#PoliticsTTT: Cosa resta delle elezioni 2013

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Cosa rimane di queste (prime) elezioni 2013? Cosa abbiamo osservato sulle strategie dei politici online, soprattutto su Twitter?

Lo scorso 23 marzo, in sei città italiane, abbiamo cercato di fare una sintesi e di formulare alcune conclusioni rispetto a quanto osservato nelle ultime settimane. Il gruppo di Socialab TTT – ormai attivo da qualche tempo nell’organizzazione di vari incontri sul tema “Twitter e…” – ha infatti organizzato il #PoliticsTTT dedicato a Social Media e comunicazione politica.

Da Lecce a Milano, passando per Corato (BA), Roma, Bologna e Genova dubbi e considerazioni avevano come denominatore comune la domanda: ma i Social spostano voti o no?

Come sapete noi abbiamo lavorato su Italia2013 (trovate qui l’eBook se ve lo siete persi) realizzando tutta la parte di raccolta ed analisi real time dei dati Twitter.

Così nella tappa bolognese di #PoliticsTTT siamo partiti proprio dall’osservazione dei risultati per cercare di capire se, e come, i Social – in questo caso Twitter – possano aver dato un significativo contributo alla campagna elettorale.

Il vero pregio del #PoliticsTTT però non è stato solo quello di aver creato un luogo di discussione, ma soprattutto quello di aver lanciato un’esigenza di approfondimento che ha trovato spazio su Twitter e blog lungo tutto l’arco della settimana successiva.

Da qui infatti le ottime sintesi di Giovanni Scrofani, Alessandro Vitale e Dario Adamo tra gli altri.

Anche noi abbiamo voluto fare il punto della situazione e riflettere su alcuni temi emersi.

La domanda fondamentale rimasta in sospeso a Bologna è stata: “I social spostano o non spostano voti?”

Possiamo partire chiedendoci se i dati grezzi relativi ad un solo canale sono indicativi delle intenzioni di voto dell’intera popolazione.

No, secondo noi no. L’abbiamo dimostrato sin dai tempi delle elezioni politiche siciliane e poi durante le primarie del centrosinistra ed i successivi ballottaggi.Non a caso, non abbiamo voluto fare predizioni (anche se c’è chi – come Alessandro Vitale – ne ha fatte a partire dai nostri dati ricavandone il risultato elettorale), ma ci siamo concentrati sulla nostra mission per Italia2013, cioè restituire un’immagine in tempo reale di ciò che si stava discutendo su Twitter, di quanto i vari politici fossero conversati e del ruolo e peso dei media su Twitter durante la campagna.

Il problema dello spostamento inteso come corrispondenza tweets-voti non avrebbe avuto senso.

La questione si sposta dunque su un altro piano. Non quello dello spostamento ma quello della manifestazione di comportamenti, gusti, opinioni degli utenti, che spesso emergono proprio dal modo in cui interagiscono online, dal contenuto dei loro tweets – dato che siamo focalizzati su Twitter – e dalle conversazioni cui prendono parte.

A cosa servono allora i dati? Ne avevamo scritto ai tempi delle primarie del centrosinistra, di recente ne abbiamo parlato anche con Harper Reed – CTO della campagna Obama 2012 – e ovunque emerge sempre la stessa risposta: i dati sono utili per capire di cosa si parla, cosa interessa e come ciò che viene comunicato è accolto e veicolato.

Sembra una considerazione ovvia ma non lo è, almeno non in Italia dove poco in questo senso sembra essere stato fatto: sarebbe interessante vedere quante analisi sono state condotte prima e durante la campagna sulle conversazioni Twitter da parte dei vari partiti e candidati, quanti dei tweets inviati per le primarie del centrosinistra hanno poi ricevuto una attenzione di rilievo e via di seguito.

Come sottolineato molto bene da Giovanni Scrofani durante il #PoliticsTTT di Bologna, uno degli aspetti più rilevanti da osservare è il modo in cui Twitter è stato usato e “ri-mediato”.Secondo noi sono tre le modalità di uso emerse durante la campagna elettorale:

1. Uso degli utenti: per discutere dei programmi televisivi di politica e dei principali fatti2. Uso dei politici: come canale per veicolare slogan, idee e – raramente – interagire con altri utenti3. Uso da parte dei media: come oggetto notiziabile

Solo il primo caso sembra effettivamente avere un senso proprio: le pratiche di Social TV (che ormai osserviamo più o meno insieme dal 2007) e in generale i casi in cui Twitter è usato per commentare le notizie, rappresentano uno degli usi “classici” della piattaforma.I media avrebbero potuto usare i Social come canale permanente di discussione ed osservazione, mentre in molti casi la notizia stessa è stata Twitter, non ciò che avveniva al suo interno.Certamente è una considerazione di parte, ma misurare, interpretare e restituire la ricchezza di queste conversazioni è importante.

Per i politici, invece, è stata un’occasione sprecata: eravamo tutti concordi a Bologna nel dire che avevano due grandi possibilità nell’uso di Twitter.La prima consisteva nell’usarlo come canale di conversazione e interazione con l’elettorato; la seconda nel rafforzare o ricreare il rapporto con gli elettori. La pratica però è stata l’opposto nella gran parte dei casi: o Twitter è stato usato come mezzo di comunicazione “televisivo” per mostrare senza dialogare, oppure è diventato il luogo di scambio di battute o di semplice re-immissione in circolo di idee preconfezionate, linguisticamente non adattate al mezzo (non basta usare un hashtag: bisogna sapere essere efficaci in 140 caratteri) e certamente non trattate in modo.A tutto ciò si aggiunga il tema della coerenza: è chiaro che alcuni candidati non sono stati in grado di veicolare un’immagine su Twitter, di adottare un comportamento che fosse coerente con la loro persona.

Allora torna ancora la prima domanda: i social spostano voti?A questo punto la nostra ipotesi è che sì, lo fanno nella misura in cui vengono utilizzati per creare consapevolezza e conoscenza di programmi, intenzioni e obiettivi (come dicevamo a Bologna, possono stimolare la partecipazione al voto).Sperando però che la coerenza guidi queste azioni e si scelga consapevolmente il canale migliore per declinarle rispettandone caratteristiche e linguaggio.

Che sia stata una fase di rodaggio? Noi siamo pronti a misurare le future strategie che saranno messe in campo.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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