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Quattro sassolini per seppellire il rapporto startup di Passera

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Il provvedimento del governo sulle startup continua a slittare. Intanto in rete prosegue la discussione sulle proposte della task force del ministro. Un lavoro complessivamente positivo ma su cui registriamo oggi questo post molto critico di uno dei più noti startupper, e sviluppatore di iOS, Max Uggeri.

Premessa: c’erano millemila modi di scrivere quello che leggerete qui sotto. Potevo scriverlo in punta di fioretto, o pervaderlo di un buonismo perché siam tutti amici e facciamo il bene comune, ma è che su queste cosa ad un certo punto ti monta la carogna, come a Fantozzi quando dopo letture maledette consigliategli da Folagra si ribella e tira sassate ai vetri, per cui ho preferito scriverla in modo diretto, come del resto è mia consuetudine.

Ho letto attentamente il report “Restart Italia!” prodotto per dare indicazioni a Passera (e così al Governo) su cosa fare per cercare di risollevare questo paese partendo dal basso, dalle startup, dai giovani che hanno voglia di crescere e fare impresa. E l’ho letto quattro volte, confesso. Alla prima lettura, ho detto “oh, era ora! finalmente qualcosa di serio e attuabile! Ma vieni!” (con gesto alla Aldo Giovanni e Giacomo incluso). Ma. E sì, ma. Qualcosa non mi tornava, c’era qualcosa, come rotelle che giravano e sentivo come un sassolino, come quando ero pischello e finivo con lo skate nella sabbia, e i cuscinetti a sfera giravano ma facevano tic-tic-tic e non andava del tutto bene.

L’ho letto poi una seconda volta: ho evidenziato le parti salienti, e tutto mi tornava lo stesso.

Ma la sabbia era sempre lì. Poi si sono scatenati i flame, gli attention-whore, quelli che non hanno niente da fare e scatenano flame per avere un po’ di considerazione. E allora l’ho messo da parte per qualche giorno, e ho detto: “vuoi che qualcuno sui socialcosi con un po’ di senso tiri fuori questo sassolino e lo faccia diventare un macigno, così magari capisco cosa non torna?“, ma ancora niente. Poi mi ci sono messo davvero, ed ho smontato tutto, paragrafo per paragrafo.

Zot! Ecco che cosa c’era! Quattro cose, piccoli sassolini che, tirandoli fuori per analizzarli a fondo sono diventati davvero delle pietre.

Passo a dettagliarle, che facciamo prima:

1. La definizione di startup è ridicola. Quattro anni e 5 milioni di euro di fatturato non è una roba da startup, numeri del genere sembrano messi lì apposta per mostrare il fianco a chi vuol criticare dicendo – giustamente – che bisogna aiutare chi inizia e gli bastano 30mila euro, non chi invece ha un giro d’affari pari a PIL di un paese del centro Africa.

Siamo seri: con 5 milioni di fatturato dopo 4 anni anche l’ultimo degli idioti va cercare un’IPO, perché non è più startup da tempo. E se dopo 4 anni – almeno nel digitale – non sei emerso, allora facciamo che cambi mestiere e la finisci di fare il questuante.

2. Pretendere che ci sia un laureato nelle startup mi fa pensare che chi ha scritto quel paragrafo parli di Silicon Valley giusto per dare aria ai denti. Con questa barriera all’ingresso Apple, Microsoft e Facebook (per citare tre nomi di aziendine a caso) non sarebbero mai nate.

3. La cultura del fallimento – così come è martellata – ha davvero stancato: si sta facendo passare il messaggio che se non hai fallito una volta non ci hai nemmeno provato, e questo è assurdo nonché penalizzante per chi – bontà sua – non ha mai toppato. Non è così: ecco, allora si è peccato in comunicazione, e sinceramente una falla del genere da chi dovrebbe masticare comunicazione insieme al latte e ai biscotti dal mattino è imbarazzante. Che poi dico, lo startupper medio è un’universitario che ancora sta studiando e lavora part-time per tirar su 4 euro, ma in che cosa vuoi che abbia fallito? Nel Fantacalcio? Dai su, anche questa cosa presta il fianco a chi dice che si vuole riciclare ed impastare startup finanziate da tempo che non decolleranno mai perché guidate da un modello di business che manco un teletubbie.

4. Il “fondo dei fondi”. No dico, perché non chiamarlo “la madre di tutti i fondi” già che ci siamo? Ma allora dai, facciamo su una cosa come la Russian Venture Company fatta da Putin, che almeno è riuscito ad accorpare qualche satrapo del gas e altri con qualche attività bordeline ma decisamente remunerativa. Non chiediamo soldi allo Stato, combattiamo tutti i giorni con la corruzione e pretendiamo che questa cosa ne sia esente? E, fuori dai denti, se i due punti precedenti esponevano il fianco alle critiche, questa è come mettersi un bersaglio sulla schiena. Un fondo dei fondi, statale. Stiamo chiedendo allo stato nuove regole e gli chiediamo anche soldi? Con che criterio poi? Con i soliti sistemi “spendi-poi-ti-rimborso”? Con una PA che se ci lavori e ti pagano prima di un anno gli altri ti guardano storto perché pensano che hai dato una mazzetta o conosci qualcuno?

Dai su, siamo seri: abbiamo un problema, evidenziato perfettamente nel rapporto – ed è l’ingerenza del governo sul tessuto connettivo delle imprese (vecchie o nuove, è lo stesso), che vessa senza soluzione di continuità qualsivoglia iniziativa, e noi ci mettiamo a chiedergli dei dei soldi? Con bandi – e basta cazzo, ma avete mai visto una startup all’estero fare qualcosa con i bandi? – e stanziamenti nei quali, stante la situazione politica in Italia, è impossibile che non ci infili il politicante di turno? Poi ci si lamenta delle critiche: qualche idiota ha parlato di “conflitto di interessi”, e questa è sinceramente un’idiozia. Conosco personalmente e ho lavorato con molti dei nomi che hanno steso il rapporto abbastanza a lungo per poter spendere qualche parola sensata a proposito, ma una cosa del genere (fare un fondo che poi viene “gestito” da VC) è, visto da fuori, quantomeno naive. Faccio davvero fatica a pensare che qualcuno non salti su – per invidia, livore o altri mille motivi – a dire “aha, ecco: i soldi li gestiscono loro e chissà a chi arriveranno i soldi, sicuramente alle loro startup che fanno cagare e che stanno per saltare! Poi, caso strano, stanno tutti pompando la cultura del fallimento… che coincidenza!“.

Ecco, visto che me lo hanno chiesto, a me tutto questo mi sembra che non vada bene. In Italia gli startupper non sono solo quelli che partecipano ai carrozzoni colorati a mettersi in mostra, ma sono quelli che lavorano sodo, che mandano mail con business plan improbabili e che chiedono con umiltà a Angels, VC e Incubator di essere ascoltati, aiutati a crescere. Chiediamo al governo di farsi da parte, non di fare regole speciali per le startup, ma semplicemente di togliere quelle regole vessatorie che ora portano cervelli e idee a Londra, Berlino e San Jose. Non chiediamo soldi, chiediamo di levarsi di torno e lasciarci fare.

Magari bastava un SMS o un tweet, e invece di lanciare palloncini si faceva prima a dire “Governo, ma ti levi di ‘ulo?“.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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