La scoperta del pianeta in orbita alla stella più vicina alla Terra è, prima di tutto, una storia di perseveranza. Le protagoniste sono le stelle più vicine: Alpha Centauri, una brillante stella visibile a occhio nudo nel cielo sud, e le sue sorelle. In effetti, quello che si vede è la combinazione di due stelle simili al Sole, Alpha Centauri A e B, che formano un sistema binario intorno al quale orbita, più distante una piccola nana rossa, Proxima Centauri (con massa pari ad un decimo del nostro Sole). Le tre stelle distano poco più di 4 anni luce dal Sole, ma la più vicina è Proxima, come si capisce dal nome.
MASSA TERRESTRE
Qualche anno fa si era parlato di un pianeta in orbita intorno ad Alpha Centauri B.
La notizia non era stata confermata da successive osservazioni che hanno invece messo in luce il nuovo pianeta, con massa terrestre e periodo orbitale di appena 11 giorni, in orbita intorno alla piccola Proxima, la stella più vicina alla Terra. Benché la missione Kepler ci avesse già dimostrato che tutte le stelle hanno almeno un pianeta, vedere evidenza dell’esistenza di un pianeta non troppo diverso dalla terra in orbita intorno alla stella più vicina, è una notizia.
Il pianeta (chiamato Proxima b, come è consuetudine nel campo dei sistemi planetari extrasolari) è molto vicino alla sua stella che però è una nana rossa piccola e poco luminosa e non lo surriscalda, anzi il pianeta potrebbe essere nella fascia di abitabilità della stellina e si ipotizza che sulla sua superficie possa esistere acqua allo stato liquido.
Il condizionale è d’obbligo perché non abbiamo idea della composizione della sua atmosfera (sempre che ne abbia una) né dell’esistenza di un campo magnetico. Temo però che le condizioni su Proxima b non siano ottimali. La nana rossa non è affatto una vecchia signora tranquilla. È nota per essere una flare star, che ogni tanto si sveglia e produce fiotti di radiazione X, un comportamento poco amichevole nei confronti di qualsiasi forma di vita, anche elementare, sul pianeta. Di sicuro il cielo visto da Proxima b deve avere un aspetto peculiare dominato dalla presenza di Alpha Centauri A e B.
Aspettare otto anni per una risposta può sembrare lungo a noi terrestri, ma è il tempo di percorrenza più breve che ci offra l’universo
Indipendentemente dai dubbi che è ragionevole avere a proposito dell’abitabilità del nuovo pianeta, certamente inizieranno osservazioni intensive di Proxima b alla ricerca di segnali di vita.
Con un tempo di transito di poco più di quattro anni (otto considerando andata e ritorno) sarebbe quasi possibile intavolare una conversazione. Aspettare otto anni per una risposta può sembrare lungo a noi terrestri, ma è il tempo di percorrenza più breve che ci offra l’universo. Chi avesse messaggi intelligenti da inviare si faccia avanti, c’è un premio da un milione di dollari messo in palio dall’iniziativa Breakthrough Message proposta da Yuri Milner, il miliardario di origine russa che, grazie al risultato dell’ESO, si trova al centro dell’attenzione.
IL PROGRAMMA STARSHOT
Solo pochi mesi fa, infatti, Milner aveva annunciato il programma StarShot per raggiungere Alpha Centauri in 20 anni. La sfida è titanica: anche se stiamo parlando della stella più vicina, bisogna pur sempre coprire distanze astronomiche. Pensiamo la più veloce sonda lanciata nello spazio viaggia a 70 km al secondo e impiegherebbe 18.000 anni a raggiungere il terzetto delle centaure che distano circa 40 trilioni di km da noi. Per arrivarci in 20 anni bisogna andare 1000 volte più veloce cioè a circa 20% della velocità della luce. Come? Il programma StarShot propone di lasciare a casa motori e propellente in favore di migliaia di sonde leggerissime (delle vele del peso indicativo di un grammo) che dovrebbero essere accelerate fino alla velocità richiesta, grazie alla spinta di potentissimi fasci laser posizionati al suolo. Dal momento che le singole sonde non possono essere controllate, è necessario inviarne migliaia con la speranza che qualcuna riesca a prendere la spinta giusta per arrivare a destinazione. Una volta in vista della meta, le sonde dovrebbero fare una foto da mandare a Terra. Non è chiaro come, con strumento, trasmettitore e antenne tutte contenute nella massa di 1 grammo che deve sopravvivere alla spinta del fascio laser senza farsi incenerire. Ma questa è la sfida. Yuri aveva scelto Alpha Centauri semplicemente perché voleva un oggetto che fosse raggiungibile nell’arco della sua vita, massimo 50 anni, compreso un programma di ricerca di 30 anni per risolvere i molti problemi tecnici di una missione così rivoluzionaria.
MOTORE AD ANTIMATERIA
L’annuncio, così visionario, ha già spinto il comitato che gestisce il budget della NASA a chiedere anche all’agenzia di muoversi in questa direzione studiando una missione spaziale vera con sonde dotate di propulsione, presumibilmente fusione nucleare oppure motore ad antimateria, per arrivare ad Alpha Centauri nel 2069 in occasione del centenario dello sbarco sulla Luna. Se pensiamo che la tecnologia della fusione nucleare per ora funziona solo nelle bombe, e l’antimateria viene prodotta a una manciata di atomi per volta al CERN, è chiaro che la NASA si troverà davanti ad una incredibile sfida, più difficile della conquista della Luna.
SPINTA ALL’AZIONE
In ogni caso, la scoperta di Proxima b è un’ulteriore spinta all’azione. L’hanno capito benissimo quelli di StarShot che si sono trovati un assist insperato. Lo dimostra il fatto che Pete Worden, ex grande capo del centro di ricerche della NASA a Ames e ora direttore del programma StarShot, fosse presente alla conferenza stampa dove l’ESO (lo European Southern Observatory, l’organizzazione europea che gestisce i più grandi telescopi al mondo nelle Ande cilene) ha annunciato la scoperta di Proxima b. Non dimentichiamo che le ipotetiche astronavi dirette ad Alpha Centauri dovranno modificare solo di poco la loro rotta per dare un’occhiata a Proxima b. Con questo risultato, l’ESO, e tutta l’astronomia europea, ha messo le ali ai viaggi interstellari.
PATRIZIA CARAVEO