Perché un clima estremo è 20 volte più probabile di 50 anni fa

scienze

Sono a Mysore, in India, per prendere parte ad una mega conferenza del Comitato Mondiale per la Ricerca Spaziale (COSPAR). Ci hanno messo nel campus che una multinazionale usa come training center. C’è posto per più di 11mila studenti e una conferenza di 2000 persone passa quasi inosservata. Le facilities sono impressionanti, l’architettura spazia dai palazzi futuristici di cristallo al puro stile maharaja improntato ad una grandiosità che lascia senza fiato. Il mondo che c’è fuori dai cancelli (ermeticamente chiusi e controllati da squadre antiterrorismo) è un’altra cosa.

Tuttavia, se l’intento dei progettisti resta quello di mostrare le potenzialità di una delle economie che cresce con il ritmo più sostenuto, bisogna ammettere che ci sono riusciti. Potrebbe essere un campus californiano particolarmente curato.

Solo il quotidiano che ci fanno trovare al mattino, insieme all’odore del cibo ed al numero infinito di impiegati, guardie, giardinieri e inservienti, ricorda che siamo in India. Eravamo un po’ preoccupati perché ci aspettavamo piogge monsoniche, invece quest’anno il monsone fa i capricci: né quello d’autunno, né quello di primavera hanno prodotto la quantità di pioggia aspettata.

Lo spettro della peggiore siccità degli ultimi 42 anni tiene banco a tutti i livelli, spaziando dalla religione, alla tradizione, alla politica, per arrivare alla tecnologia. Nulla viene trascurato. Si comincia dalle preghiere al tempio famoso per propiziare la pioggia, si continua con il Varuna Antra la cerimonia tradizionale per il richiamo della pioggia, durante la quale si brucia sale, nella speranza che il sodio e il cloro forniscano dei centri di condensazione per le goccioline pigre.

È una versione semplificata dell’inseminazione delle nubi, tecnica dai risultati non sempre prevedibili che viene attivamente discussa. Ma non potrà essere messa in pratica prima di qualche settimana, causa necessità di permessi dell’aeronautica. La politica non si tira certo indietro, si leggono annunci del tipo “in Parlamento si parlerà del monsone” (chissà cosa si diranno), oppure “il Governatore dello stato di Karnataka (dove mi trovo) ha ordinato al Ministro competente di occuparsi a tempo pieno della siccità”. Con l’inevitabile coda di lamentele sul servizio meteorologico che non riesce a prevedere con accuratezza il comportamento dei monsoni.

L’India non è l’unica parte del mondo ad essere colpita da una eccezionale siccità. Le pianure centrali degli Stati Uniti stanno vivendo una penuria idrica egualmente preoccupante.

Si rivive la prolungata siccità che, negli anni ’30, trasformò le grandi pianure americane nella Dust Bowl, la conca di polvere, un disastro ecologico, prima che climatico, descritto così bene da John Steinbeck nel suo “Furore”. In compenso, in Inghilterra gli organizzatori dei giochi olimpici sono preoccupati per le piogge incessanti che rischiano di rovinare la festa, oltre a mandare sott’acqua intere regioni.

Naturale chiedersi cosa stia succedendo al clima della Terra. C’è un legame tra il riscaldamento globale e l’intensificarsi degli eventi estremi che vengono registrati? I climatologi sono molto cauti, anche se la tendenza generale è verso il sì. Per dare una risposta sicura ci vorrebbero decenni di dati di buona qualità raccolti sia a terra, sia nello spazio. Visto che non dispongono di basi di dati così estese, i climatologi cercano di usare al meglio quello che hanno, integrandolo con simulazioni ai supercomputer. Il clima sulla Terra è governato dalle correnti oceaniche che spostano enormi masse d’acqua da una parte all’altra del globo.

L’acqua calda dei Caraibi segue la corrente del Golfo fino alle coste dell’Inghilterra mentre l’acqua gelida dell’Antartide risale le coste del Cile tracciando la corrente di Humboldt. Sono operative diverse missioni spaziali di osservazioni della Terra proprio per studiare gli oceani: il livello medio delle acque, la loro temperatura il loro moto. Sappiamo che il livello dei mari è in continuo aumento, con qualche eccezione. Nel 2010, per esempio, il livello degli oceani è diminuito perché si sono registrate piogge così abbondanti su regioni così estese che parte dell’acqua degli oceani è stata trasportata sulla terra.

C’è voluto un anno perché l’acqua tornasse al mare, facendo risalire il livello dell’oceano. La NASA ha recentemente presentato una splendida animazione intitolata Perpetual Ocean dove si vede l’arricciarsi continuo e mutevole delle correnti oceaniche su tutto il pianeta. Consiglio di seguire i pochi minuti dell’animazione fino in fondo perché è verso la fine che si vede la zona equatoriale del Pacifico dove convivono le correnti dell’emisfero Nord con quelle dell’emisfero Sud. Si tratta di due immani fiumi che, a causa della rotazione terrestre, circolano in senso opposto.

È qui che si formano El Niño o La Niña a seconda della temperatura delle acque: più calde della media per El Niño, più fredde per La Niña. Sono queste formazioni che determinano il clima in tutti i continenti che si affacciano sul Pacifico e nel resto del mondo. Il Climate Change Research Intitute della Oregon State University ha cercato di valutare la probabilità di essere testimoni di eventi estremi oggi paragonandola a quello che sarebbe successo 50 anni fa.

L’ondata di caldo che ha devastato il Texas, un evento climatico correlato alla presenza della Niña, è 20 volte più probabile oggi rispetto agli anni ’60. In un mondo che si scalda, le ondate di calore diventeranno più frequenti. Meglio prepararsi: dal 2001 al 2011 abbiamo vissuto in 11 dei 13 anni più caldi degli ultimi 132 anni (cioè da quando ci sono misurazioni attendibili ed estese delle temperature sulla terra). Le masse d’aria calda possono spostare grandi quantità di vapore d’acqua provocando precipitazioni superiori alla media. Non è un caso che il 2010 e 2011 siano stati anni di precipitazioni eccezionalmente abbondanti.

Tuttavia, lo studio sottolinea che il vero problema è la vulnerabilità della nostra società agli estremi climatici. L’evento più estremo dell’anno scorso è avvenuto in Thailandia dove si sono registrate devastanti inondazioni. Gli esperti dicono che la quantità di pioggia caduta, pur molto abbondante, non è del tutto inusuale da quelle parti: quello che è cambiato è l’utilizzo delle aree a ridosso dei fiumi, un tempo lasciate libere per lo sfogo delle acque, ora abitate e coltivate.

Oltre a cercare di limitare l’immissione di gas serra nell’atmosfera, sarebbe quindi bene riflettere sull’utilizzo delle risorse. In caso contrario, che futuro troveranno i nostri figli?

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

What do you think?

Scritto da chef

lifestyle

Filippo Zanella: Cosa mi aspetto dal CodeMotion di Venezia

innovaizone

Le politiche pubbliche del futuro: tecnologia,trasparenza, apertura, umiltà ed empatia