisogna nutrirsi in modo etico. Questa lodevole preoccupazione non ha avuto alcun effetto sui prezzi ai quali, evidentemente, non si applicano le stesse regole etiche.

Per cercare di introdurre nei modelli le variabili legati all’imprevedibilità delle reazioni umane, le domande che si pongono gli analisti sono molteplici.

Quale fenomeno naturale sarà più efficace per indurre la gente a spostarsi per cercare terre che offrano condizioni migliori? Lo faranno da soli o, molto più probabilmente, in gruppi più o meno numerosi?

Chi consulteranno prima di prendere una decisione così importante? Capifamiglia, capitribù, politici locali, i guru televisivi? Da dove prenderanno le informazioni: dagli scienziati, da internet (dove si può trovare tutto e il contrario di tutto), dal passa-parola?

Uno studio ambientato in Pakistan dimostra che, per spingere la gente a muoversi, le ondate di calore sono più convincenti delle inondazioni. La ragione è da cercare nella possibilità di avere dei sussidi che vengono dati in caso di inondazioni ma non in caso di danni al raccolto dovuti a ondate di calore.

E’ solo un esempio per farci capire che il clima ha ripercussioni sociali importanti e il cambiamento climatico implicherà dei cambiamenti nelle nostre società.

Sappiamo che il cambiamento climatico è una realtà e che la parola d’ordine è adattarsi modificando i nostri comportamenti come singoli e come società. La gestione dell’acqua diventerà prioritaria, implicando modifiche nelle nostre abitudine, nei nostri modelli industriali, nella nostra catena alimentare, sia per quanto riguarda l’agricoltura, sia l’allevamento del bestiame.

Ogni adattamento implica dei cambiamenti e quindi proviamo a chiederci: come ci sta cambiando il cambiamento climatico del quale noi stessi siamo responsabili?

Roma, 10 settembre 2014Patrizia Caraveo

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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