Conosco Jasmin Mirage – sui social Jasmin Efte – da quasi due anni, cioè da quando mi contattò tramite Facebook dicendomi che anche lei era una scrittrice, e che, soprattutto, amava l’Italia.
«Abito a Isfahan, nel centro dell’Iran, ma adoro il tuo Paese». «Davvero?» domandai. «Sì» continuò, «ho imparato da sola la tua lingua».
Quasi non ci credevo. Mi catapultai così sulla sua bacheca e constatai che non era una semplice bacheca, ma più un registro appassionato, un diario rivoluzionario, l’agenda di una trentenne che cercava (e cerca ancora) di ragionare sul suo Paese. E Jasmin, è questa la vera sorpresa, non lo fa inglese o in spagnolo, le due lingue al momento più diffuse, bensì in italiano.Segue quindi il cuore questa giovane blogger.
Predilige l’istinto, il ritmo della sincerità. Su Chefuturo! avevo già scritto di lei, sulla scia di un interesse che aveva già colpito il Trio Medusa, che l’intervistò in diretta su Radio Deejay invitandola a parlare della condizione delle donne iraniane. Jasmin rispose allora con autenticità e insieme con ironia (fra le tante cose, si occupa anche di satira giornalistica), ironia che ha continuato ad accompagnarla e distinguerla nella rete.Anche là dove i suoi interventi descrivono morte e disperazione, infatti, nonostante il dolore con cui ci rende partecipi della sua quotidianità, è sulla necessità di sorridere che Jasmin si concentra, ovvero «sul diritto e il dovere di sperare», come spesso mi scrive in chat. E se c’è perfino spazio per contributi poetici, che la ragazza diffonde soprattutto attraverso la sua pagina Alba Persiana, componimenti che davvero possono spezzare il cuore per la durezza e il coraggio con cui sono scritti, è sempre alla speranza che si vuole tendere.
Jasmin ha forza e allo stesso tempo candore, possiede invettiva e dolcezza, è corrosiva e contemporaneamente distensiva. Anche quando discutiamo di Charlie Hebdo, ad esempio, o degli ultimi attentati di Parigi, usa parole incredibilmente coerenti eppure volte al superamento di quelle tragedie.Le chiedo che clima si respira nella sua città, come si è reagito di fronte a tali notizie e se lei stessa è stata vittima di discriminazioni. «Su Facebook sì» mi dice, «ho ricevuto qualche insulto da parte di utenti italiani, ma in definitiva roba di poco conto. Chi mi segue è quasi sempre in grado di comprendere le situazioni, per fortuna. Riguardo invece quegli atti di violenza estrema, purtroppo non mi sono meravigliata. L’ISIS è a due passi da dove io e la mia gente viviamo.
Il terrorismo è un argomento che ci tocca ma non ci sconvolge».«Qual è la tua opinione in merito a quello che sta accadendo?» chiedo ancora.
«Se seminiamo odio, raccogliamo odio. Il terrorismo viene “creato” giorno dopo giorno.
L’unico modo per sconfiggerlo è iniziare ad amare il prossimo e con il prossimo intendo qualsiasi creatura, di ogni razza, colore e religione».
L’amore di cui parla Jasmin è perciò qualcosa di molto potente, che passa dal rispetto delle persone e viene veicolato dalle parole.In un luogo dove è complicatissimo diffondere le proprie idee, si sceglie un’altra lingua per potenziare il messaggio.
A una lotta si risponde con un’altra lotta, diversa ma ugualmente efficace.
E i post di Jasmin, giornalmente pubblicati e che contano centinaia di visualizzazioni e condivisioni, ne sono la più eloquente testimonianza. Visti come un vero e proprio inno alla libertà d’informazione, rappresentano l’altra faccia della medaglia: la voglia di pace in un mondo di guerre. «L’unico modo che ho per cercare di migliorare il posto in cui sono nata è dire, raccontare, diffondere. E tutto questo, al momento, riesco a realizzarlo solo attraverso i social: per noi iraniani sono una finestra incredibile, dalla quale possiamo vedere il mondo esterno e viceversa facciamo vedere agli altri chi siamo, la nostra vera realtà».
Una realtà che, attualmente, è complicata e precaria. Negli ultimi mesi Jasmin ci ha parlato di colleghi giornalisti imprigionati, di donne che non possono prendere parte alle prove dell’orchestra nazionale, di un popolo che sogna più libertà. La giovane persiana è riuscita però anche a confortarci. È stata infatti la prima a parlare in Italia della liberazione di Hila Sedighi, poetessa e attivista iraniana arrestata a Teheran alcuni giorni fa: azione che tuttavia non è passata inosservata, Jasmin ha postato la notizia il 10 gennaio e in meno di qualche ora il suo account è stato disattivato.
«Succede spesso» mi avvisa tramite WhatsApp, altro strumento che la ragazza utilizza per comunicare,
«sono sempre sotto controllo per via del mio lavoro. Mi hanno oscurato molte volte. Ma tornerò. Ritorno sempre.»
Jasmin dunque è tutto tranne che sfiduciata, mi sembra. E basta fare un giro, anche rapido, sui suoi account, per rendersene conto. Da qualche mese inserisce immagini raffiguranti dei melograni, impostati sia come foto profilo che come foto copertina. La interrogo sul motivo di questa scelta e Jasmin mi risponde che, oltre all’autunno, quel frutto simboleggia anche le donne e la loro malinconia. Le chiedo allora se è particolarmente triste in questo periodo e lei mi risponde di no. «Ho solo una specie di nostalgia, per quello che ancora non ho. È sempre una forma di speranza.»