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Perché la rinscita del Festival del giornalismo è stato crowdfunding

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Cominciò così, su Twitter, dove aveva assolutamente senso che cominciasse, conoscendo Arianna Ciccone e il Festival del giornalismo di Perugia.Metà ottobre 2013: mi passa sotto gli occhi la notizia del famoso “Stop at the top“, il grido d’allarme lanciato da Arianna Ciccone e Chris Potter per la mancanza di fondi dell’International Journalism Festival di Perugia #ijf14.

Penso subito che in un altro paese il crowdfunding sarebbe la via perfetta, ma tengo per me la riflessione. Poi Twitter ci mette lo zampino: leggo uno scambio tra Arianna e un mio amico, commento, la sventurata risponde e iniziamo a scriverci in privato. Arianna è ricettiva, mi chiede di spiegarle il crowdfunding (che pure già conosceva), approfondisce.

Ovviamente dopo il suo annuncio viene subito contattata dalle principali piattaforme italiane, che hanno fiutato il possibile successo della campagna e si offrono di ospitarla.

Niente di male: ho gestito anch’io una piattaforma e anch’io avrei corteggiato spudoratamente un progetto di questa portata, certa che mi avrebbe portato visibilità e un pubblico di donatori qualificati e attenti (come insegnano, statistiche alla mano, i maestri del crowdfunding, quelli di Kickstarter). Ho una fortuna grande dalla mia: non gestisco più nulla di nulla, quindi posso permettermi di essere obiettiva e serenamente anarchica. Dico ad Arianna che per me, con il peso mediatico e la folta schiera di appassionati e amici veri che IJF ha in tutto il mondo, non c’è bisogno di legarsi a una piattaforma per cercare visibilità, ma basta avere un buono strumento informatico per la raccolta delle offerte.

Iniziamo a studiare le soluzioni: Goteo offre uno strumento open source per integrare la campagna sul proprio sito, ma implementare il payment gateway è una faccenda lunga e spinosa e Arianna ha fretta di lanciare la campagna e punta al 2 novembre come data d’avvio.

I giorni volano. Alla fine troviamo la quadra con Starteed Platform, la piattaforma italiana customizzabile di Claudio Bedino, anche grazie all’intercessione del deus ex machina Salvo Mizzi. Mentre loro si occupano degli aspetti tecnici io cerco di costruire la campagna vera e propria con Arianna e Chris: testo, video, ricompense, tutto quel che serve.

Arianna è una vera “capatosta”, non tradisce le sue origini partenopee (e anche Chris nonostante la sua apparente flemma anglosassone non scherza!): non c’è tempo per fare un video personalizzato per la campagna e decidiamo di utilizzarne uno già pronto, ma soprattutto non vuole impostare le classiche ricompense, ripetendo il mantra “i nostri volontari e amici sono tutti uguali per noi, non esistono graduatorie e nessuno collabora per interesse a IJF!”.Alla fine riesco a spuntarla solo per la fascia di offerta “Gold Donor” (e l’andamento della campagna mi darà ragione).

Le ricompense sono un incentivo e un fattore motivante per un donatore, canalizzano una volontà di offerta verso una cifra stabilita e necessaria. Non sappiamo se offrire un gadget in edizione limitata o mettere in palio posti per una cena con Arianna e Chris avrebbe sortito effetti e avrebbe portato più offerte, ma ci resta sempre una eventuale prossima campagna per scoprirlo, no?

Il resto è storia: un bell’incontro pubblico a cuore aperto (con lacrime di Arianna) dà il via alla campagna il 2 novembre. 90 giorni davanti e l’obiettivo più ambizioso, l’asticella del 100.000 euro da saltare tutti insieme. La progressione dei primi giorni è qualcosa di mai visto nelle campagne italiane: 5000 euro entro le prime 24 ore, 10.000 in tre giorni, 17.000 nella prima settimana. Poi, com’è fisiologico, la giostra rallenta il giro. Il profilo di Arianna e Chris è basso: niente spam, niente appelli reiterati. Ma il lavoro anche offline di contatto con i potenziali interessanti deve essere grande: continuano ad arrivare piccole offerte e iniziano a comparire le prime generose donazioni di amici del Festival, quelli che possono offrire di più, e delle aziende. Nell’elenco dei Gold donors spuntano giornalisti famosi, testate, associazioni, aziende (anche la redazione di CheFuturo!): non li elenco perché, per scelta giusta e trasparente di Arianna, e com’è nel pieno spirito del crowdfunding, i loro nomi si trovano tutti lì, sul sito del progetto, e ciascuno ha accanto l’importo donato.

Tra tutti, al di là del corposo e determinante apporto di Philip Morris Italia e dell’Ordine dei Giornalisti (quasi il un buon 35% della cifra raccolta), spicca per me la colletta dei Licei Scientifici Galilei e Alessi di Perugia, che hanno generosamente contribuito (e il conto dei donatori del progetto dovrebbe comprendere anche tutti loro, più di 1200!). Bravi ragazzi, avete capito meglio di molti altri quanto serve e quanto vale una manifestazione di questo livello, per la ricchezza culturale e non solo che porta alla vostra città.

I numeri, infine. Mentre sto scrivendo la raccolta è agli sgoccioli e il counter segna 110.882 euro. Il contributo dei cosiddetti Gold Donors è di 83.434 €, quello delle piccole offerte di 27.448 euro. I Gold Donors sono 29, i sostenitori complessivi 719, quelli piccoli sono quindi 690. La media di offerta per le piccole donazioni è di 39 euro, più alta rispetto alla media del crowdfunding reward e donation based (intorno ai 25 euro, ma dipende dai progetti ovviamente). Anche senza ricompense, gli amici di #IJF2014 hanno saputo essere davvero generosi. Ma non si può prescindere in questo conto dal fatto che almeno 20.000 euro dei Gold Donors hanno il nome e cognome di persone: amici del festival, sicuramente con tasche più capienti delle nostre, ma la cui somma sarebbe più giusto inserire nel conto delle offerte individuali.

Insomma, una “folla” eterogenea e dai pesi diversamente distribuiti, ma pure sempre una folla.

Qualcuno storcerà il naso. Più del 50% è stato raccolto grazie a grossi sponsor: è vero crowdfunding o solo un fundraising spettacolarizzato, una colletta vip? La querelle mi appassiona fino a un certo punto.

700 persone non possono non essere considerate una “crowd”. I fondi sono stati raccolti on line? C’erano una scadenza e un obiettivo che impegnavano tutti noi a fare uno sforzo comune? C’è trasparenza sul numero dei donatori e sulle offerte ricevute? Sì. Per me sono gli elementi minimi del crowdfunding, quindi la risposta è sì, lo è, è crowdfunding e non lo si può negare. D’altronde, la stessa Arianna nel tweet che avete letto all’inizio dichiarava, sensatamente “più sponsor privati, solo raccolta non ce la faremo mai”. É innegabile che il crowdfunding italiano sia ancora un piccolo fenomeno viziato da grossi problemi di fondo che non è il caso di ricordare qui.

L’operazione che Arianna e Chris hanno condotto è intelligente perché dimostra che si può pensare un evento in Italia senza per forza gravare su casse pubbliche già disastrate (da mala gestione più che dalla crisi? Meglio ancora. Facciamo da soli ciò che altri non sanno fare). Qui sta il senso del crowdfunding. Credo fermamente, e non faccio altro che ripeterlo, che l’obiettivo del crowdfunding sia il funding quanto la crowd, la raccolta dei soldi quanto l’aggregazione di una community coesa e appassionata. E in questo caso non si può negare che ci sia stata. Una community molto differenziata in cui ciascuno ha dato ciò che la grandezza del suo portafoglio gli consentiva.

Ma ha dato, per conservare un bene di tutti, per far sì che a Perugia si parli ancora di informazione, di Rete e di libertà. Non so voi, ma io la trovo una cosa così bella e spontanea che mi fa venire voglia di farla ancora e ancora. Arianna, Chris: ci siamo divertiti parecchio. Vero che lo rifacciamo, magari più in piccolo, anche il prossimo anno?

Chiara Spinelli

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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