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Periscope chiude 1 anno alla grande. Ma i numeri da soli non bastano

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È già passato un anno da quando Periscope è balzato all’onore delle cronache come la novità per eccellenza (su CheFuturo! Vincenzo Cosenza ne parlò qui ed Ernesto Belisario qui)

L’anno del video streaming

Nonostante il live streaming, e le relative applicazioni come Ustream e LiveStream, esistano da alcuni anni, e con impostazioni anche molto avanzate, il 2015 sembrava essere l’anno del video streaming.

Oltre a Periscope infatti, a inizio anno si era affacciata in questo mercato, non ancora sfruttato al massimo, anche Meerkat. Peccato che dopo l’acquisizione di Periscope da parte di Twitter, e il blocco posto da quest’ultimo all’interoperabilità con Meerkat, Periscope aveva avuto la via spianata al sorpasso. Infatti il 5 marzo 2016 Ben Rubin annunciava il fine lavori. Meerkat chiudeva i battenti a malincuore.

Facebook del resto non è rimasta a guardare e, dopo aver attivato il live streaming la scorsa estate solo per le pagine verificate, prerogativa di vip, attori, cantanti e giornalisti, recentemente lo ha esteso a tutte le pagine.

Ora è infatti possibile, per chiunque abbia una propria pagina, attivare la diretta video. Basterà cliccare il pulsante per scrivere un post e poi cliccare sull’icona del live. Durante il live si può vedere il numero di utenti connessi con noi e interagire con loro mediante la chat integrata.

Per finire, notizia di qualche giorno fa è che anche Google sta attivando un servizio di live streaming, Connect (ne abbiamo parlato QUI) cui si accederà tramite account gmail o youtube. Pare mancherà però l’integrazione immediata coi social, facebook e twitter in testa.

In tal caso, a meno che non siate youtuber affermati, sarà difficile arrivare in modo efficace alla vostra community e attrarre dunque spettatori live. A quel punto si potrà solo condividere la registrazione perdendo però l’appeal del live.

E Periscope come se l’è cavata quest’anno?

I numeri sono confortanti:

  1. 200 milioni di broadcast
  2. 110 anni di video visti ogni giorno: ovvero il tempo speso, al giorno nel mondo, a guardare i video su Periscope.

I numeri di Periscope  (fonte [email protected])

Periscope da piccola startup ne ha fatta di strada. Comprata da twitter per 100 milioni, è diventata per molti un modo facile di esplorare il mondo e conoscere persone andando oltre qualche like su Instagram. La diretta video di un koreano in giro a Parigi ti fa conoscere punti di vista inconsueti sulle cose.

Paesaggi che a noi possono sembrare scontati assumono nuove forme. Il tutto senza filtri, autori televisivi, comparse, pubblicità.

Nell’arco di quest’anno tanti i passaggi importanti, per lo più nell’ultimo semestre: lo sbarco sulla nuova Apple TV, per avere una finestra sul mondo dal salotto di casa, il premio di App dell’anno secondo Apple Store, l’integrazione con le camere GoPro, per video più estremi.

Ma il salto di qualità c’è stato con l’integrazione totale con l’uccellino azzurro. La possibilità infatti di far comparire il proprio live streaming direttamente sul proprio profilo twitter ha permesso di ampliare il proprio pubblico ed arrivare in modo più incisivo ai propri followers.

Resta un grande dilemma

Ma al di là dei numeri, resta una grande domanda. Come monetizzare tutto questo? I numeri da soli non servono a molto

e, anche se facebook potrebbe decidere di non servirsi dei video a scopo commerciale perché ha già la pancia piena e il suo solo interesse è che gli utenti restino sulla sua piattaforma, twitter non è nella stessa situazione.

Se la scelta di aprirsi ai video è stata lungimirante, senza strategia e senza possibilità di fare cassa presto dovremo dire addio anche a Periscope. Basteranno le capacità di Jack Dorsey a trovare una soluzione al dilemma? Staremo a vedere.

VINCENZO TIANI ; Whead.itLaw & Digital Communication

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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