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Perché Renzi deve approvare il FOIA in Italia adesso

innovaizone

Da due anni, su queste pagine, scrivo che – anche grazie alle nuove tecnologie e all’open government – la democrazia può rinascere.

Tutti sappiamo, infatti, che la democrazia (intesa come “governo del popolo”) è nata in Grecia nel V secolo a.c. e che quella ateniese rappresenta, ancora oggi, uno dei più interessanti esperimenti di democrazia diretta: ogni cittadino aveva la possibilità di proporre e votare direttamente le leggi, senza doverlo delegare a propri rappresentanti.

Il greco classico aveva una parola per esprimere questo concetto: “boulomenos” che letteralmente significa “chiunque voglia” e veniva usata per descrivere il cittadino che sia alzava in assemblea per prendere l’iniziativa. L’iniziativa di presentare suggerimenti, di promuovere cause per conto della collettività o di presentare proposte di legge.

L’intero funzionamento della democrazia (che sia quella ateniese o quella digitale non importa) dipende dal ruolo del cittadino che, lungi dal limitarsi a delegare, prende l’iniziativa. E non lo fa per perseguire un proprio tornaconto, ma per realizzare un interesse di tutta la collettività a cui appartiene.

Ed è con questo spirito che 32 associazioni della società civile italiana hanno presentato ieri a “Digital Venice” un progetto chiamato #FOIA4ITALY sulla trasparenza della pubblica amministrazione italiana.

Nel nostro Paese le informazioni detenute pubblica amministrazione non sono conoscibili da tutti i cittadini: ciascuno può avere accesso soltanto ai documenti per i quali nutra un interesse “diretto, concreto e attuale” nell’ambito di uno specifico procedimento amministrativo che lo riguardi (ad esempio, i miei compiti in caso di partecipazione ad un pubblico concorso).

Ma la cosa ancora più grave è che la legge che disciplina la “trasparenza” (Legge n.241/1990) prevede espressamente che non sono ammissibili le richieste di accesso agli atti amministrativi “preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.

Si tratta di una norma superata, figlia di una filosofia amministrativa (e di governo) ormai anacronistica. L’Italia, infatti, è uno dei pochi paesi in cui non è ancora vigente un Freedom of Information Act (in sigla, FOIA); si tratta di una legge che garantisce a tutti i cittadini l’accesso agli atti e ai documenti della pubblica amministrazione. Con il FOIA il meccanismo è rovesciato: non è più il cittadino a dover dimostrare il proprio interesse a conoscere un determinato dato o documento (“need to know”), ma è l’amministrazione – se intende negare l’accesso all’informazione – a dover provare l’esistenza di ragioni (previste per legge) che impediscano di soddisfare la richiesta del cittadino (“right to know”).

Da anni, in Italia, si moltiplicano gli sforzi di coloro che premono affinché il nostro Paese si aggiunga all’elenco degli oltre 90 paesi al mondo che ha un FOIA; tante le ragioni per farlo:

  • l’effettiva trasparenza è uno strumento vitale per una democrazia;
  • FOIA è una delle armi più efficaci contro la corruzione;
  • il diritto di accesso all’informazione della pubblica amministrazione è ormai universalmente ritenuto un diritto umano fondamentale;
  • è ormai assodato che – grazie alla trasparenza – amministrazioni e governi possono conquistare (e mantenere) la fiducia di cittadini e mercati e, quindi, attrarre gli investimenti.

Ma, questa volta, non ci siamo limitati solo a parlarne. Esperti e rappresentanti della società civile hanno provato a scrivere il FOIA italiano: in 30 giorni, oltre 50 persone si sono confrontate telematicamente per arrivare a scrivere:

  • un manifesto, per far comprendere a tutti (anche ai non addetti ai lavori) l’importanza di un #FOIA4ITALY;
  • una proposta di legge in crowdsourcing.

Grazie all’impegno di persone competenti e appassionate, da ieri è tutto on line su Foia4Italy.

Ma è solo l’inizio. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per migliorare la proposta che abbiamo preparato in queste settimane (per farlo c’è tempo fino al 15 settembre) e, soprattutto, per ricordare al presidente del Consiglio l’impegno assunto in campagna elettorale e nel discorso per la fiducia del suo Governo. Il FOIA in ITALIA sarebbe stato il suo primo atto da premier, così aveva detto qualche mese fa.

Adesso i cittadini (meglio, i boulomenoi) non si limitano a ricordargli la promessa fatta, ma prendono l’iniziativa e forniscono a lui e al Parlamento un testo in cui è descritta la trasparenza che vorrebbero.

Qualcuno raccoglierà la sfida?

Venezia, 10 luglio 2014ERNESTO BELISARIO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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