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Perché la forza esplosiva dei Big Data fa bene all’Italia intera

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I Big Data sono dappertutto, ma cosa possiamo imparare da loro? Per estrarre conoscenza e innovazione dai Big Data ci vuole creatività, ricerca, tecnologia e tanti individui di talento. Simili risorse non sono tuttavia facili da reperire in un singolo laboratorio, e, per accedere alle infinite risorse intellettuali del nostro mondo globale, le aziende hanno pensato alle “data challenge“. Veri e propri tornei in cui agguerriti team di professionisti, ricercatori o anche semplicemente appassionati del settore, si confrontano per sviluppare tecnologie e analisi innovative attraverso i dati messi a disposizione dalle aziende.

Proprio in questi giorni c’è stata la chiusura della Telecom Big Data Challenge, che ha visto più di 600 gruppi di lavoro partecipare allo sviluppo di applicazioni, visualizzazioni e metodi analitici basati sui dati messi a disposizione da Telecom Italia.

Da questi enorme mole di idee e proposte sono stati selezionati 10 finalisti che hanno presentato il 3 aprile i loro lavori in una cerimonia che ha poi premiato i tre vincitori. Essendo tra i membri del comitato di valutazione ho avuto il privilegio di vivere dal di dentro quest’esperienza che porta con se’ tante lezioni.

Prima di tutto, si rimane veramente impressionati dal potenziale creativo che viene generato da un’iniziativa come questa. Più di 650 team, per un totale di 1131 partecipanti, che hanno proposto idee e progetti straordinari:

da come prevedere il fabbisogno energetico di una città attraverso i dati di telefonia (uno dei progetti vincenti) a come utilizzare il concetto di entropia per tracciare i punti nevralgici di una città durante le manifestazioni sportive.

Storie di innovazione, che sono legate alle storie personali dei singoli partecipanti. Esempio ne è il vincitore Andrey Bogomolov, un vero campione interdisciplinare che studia economia, finanza, matematica e informatica. Oppure il gruppo finalista “datadudes” di Torino che ha dato vita al progetto lavorando di notte in birreria.

Lontani tutti dagli stereotipi dei secchioni informatici e molto più rassomiglianti a una rock band alternativa. Storie che parlano dell’enorme potenziale creativo dell’Italia tanto quanto della globalità con cui il paese si deve confrontare visto che la nazionalità dei partecipanti al concorso copriva mezzo mondo.

Si tocca poi con mano come la vera innovazione non può che nascere da un ciclo virtuoso che raccoglie energia nelle università (ben 105 coinvolte nei progetti), nei laboratori di ricerca, nelle aziende informatiche, nelle startup.

Realtà diverse ma tutte necessarie per completarsi a vicenda. In tutti i progetti presentati è difficile slegare la ricerca scientifica dallo sviluppo applicativo, la creatività dalla tecnologi.

Infine, vediamo materializzarsi la forza esplosiva degli open data. I dati hanno un valore commerciale, è innegabile, ma le aziende, aprendo i loro forzieri di dati che normalmente non sono disponibili agli sviluppatori, ricevono in cambio idee e valore aggiunto per il loro uso. E soprattutto di restituire ai dati un valore sociale attraverso applicazioni che migliorano la vita dei cittadini o permettono di migliorare l’ambiente.

Ogni data challenge moltiplica con l’intelligenza e le energie di migliaia di individui le possibilità di generare idee e innovazione dai dati. Sulla carta, ogni data challenge ha un solo vincitore. In realtà, queste sfide a colpi di creatività e talento ci rendono tutti vincitori.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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