Pochi soldi e molte incognite per la banda ultra larga in Italia. Ecco di cosa hanno parlato i provider a Roma

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Una rete futura in fibra ottica in tutte le nostre case è diventata – di colpo, finalmente – affare pubblico rilevante. Sembra questa la sola certezza che possiamo portare con noi dopo le ultime vicende in fatto di banda ultra larga, emerse di nuovo ieri con chiarezza al Convegno Nazionale Aiip 2015 (l’associazione degli internet provider italiani), a Roma. Le incognite sono numerose.

Credits: techpolicydaily.com

Non si sa ancora se avremo un progetto-Paese o se gli operatori andranno ciascuno per conto proprio. Non è chiaro se i fondi pubblici del piano banda ultra larga (6,2 miliardi di euro) saranno disponibili tempestivamente e con le modalità corrette a coprire il territorio adeguatamente. Infine: la Commissione europea darà via libera all’uso delle risorse pubbliche nei modi stabiliti del Governo?

La buona notizia l’abbiamo detta prima e si esprime in due annunci degli ultimi giorni.

Telecom Italia si è impegnata con Infratel – quindi ufficialmente ai fini del piano banda ultra larga – a portare la fibra ottica nelle case (Ftth, Fiber to the home) in 40 città entro il 2017. Metroweb (il solo altro operatore ad avere un piano Ftth) ha annunciato nel contempo che coprirà 580 città, mentre finora è arrivato solo a Milano e Bologna.

Tra i due piani c’è una grossa differenza. Telecom userà solo propri fondi e quindi il suo annuncio taglia fuori quelle zone dal piano banda ultra larga (com’è noto, per le regole Ue non si possono mettere fondi pubblici in aree dove gli operatori intendono investire con le proprie sole forze).

Ergo, avremo 40 città italiane in cui ci sarà la rete Telecom e gli altri operatori avranno due alternative: utilizzarla all’ingrosso (per fare le proprie offerte al pubblico) o creare una propria rete alternativa sovrapposta (operazione però che rischia di essere un suicidio economico).

Il piano Metroweb non è un impegno formale verso il Governo (in effetti, non ha nemmeno una data di conclusione: particolare sfuggito ai più). Per di più, almeno in parte mira a utilizzare gli incentivi pubblici del piano banda ultra larga.

Insomma, prima che quelle 580 città vedano la fibra ci devono essere parecchie condizioni. Primo, Metroweb deve vincere i futuri bandi Infratel per ottenere gli incentivi. Secondo: come ribadito da Franco Bassanini, presidente di Metroweb, l’operatore svilupperà il piano solo in accordo con altri operatori da cui ottenere capitali nuovi (con Vodafone sta già trattando).

Al convegno romano, Raffaele Tiscar, il coordinatore del piano banda ultra larga a Palazzo Chigi, si è mostrato scettico sulla possibilità che Metroweb vada avanti senza un accordo con Telecom, a costruire una rete parallela.

“Non ho mai conosciuto qualcuno che voglia perdere soldi”.

Bassanini, allo stesso convegno, invece ha messo in dubbio che Telecom cablerà quelle 40 città integralmente, dato che nel piano industriale ci sono appena 500 milioni di euro. Certo insufficienti per fare fibra ottica in tutte le case di 40 città. Bassanini ha anzi stimato che ne coprirà solo piccola parte dato che “per mettere la fibra sul 70 per cento della popolazione di Torino- una sola città- Metroweb spende 100 milioni di euro”.

Al momento, sembrano due gli scenari più probabili. Primo: gli operatori troveranno una quadra – incoraggiati dal Governo, che sta spingendo in tal senso – e quindi faranno “una società della rete” per cablare l’Italia, anche con fondi pubblici. Secondo: nessuno accordo e avremo da una parte le mosse di Telecom dall’altra quelle di Metroweb e i suoi alleati (Vodafone in primis), anche se è improbabile che saranno nelle stesse zone.

Metroweb potrebbe decidere di andare con propri fondi solo in un pugno di città del Centro-Nord e di fare gran parte della copertura tramite i bandi pubblici, a cui però gareggerà anche Telecom Italia.

A tutto questo si aggiunge Fastweb, che però al momento è battitore libero, con un piano “fibra ottica fino agli armadi” e con una sua possibile partecipazione ai bandi. Le norme europee impongono all’Italia di favorire un operatore di rete come Metroweb, nei punteggi dei bandi.

L’elemento decisivo di coesione può arrivare dal Governo, qualora il premier Renzi decida di spingere con più fermezza nella direzione di una strategia Paese per la banda ultra larga. Si vedrà. Ad oggi di certo c’è che Tiscar, supportato dall’Antitrust, preferisce che sia un operatore specializzato nella rete (ossia senza offerte al pubblico) ad avere i fondi pubblici.

Anche questi ultimi sono però afflitti da incertezze. Tiscar ha detto al convegno che in questi giorni il Governo sta stabilendo esattamente dove e come spendere i fondi. Che già disponibili sono 2 miliardi delle Regioni mentre gli altri 4,2 miliardi di euro sono nazionali e saranno in cassa solo nel 2017. Purtroppo però i vincoli europei impongono di spendere l’80 per cento delle risorse nel Sud, quindi per il Centro-Nord il Governo dovrà riuscire a spendere al massimo i soldi delle Regioni (e sperare che gli operatori facciano la propria parte al meglio).

Un attimo: non è detto che l’Europa ce li faccia spendere, quei soldi (i due miliardi), senza fare storie.

L’Italia deve convincerla che è legittimo, per la normativa sugli aiuti di Stato, dare incentivi anche nelle zone dove gli operatori hanno piani banda ultra larga tecnologicamente limitati (cioè solo fibra ottica fino agli armadi).

Davvero tante incognite sulla strada del sogno-Paese di una nuova rete a prova di futuro. Ma almeno gli animi sono accesi e il Governo non è mai stato così attento alla questione. Sarà una battaglia, ma il Paese la può vincere.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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