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Proviamo ad hackerare la sanità, partendo dalle comunità?

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La digitalizzazione rappresenta un’opportunità senza precedenti per un miglioramento generale della sanità, del Sistema Sanitario Nazionale e dei suoi servizi, i quali risultano ancora troppo poco permeabili alle novità che l’innovazione tecnologica ci propone ormai quasi quotidianamente. Sul versante della condivisione delle informazioni per esempio, ormai vitale in campo sanitario, l’implementazione di una cartella clinica in cloud (con tutti i dovuti accorgimenti di sicurezza e di tutela della privacy) potrebbe consentire un accesso – tempestivo e senza limitazioni di luogo – a informazioni che in alcune situazioni possono rivelarsi vitali per il paziente, come allergie o intolleranze a farmaci.

Una condivisione delle informazioni semplice, rapida e sicura per la privacy del cittadino, sarebbe in grado di incidere in maniera molto positiva sui processi di natura preventiva, diagnostica ed assistenziale

Solo per fare un esempio, i centri TAO (Terapia Anticoagulante Orale) delle strutture ospedaliere generalmente ricorrono ancora al fax come mezzo privilegiato per comunicare i dosaggi periodici di un farmaco come il warfarin, il cui impiego non solo può determinare effetti collaterali non di poco conto, ma sottopone anche i pazienti e i caregiver a lungaggini organizzative che sarebbero facilmente superabili.

In Africa sono presenti diverse iniziative che fanno affidamento agli SMS per comunicare informazioni mediche come i risultati degli esami.

Ma la digitalizzazione dovrebbe andare oltre e offrire ulteriori margini di intervento, soprattutto se teniamo conto del livello che hanno ormai raggiunto le tecnologie social, i dispositivi wearable (indossabili) e i cosiddetti big data. Nell’era della condivisione istantanea delle informazioni (l’istant messaging è solo un esempio), che sperimentiamo ogni giorno nella nostra vita privata e professionale, sarebbe logico aggiornare gli attuali protocolli includendo le nuove tecnologie, al fine di dare un forte impulso alla riorganizzazione del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Di seguito proviamo a strutturare delle proposte futuribili e coerenti con questa nostra visione.

Prima della sanità c’è la prevenzione: attività fisica e dieta

La digitalizzazione potrà esprimere la massima efficacia – ne siamo convinti – nel campo della prevenzione.

Si tratta di un settore dove è possibile incidere con forza sui costi e sulla qualità della vita delle persone. Gli economisti calcolano che nei Paesi dell’area OCSE in media fra il 5 ed il 10% dei costi sanitari sia imputabile ogni anno all’obesità. In Italia il 22,2% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni è sovrappeso, il 12,6% è addirittura obeso. Proprio l’obesità è tra i fattori di rischio che più influiscono nell’insorgenza del diabete, una malattia che in Italia incide per circa 10 miliardi di spese annue. I tumori legati all’apparato riproduttivo sono influenzati, tra le altre cose, anche dalla nostra dieta e da un eccesso di calorie. Donne obese hanno due volte e mezzo più rischi di ammalarsi di tumore rispetto a donne normopeso.

Questi dati, che troppo spesso vengono utilizzati come meri spauracchi (con risultati non proprio esaltanti), ci comunicano la fortissima necessità di diffondere gli stili di vita sani fra chi non ha ancora sviluppato patologie croniche prevenibili

In una società individualista come la nostra sarebbe impossibile, oltre che non corretto dal punto di vista deontologico e dell’approccio educativo, obbligare le persone a pagare di più i servizi sanitari coloro che adottano uno stile di vita a rischio; per questo motivo è più logico incentivare gli stili di vita sani rendendoli più appetibili, soprattutto per le nuove generazioni, magari puntando anche sulla gamification (ovvero l’utilizzo di elementi tipici del videogioco fuori dal suo contesto naturale), con lo sviluppo di applicazioni apposite per gli smartphone che propongano un sistema di achievement, con trofei ed elementi sbloccabili nello stile delle principali piattaforme di gioco (Xbox, Playstation, Wii), al fine di favorire e rendere più appetibile l’automisurazione dei parametri sensibili, misure antropometriche in primis.

In questo caso sarebbe interessante sia dal punto di vista delle idee, ma anche economico, coinvolgere gli sviluppatori indipendenti di videogiochi, che in questo modo avrebbero anche la possibilità di creare le premesse finanziarie per progetti futuri nel campo del puro entertainment. Con la riabilitazione la strada è già stata intrapresa. Lo spazio per le idee nuove è immenso; si potrebbero anche creare e diffondere delle piattaforme di matching o utilizzare testimonial famosi per incentivare i meno motivati. Se ricevo un invito da Belinelli a giocare a basket e una app mi dice dove trovare campo e compagni, è più facile che mi muova; per il calcio esistono già parecchi servizi simili per gli utenti più giovani.

Una seconda arma a nostra disposizione è la prevenzione attraverso la consapevolezza. Utilizzando strumenti che ci informino sul tipo e sull’impatto dei cibi mangiati, come questo per esempio. La policy più efficace, che può giovarsi di un coordinamento pubblico, deve portare a esami poco costosi, minimamente invasivi e diffusi sul territorio. E’ razionale ed efficiente puntare ad una ulteriore diffusione di strumenti diagnostici nelle farmacie per aumentare la consapevolezza della propria forma fisica e ricorrere alle analisi di laboratorio, più precise e costose, solo quando strettamente necessario. In questo importante settore l’innovazione tecnologica sta già portando a strumenti in grado di avvicinare la diagnostica alla vita quotidiana. Ne citiamo solo alcuni, i più impressionanti:

  1. Test low cost per il cancro.
  2. Uno strumento diagnostico per riconoscere centinaia di malattie con una goccia di sangue.
  3. Ecografia low cost.

Sempre per quanto riguarda la prevenzione, l’impatto del movimento open source sui costi dei dispositivi diagnostici può essere dirompente perché rende interessante investire in dispositivi diagnostici semplici da usare, dai risultati rapidi (non precisissimi), e dai costi limitati.

Il Cancer Detector. Fonte: Medgadget.com

Tele-medicina, assistenza e comunità

Negli Stati Uniti, Paese che sta compiendo un’importante opera di analisi del proprio sistema sanitario (e quindi ricco di dati), il 60% della spesa sanitaria viene investito per le malattie croniche. Tale spesa non viene fatta solo in fase di contenimento della malattia ma anche nelle fasi di riacutizzazione, la quale spesso porta all’ospedalizzazione del soggetto. La difficoltà di gestire malattie croniche tuttavia non è semplicemente tecnica: il paziente cronico ha la tendenza a sottostimare le fasi di prevenzione e autocontrollo, affidandosi unicamente ai farmaci per stabilizzare il proprio stato di salute. La maggior parte di queste patologie invece si offre a una gestione tramite telemedicina, per il controllo, per un uso più efficiente dei farmaci e per motivare i pazienti all’automisurazione.

Il Cardio Pad, fonte: Webdeveloppementdurable.com

In Cina, India e alcuni paesi africani (contesti quindi che dovrebbero partire in svantaggio rispetto al nostro) la telemedicina sta subendo una forte accelerazione per supplire alla mancanza di infrastrutture e a un territorio molto vasto, quindi difficile da monitorare. Il Cardio Pad per esempio, è un device nato in Camerun per supplire alla mancanza di specialisti in cardiologia: esso si sta rivelando estremamente efficace nell’esecuzione di ECG (elettrocardiogrammi), i quali vengono successivamente inviati ad un medico che, in remoto, li analizza in tempo reale e risponde con una propria diagnosi.

La telemedicina, se applicata alle malattie croniche o agli anziani che vivono ancora presso un’abitazione privata, permette di prevenire le complicanze e di esercitare un controllo sanitario sul territorio in modo snello, capillare ed efficace

Gli obiettivi generali di un buon programma di implementazione della telemedicina nel nostro Paese dovrebbero essere: prevenzione delle principali complicanze delle patologie croniche, riduzione degli accessi alle grandi strutture, che drenano ingenti risorse finanziarie, riduzione del ricorso all’istituzionalizzazione dei grandi anziani.

Misurare, prevenire le complicanze e intervenire tempestivamente sono le tre parole d’ordine da considerare nella telemedicina

Come abbiamo scritto in precedenza, nel caso dei cittadini affetti da diabete, è noto l’effetto positivo dell’attività fisica; negli Stati Uniti ad esempio un programma sperimentale ha utilizzato un braccialetto intelligente (Fitbit, per la precisione, foto in basso) per monitorare l’attività fisica, portando a una diminuzione nel consumo di farmaci. In Cina, caso interessante per gli alti numeri e le scarse risorse disponibili per il welfare, la società Neusoft utilizza smartwatch per monitorare i pazienti diabetici a distanza.

I fitbit. Fonte: Techradar.com

Cosa possiamo aggiungere in Italia? La comunità. Ci sono molte patologie per le quali la vicinanza degli altri cittadini è fondamentale. Basti pensare alla rete degli alcolisti anonimi: è possibile riprodurre la loro forza nel virtuale?

Siamo fortemente convinti che le comunità di pazienti possano condividere informazioni sulle proprie malattie, sulle cure che stanno seguendo e possano farsi forza per affrontare le difficoltà dei trattamenti cui sono sottoposti

Questo è un esempio vincente. Se a tutto ciò aggiungessimo i dispositivi indossabili (accoppiati ad app in stile Runtastic) la comunità potrebbe avere riscontri reali dei propri sforzi: se per esempio dico che sono andato a correre, ma il mio dispositivo trasmette una giornata piatta, la riprovazione dei miei follower dovrebbe spingermi a non mentire più. Un esperimento interessante che va proprio in questa direzione è Betwine, una piattaforma social che consente di condividere con i propri cari l’attività fisica svolta. Una presenza più attiva della comunità è possibile anche nelle situazioni più delicate; in UK la comunità si è presa cura di pazienti in fine vita

Per la sanità: meno strutture e interventi mirati

L’obiettivo di queste modalità di autocontrollo dei pazienti è diminuire la necessità di coprire l’intero territorio nazionale di strutture sanitarie. I professionisti sanitari (soprattutto gli infermieri che, insieme ai medici, per preparazione e continuità potrebbero svolgere un ruolo di veri hub fra varie figure professionali) potranno monitorare costantemente il flusso di dati, assistiti da algoritmi che li avvisano dell’insorgere di stati pericolosi. In molti casi l’intervento si può limitare a un farmaco che può essere prescritto in remoto e consegnato a domicilio, tramite accordi con la grande distribuzione, o attraverso professionisti sanitari che possono tranquillizzare e seguire il paziente.

Con l’organizzazione offerta dalla tecnologia, è possibile immaginare reti di professionisti sanitari che monitorano i pazienti e mettono in campo gli interventi più complessi

Le strutture ospedaliere dovrebbero essere utilizzate soprattutto per le emergenze/urgenze, per le fasi acute delle malattie, per la diagnostica e gli interventi chirurgici, ma non solo: se i pazienti possono essere seguiti da strumenti di telemedicina, la dimissione diventa più rapida e, soprattutto, sicura. Dopo aver tratteggiato alcuni scenari, nei prossimi interventi entreremo nei dettagli, raccogliendo storie di particolare rilevanza o cercando di proporre idee applicabili nel contesto italiano.

ANDREA DANIELLI E ROBERTO FERRARI*

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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