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Perché la nanomanifattura ci cambierà la vita

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La nanomanifattura è destinata a cambiare, almeno in parte, il modello di fare industria come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

In primo luogo le nanotecnologie possono aiutare lo sviluppo di una manifattura più compatibile con l’ambiente. I tempi per una rivoluzione radicale in questo senso sono lunghi ma alcuni passi migliorativi sono già possibili. Basti pensare per esempio ai materiali biodegradabili ed ecocompatibili, al perfezionamento dei processi di manifattura in ottica di un minor impatto ambientale, alle misure di riqualificazione e bonifica, quali l’affinamento della catalisi per salvaguardare e purificare l’ambiente e l’acqua, alla produzione di nuove fonti di energia o alla riduzione dei consumi tradizionali.

I laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), credits: Silvia Giordani

Il secondo cambiamento riguarda il modello stesso di produrre.

A differenza della manifattura tradizionale, la nanomanifattura adotta un modello totalmente bottom-up, molto simile a come crea la natura. Una proteina, poco più piccola di un transistor di ultima generazione, si forma progressivamente, seguendo le regole scritte nel nostro codice genetico e filtrate da miliardi di anni di evoluzione. La natura non spreca materiale, anzi lo economizza, impiegando metodi di formazione energeticamente e tecnologicamente ottimizzati: questo stesso modello è insito nelle tecnologie del miliardesimo di metro.

Si tratta di una rivoluzione di larga portata, che condurrà alla nascita di una nuova generazione di imprenditori e di tecnici, destinata a modificare l’attuale sistema produttivo e creare mercati che oggi non esistono

Il settore oggi maggiormente influenzato dall’uso di queste nuove tecnologie è l’elettronica con la realizzazione di circuiti sempre più miniaturizzati, veloci e a basso consumo.

Si possono realizzare celle fotovoltaiche che, imitando il funzionamento dei fotorecettori della retina, sostituiscono il silicio con un materiale organico biocompatibile. Questo potrebbe essere il primo passo per la realizzazione di una produzione distribuita estremamente economica.

Anche le telecomunicazioni verranno intaccate dalle nanotecnologie in termini di velocissime frequenze di trasferimento dati, che si tradurranno nella possibilità di avere ad esempio internet ad alta velocità, migliorando così il lavoro di milioni di cittadini. Il settore areospaziale potrà beneficiare di numerose innovazioni, soprattutto in termini di materiali ad altissima durezza e bassissimo speso specifico mediante l’inclusione di nanoparticelle in sistemi a fibre per ottenere mezzi a basso consumo e ad alta resistenza meccanica.

Sarà inoltre possibile fabbricare coperture ad altissima resistenza termica per esplorazioni spaziali

Pensando, ad esempio, all’attuale emergenza mondiale innescata dal virus Ebola, le nanotecnologie potrebbero permettere diagnostiche portatili a basso costo, di tipo «usa e getta», in grado di verificare molto rapidamente e con altissima sensibilità l’insorgenza di una malattia, ma anche una mutazione genetica o la presenza di determinati elementi inquinanti o pericolosi in quantità piccolissime di campioni prelevato dal paziente (per esempio saliva, sangue, capelli) o dal sistema che si vuole analizzare (cibo, animali).

Questi sensori sono pensati per effettuare screening di ampi campioni di popolazione in assenza di ospedali, analizzare lo stato di conservazione e sofisticazione dei cibi che devono essere trasportati in giro per il mondo, o effettuare analisi rapide negli aeroporti, per prevenire la diffusione di malattie contagiose. Lo sviluppo di questa tipologia di sensori biologici e medicali ad altissima sensibilità – noti come point of caretechnology e in grado di rilevare la presenza di una o più specie chimiche in un campione biologico in soluzione – è una sfida scientifica di capitale importanza, in quanto porterebbe la cura nel luogo esatto in cui c’è bisogno di intervento (sia essa cura o prevenzione).

Verrebbe rovesciato il paradigma per cui, in caso di sospetta malattia o contagio, è il paziente a doversi recare in un ospedale

Questa tecnologia ha un comprensibile significato sociale, basti pensare alla possibilità di portare tecnologie di screening massivo e a basso costo nei paesi affetti da malattie epidemiche, o di utilizzarle per l’analisi in loco dell’inquinamento delle falde acquifere. Questa stessa tecnologia potrebbe consentire di rivelare la presenza di enzimi specifici, connessi a marcatori tumorali noti, attraverso la loro azione biocatalitica su nanoparticelle metalliche.

La sensibilità di questo metodo è straordinaria: consente infatti di rivelare concentrazioni enzimatiche nell’ordine di 1 molecola ogni 100 miliardi di miliardi. Il successivo passaggio sarà quello di dotare il sensore della capacità di distruggere questa cellula, una volta individuata. Purtroppo questo passaggio nella realtà del corpo umano è estremamente difficile. Uccidere le cellule è semplice; il problema è la capacità di uccidere in un essere vivente solo le cellule malate distinguendole da quelle sane. Lo sviluppo di sensori molto avanzati che consentono di riconoscere con grande accuratezza mutazioni genetiche, cellule malate e proteine rappresenta quindi solo il primo passo.

Nanocipolle al carbonio

Le tecnologie di intelligent drug delivery, cioè di rilascio mirato di medicinali, rappresenta ancora una frontiera della ricerca, anche se molti passi sono già stati fatti. Basti pensare ad esempio alle nanocipolle al carbonio sviluppate in IIT, già oggi in grado di illuminare con grande precisione le cellule malate, e senza problemi di tossicità.

Lo sviluppo di sistemi multifunzionali che garantiscano simultaneamente contrasto diagnostico e capacità terapeutica, in risposta a stimoli di tipo diverso, è una delle sfide più appassionanti della nanomedicina. Questo è solo un piccolo assaggio del mondo che verrà.

ROBERTO CINGOLANI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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