Persuasione: come i computer ci fanno fare quello che vogliono

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I computer possono agire come persuasori occulti. Ci avete mai pensato? Forse sì. In realtà la riflessione è abbastanza banale: siccome i computer ci assistono nel fare le cose che abbiamo sempre fatto, piano piano si stanno sostituendo a chi ce le faceva fare: il maestro, il prete, il poliziotto, la mamma, il commesso, eccetera. I computer ci influenzano quanto loro: ci consigliano, ci indicano quali regole rispettare, ci suggeriscono le modalità per essere efficaci, svolgere un compito, ottenere uno scopo.

Questo è il senso ultimo della comunicazione, cambiare lo stato mentale del ricevente e predisporlo all’azione per ottenere dei risultati individualmente utili e socialmente accettabili. Semplice no? In questo senso la comunicazione e la persuasione non sono così diverse. Anzi.

Possiamo dire che ogni forma di comunicazione è sempre una forma di persuasione

Che cos’è la persuasione

Facciamo un passo indietro allora.

Che cos’è la persuasione? È il tentativo di farci fare quello che non faremmo di nostra spontanea iniziativa.Più esattamente, qual è l’obiettivo della persuasione? Quello di farci avviare, smettere o modificare un comportamento.

La persuasione fa leva sia sul ragionamento che sugli appelli emotivi, ma si fonda largamente su risposte già pronte, che sono quelle a cui la cultura e l’istruzione ci hanno programmati per vivere in società ed essere bravi studenti, onesti lavoratori, buoni vicini di casa. In aggiunta, come esseri umani ci portiamo dietro una serie di risposte automatiche, sotto la soglia della coscienza, che sono radicate da secoli nella nostra psicologia di esseri sociali, e favoriscono la tendenza a fare gruppo, a proteggere i nostri simili, ad organizzare le attività quotidiane.

Sono molti quelli che hanno provato a definire i principi della persuasione sociale basandosi sull’osservazione dei comportamenti individuali e collettivi e hanno applicato questi principi al marketing, alla politica, allo sport e all’economia.

Secondo Robert Cialdini, uno psicologo sociale americano, le regole principali della persuasione sono almeno sei:

  1. Reciprocità: la regola di contraccambiare ciò che ci viene dato
  2. Impegno e Coerenza: la regola impone di comportarsi in maniera coerente quando abbiamo già fatto una scelta simile
  3. Riprova Sociale: la regola impone di comportarsi come gli altri per non essere esclusi
  4. Gradimento: la regola ci induce a dare ascolto a chi ci piace e ci somiglia
  5. Autorità: la regola impone il rispetto dell’autorità sopratutto se accompagnata dall’autorevolezza
  6. Scarsità: la regola ci dice che se c’è poca disponibilità di qualcosa, e noi cerchiamo di averla prima che finisca

I computer come tecnologie persuasive

I filosofi greci erano maestri di retorica e usavano i suoi principi per convincere gli altri sulla migliore forma di governo possibile, oggi ci sono gli spin doctor che devono vendere un programma politico all’elettorato: in mezzo possiamo infilarci i venditori porta a porta, gli ambulanti del mercato e perfino i computer.

Come, i computer?

Sì. I computer sono progettati per rendere più facile la nostra interazione col mondo, per migliorare la produttività individuale, faticare di meno. I computer sono delle protesi cognitive che ci permettono di fare di più e meglio. E sono progettati con questo fine anzitutto replicando il modo di funzionare del cervello umano che funziona secondo principi imitativi e di economia cognitiva. È così che i computer possono diventare dei persuasori occulti. La regola generale è che chi è in grado di persuaderci è chi ci conosce meglio.

Pensate allora cosa succede oggi con la profilazione attuata dai social network, l’elaborazione dei dati personali inviati via web e la scienza dei big data. Se conosci una persona puoi offrirgli di fare o di comprare qualcosa che non può rifiutare. Perché? Perché già pronto a farlo. Ma se azzecchi il momento giusto, oggi che con un click si fa quasi tutto, il gioco è fatto.

Se vi sembra strano sappiate che esiste un’intera branca dell’Interazione uomo-macchina, che se ne occupa da anni ed ha acquisito dignità scientifica con pubblicazioni, riviste, studi e siti web. Si chiama Captologia e deriva dall’acronimo scelto da uno dei suoi teorici, BJ Fogg, che ha elaborato il framework concettuale dei Computer As Persuasive Technologies (Computer come tecnologie persuasive).Questa disciplina celebra ogni anno un proprio congresso di studi, l’ultimo si è tenuto in Austria, a Salisburgo, nello scorso aprile.Ma se vi chiedere perché se ne parla così poco la risposta è facile: le tecnologie persuasive sono già incorporate nei nostri strumenti digitali: computer, tablet, smartphone e tv intelligenti.

Ma come fanno i computer modificare comportamenti ed attitudini per farci fare quello che non faremmo di nostra spontanea iniziativa? Rendendo più facile l’esecuzione di un compito, offrendo esperienze che ci modificano nel profondo, dandoci ricompense di carattere sociale.

Precisiamo che i computer che usiamo ogni giorno non hanno ancora un’intenzionalità, anche se le frontiere dell’intelligenza artificiale e del machine learning li avvicinano sempre di più agli esseri umani, perciò per ora parliamo delle “intenzioni” che in essi hanno incorporato i progettisti.

Secondo B.J. Fogg, i dispositivi interattivi ci riescono secondo la dinamica della triade funzionale, agendo come tools, media, attori sociali. I tools persuasivi inducono o facilitano comportamenti d’acquisto, sono le tecnologie tunnel che in un paio di click ci fanno comprare l’oggetto desiderato, strutturando la scelta come un percorso che ci illude di averne il controllo. Oppure possono essere strumenti che individuano il nesso di causa-effetto di un comportamento, come le tecnologie che ci insegnano a mangiare di meno se siamo obesi. Ancora, agiscono come media, mezzi di simulazione, per farci apprendere un comportamento o agiscono come attori sociali assumendo caratteristiche animate che danno premi e punizioni: come i pupazzi interattivi che insegnano ai bambini a mangiare la frutta.

Volete un esempio specifico? Pensate alla cyclette che in palestra mostra sul display digitale gli effetti dei vostri sforzi: avere di fronte il risultato del faticoso pedalare funziona da incentivo a non smettere, indirizza il ritmo della pedalata, soddisfa la vostra voglia di cambiamento (dimagrire, irrobustire i muscoli, tenere sotto controllo il battito cardiaco).Ne volete un altro? Le email che cominciano con il vostro nome hanno il 50% di possibilità in più di essere aperte e lette. Oppure, pensate al sito chiamato dall’app con cui avete fotografato il piatto di pasta che avete davanti e che vi aiuta a stabilire quanta mangiarne per non sbagliare il giusto apporto calorico alla vostra dieta. C’è di più. Oggi con le tecnologie di geofencing, quando il nostro telefonino entra nel raggio di comunicazione previsto, la pubblicità di un certo negozio di scarpe ci appare sul display visualizzando costo e qualità del prodotto che cercavate, a due passi da voi. Ma in fondo se usate Google lo sapete già: altrimenti come è possibile che la pubblicità del motore di ricerca sia tarata esattamente su quel viaggio in Thailandia per cui avete cercato le offerte nei giorni scorsi? Fate una prova con Facebook: citate in un post il titolo di un libro che consigliereste agli amici, quasi subito in alto a destra vi comparirà copertina, prezzo e bottone per acquistarlo.

La persuasione efficace

La persuasione funziona quando ci migliora la vita, rende più semplice prendere delle decisioni, rafforza delle scelte. Sopratutto se non la si riconosce come tale.

E tuttavia i computer persuasivi sono agenti di cambiamento positivo se riescono ad evitare comportamenti dannosi per la salute o per l’ambiente. Pensate ai cassonetti col display che ci ringraziano ogni volta che li richiudiamo dopo aver gettato la spazzatura. Oppure a tutte le tecnologie che ci permettono di agevolare rapporti di lavoro e di amicizia o il perseguimento di altri scopi sociali attraverso una petizione, l’organizzazione di gruppi di pressione, la difesa di beni comuni.

Paolo Iabichino, nel suo libro Invertising, parla della comunicazione pubblicitaria efficace e riporta le tesi di BJ Fogg che si chiede: “Esiste una tecnologia persuasiva più potente di Facebook che ogni giorno inventa nuove funzioni per invitarci a usare il social network?” Infatti. Pensate alla potenza persuasiva del tagging: chi è che non va a vedere dove e perché ci hanno taggato?

Ovviamente c’è un lato oscuro sia della persuasione tradizionale che di quella via computer. Però nei confronti di chi vende la religione porta a porta siamo vaccinati (forse), mentre non lo siamo rispetto ai computer. Perché? Il motivo è semplice: i computer sono presunti neutrali, crediamo di controllarli, non si presentano come persuasori e si trovano ovunque. Ma sopratutto tendiamo a rapportarci ad essi come alle persone in carne ed ossa (Reeves, Nass, 1996)

Imparare a riconoscere il carattere persuasivo di una comunicazione e dell’interazione con un computer significa incrementare la nostra autonomia aumentando i gradi di libertà del nostro agire quotidiano.E significa imparare a scegliere quando vogliamo essere persuasi a cambiare i nostri comportamenti, in meglio.

ARTURO DI CORINTO*Roma, 3 Luglio 2016

*Psicologo cognitivo, esperto di comunicazione e nuove tecnologie, ha studiato a Stanford con B.J. Fogg

Bibliografia minima

  • R. Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Giunti, Firenze, 2013
  • Cicerone, l’arte di comunicare, Mondadori, Milano, 2012
  • P. Iabichino, Invertising. Ovvero, se la pubblicità cambia il suo senso di marcia, Guerini e Associati, Milano, 2009
  • B., J., Fogg, Tecnologia della Persuasione, Apogeo, Milano, 2005
  • P. Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano, 2002
  • B. Reeves, C. Nass, The Media Equation. How people treat computers, television, and new media like real people and places, Cambridge Universitu Press, 1996
Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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