Dio esiste in cielo, in terra e in ogni luogo, e a quanto pare anche sui social media. Preferibilmente su Twitter, nel mio caso, uno spazio dove lo scorso 7 settembre questa sorta di entità ha deciso di manifestarsi anche alla sottoscritta.
Dio, account @Iddio, aveva appena letto il mio ultimo articolo pubblicato su Chefuturo, che trattava delle relazioni tra Facebook e cristianesimo, e così aveva sentenziato:
Gli ho risposto mezzora dopo con un “quindi ci diamo già del tu? Fico”. @Iddio allora ha rincarato la dose:
“Vieni a trovarmi nell’inferno della scrittura”, gli ho detto alla fine, non sapendo che quella non sarebbe stata affatto la fine del nostro dialogo ma piuttosto l’inizio di una piccola rivelazione, un botta e riposta particolare, un confessionale virtuale e a dire la verità anche parecchio curioso.
HO SCRITTO A @IDDIO
Apro i messaggi privati e inizio così a scrivere a @Iddio. Mi sento eccitata e deficiente allo stesso tempo. Non so bene che chiedergli ma chiedo comunque qualcosa, e scopro che l’entità in questione ha un nome e un cognome: Alessandro Paolucci; e perfino un’età: 35 anni; e un luogo terreno in cui vive: Perugia. Scopro addirittura la sua data di nascita:
“Era il 5 maggio 2011, ho visto uno che fondava l’account del Papa, un altro che faceva Gesù, ma nessuno faceva Dio. Ho deciso di assumermi questa responsabilità”.
Prima di proseguire con l’interrogatorio faccio un giro fra i suoi account, sia quello di Twitter, dove conta ben 467.000 follower, sia quello di Facebook.
Sul social dell’uccellino mi soffermo sulla piccola presentazione che riassume la sua biografia: «Ente metafisico a partita iva, fondatore e CEO dell’Universo. Life & death coach. Entra sempre nel bagno delle donne, perché c’è scritto Signore». @Iddio mi strappa un sorriso. Poi torno sul giocattolino di Zuckerberg e ritrovo lo stesso tono ironico, scorro alcune note e leggo titoli come “Copiare contenuti altrui fa piangere Gesù”; “Vedi Snapchat e poi muori”; “E se avessi un figlio gay?”. Continuo a ridere, finché ricordo che ho lasciato @Iddio ad attendermi fra i messaggi privati.
Perché quest’esigenza di incarnarti in un account?”, gli chiedo senza pensarci. “Dio te l’immagini come un mega account?
“Una religione è un account: c’è qualcuno da seguire, un’icona che caratterizza il profilo, un numero di seguaci, una parola da ricondividere e promesse impossibili.
Tipo, i miei follower sono convinti che io presti attenzione alle loro vite”.
Il tuo occhio quindi li supervisionerebbe? Ne sono convinti?
“Sì, mi taggano spesso per chiedermi se posso ignorare le loro imprecazioni dopo la foratura di una gomma, o perché l’esame gli è andato male nonostante le preghiere, o quando gli farò incontrare l’anima gemella. Si sentono davvero osservati, anche se è altamente probabile che io mi stia occupando di altro. Fa molto Bentham, mi piace”.
Sei più lusingato o incredulo per questa sorta di delirio di onnipotenza che ti affidano?
“Lusingato di sicuro. Incredulo no, anzi, è tutto molto credibile, insomma, rientra nella norma dei fenomeni religiosi. Magari qualcuno potrebbe impressionarsi, ma per me è routine”.
Immagina un colloquio fra te e Dio. Lui ti chiede spiegazioni al riguardo: «Come ti è saltato in testa di fare quello che hai fatto? Chi ti credi di essere?». Oppure, confidando nella sua misericordia: «Che c’hai trovato di così divertente?».
“Ci ho pensato, so già cosa fare. Credo che la butterei sull’esperienza maturata negli anni, e mi proporrei come assistente”.
A Dio non manca affatto il senso dell’humor, penso. E penso pure a God’s comic, la canzone di Elvis Costello, ve la ricordate?
Che ci vedi in comune tra Dio e i social?
“Qui andiamo sul sottile. Il fatto è che Dio non sono io: sono i follower, il popolo del web, il pubblico. Io devo gratificarli e lodarli ogni giorno per avere i loro favori e quindi il potere che mi rende @Iddio, ma se sbaglio qualcosa possono incenerirmi in qualunque momento. In breve: loro sono Dio. Fortuna che non lo sanno”.
Quindi funziona quasi come uno specchio perverso, questo meccanismo? Una sorta di invidia ribaltata in narcisismo?
“Invidia è la parola giusta. Direi anche rancore. Sui social si vedono spesso delle robe, emerge una voglia di scagliarsi contro l’eretico, un desiderio collettivo di mettere qualcuno al rogo che ti fa capire perché il populismo funziona. Quando ti chiedi perché Trump rischia di vincere, basta dare uno sguardo ai social in un giorno qualunque, e ti spieghi tutto”.
Il ragionamento di @Iddio non fa una piega.
Non so che chiedergli a questo punto, la butto sul personale, cerco di sapere cosa gli piace fare oltre alla controfigura di Dio e scopro così che ama scrivere, e che sta preparando nientepopodimeno che una trilogia sui Vangeli.
Infine, domanda irriverente: “Ma l’account di Dio crede in Dio?”
“A giorni alterni, ho problemi di autostima”.
ANGELA BUBBA