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Perché Pokémon Go non ha precedenti (grazie agli smartphone)

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Pokémon Go è un fenomeno che non ha precedenti. A poche settimane dal lancio possiamo dirlo: mai si era visto un videogame entrato con questa rapidità e viralità nella vita di tutti i giorni. A confermarlo sono i numeri, gli esperti, e qualche paragone. Iniziamo da Hideki Yasuda, analista dell’Ace Research Institute di Tokyo. Ha detto di Pokémon Go, che «è il primo gioco per smartphone diventato un fenomeno sociale» (QUI su Bloomberg). Qualche numero ci sarà utile però per le dimensioni di questa manìa (secondo Treccani: Tendenza esclusiva e smodata verso qualche cosa, infatuazione fanatica, come fenomeno individuale o collettivo). Lanciata il 6 luglio in Usa, Australia e Nuova Zelanda, l’applicazione ha raggiunto il 20 il record dei 30 milioni di download.

Un altro dato? 65 milioni di utenti attivi nella prima settimana dal lancio della app. La pagina del gruppo Facebook Pokémon Go Italia viaggia oltre i 40 mila iscritti.

Pokémon Go e Candy Crush

E’ un fenomeno senza precedenti sì, ma facciamo lo stesso qualche comparazione. Pokémon Go ha registrato 21 milioni di utenti attivi al giorno negli Stati Uniti. Più di Candy Crush nel 2013 (per tutti gli altri dati, compreso il boom in borsa di Nintendo, leggi anche QUI). E’ ancora indietro, rispetto a Candy Crash Saga, solo come numero di minuti giornalieri per utente, 33 contro 43, ma stravince come minuti nel confronto con Facebook e ha già più utenti di Twitter.

E’ lo smartphone e la sua diffusione capillare il vero protagonista del successo di Pokémon Go.

Non serve avere una consolle, né apparecchiature particolari

Ma cos’è veramente che fa la differenza fra i cabinet di Space Invaders del 1978 (un fenomeno che ha generato un fatturato di 500 milioni di dollari, con 65.000 unitá negli Stati Uniti e 350.000 nel mondo)? O Angry Birds del 2009 e i numeri di Candy Crush del 2012? E’ lo smartphone e la sua diffusione capillare il vero protagonista del successo di Pokémon Go. Giocare è facile, immediato, gratuito. Non serve avere una consolle, né apparecchiature particolari. La realtà aumentata, il fascino della curiosità di rapportarsi con luoghi sempre diversi, ha fatto il resto.

LE STORIE

Ma più dei numeri, a dare la dimensione del fenomeno sono le storie che arrivano da ogni parte del mondo e che coinvolgono veramente tutti e la sua capacità di generare passioni forti, capaci di dividerci in appassionati, preoccupati, persino turbati.

Da Oliver Stone che parla di Pokemon Go come dell’ennesimo attacco alla privacy, all’Arabia Saudita che rilancia la fatwa contro i Pokemon, fino in Siria, passando anche per José Mourinho. Pare infatti che il super allenatore del Manchester United abbia vietato ai suoi di giocare a Pokémon Go fino a 2 giorni dalla partita.

SIRIA – TROVATE ANCHE NOI E SALVATECI

In Siria, dilaniata dalla guerra civile, l’organo di comunicazione delle forze rivoluzionarie siriane (The Revolutionary Forces of Syria Media Office) ha diffuso immagini di bimbi che mostrano disegni di Pokémon con messaggi in arabo in cui chiedono di essere salvati dalla guerra. E c’è anche l’hashtag su Twitter #PokemonInSyria accanto a #PokemonGO e a #PrayForSyria.

ARABIA SAUDITA – E’ BLASFEMO

L’Arabia Saudita ha rilanciato la fatwa contro i Pokémon. Dopo quella del 2001 contro la versione del gioco con le carte, ora i vertici religiosi si sono scagliati contro Pokémon Go. Secondo le autorità religiose del paese, Pokémon promuove il gioco d’azzardo, utilizza simboli massonici, promuove immagini proibite e giocarci è deprecabile come bere gli alcolici.

TURCHIA – CACCIA A PIKACHU NELLE MOSCHEE

In Turchia gli imam sono intervenuti con la proposta di vietarlo nel timore che venga meno il rispetto per i luoghi di culto. Giocare a Pokemon Go, è il ragionamento, è illecito per l’Islam e c’è il rischio che possa diventare un’ossessione spingendo a trascurare il lavoro e la preghiera. In più c’è il fatto che i giocatori tentano di acchiappare Pikachu e gli altri in qualsiasi angolo delle città, anche nelle moschee.

POLONIA – Auschwitz-Birkenau

Alt ai mostri ad Auschwitz, al Museo dell’Olocausto di Washington e anche tra le tombe degli eroi nel cimitero di Arlington. «Per rispetto di tutti i morti sepolti a Arlington chiediamo di non giocare a Pokemon in questo luogo sacro» ha fatto sapere la direzione del cimitero alle porte di Washington dove sono sepolti i caduti in guerra e i tre fratelli Kennedy. Lo stesso ha fatto il museo di Auschwitz-Birkenau in Polonia che commemora lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte del nazismo.

USA – OLIVER STONE

«E’ l’ennesimo tentativo delle grandi corporation di invadere la nostra privacy», ha tuonato il regista Oliver Stone dal palco del Comic Con a San Diego ad una kermesse dove presentava Snowden, il film sul collaboratore della National Security Agency che ha deciso di rendere pubblici molti segreti di Stato e per questo da allora vive in Russia.

INGHILTERRA – JOSé MOURINHO

Sarà anche la moda del momento, ma Pokémon Go non è esattamente quello che ci vuole per uscire vincenti dal campo di gioco. Almeno secondo José Mourinho. L’allenatore del Manchester United ha infatti vietato ai propri calciatori di giocarci in prossimità delle partite. Uno o due giorni, insomma, prima che il Manchester United scenda in campo in campionato o in coppa. Secondo lo Special One la cosa migliore nelle 48 ore che precedono le partite è concentrarsi sulle tattiche provate in allenamento durante la settimana.

CANADA – OLTRE IL CONFINE

Da qualche settimana a questa parte, le cronache sono piene di storie di automobilisti, studenti, persino ladri alle prese con Pokémon. Si racconta che due studenti canadesi abbiano attraversato illegalmente la frontiera con gli Stati Uniti per acciuffare un Pokémon. A fermarli è stata la polizia di frontiera americana. I ragazzi erano alla ricerca di Pokemon attraverso le foreste del Montana. A Baltimora pare invece che un automobilista, troppo intento a scovare e catturare i mostriciattoli della Nintendo, abbia centrato la vettura della polizia parcheggiata sul ciglio della strada.

ALESSIO NISI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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