Rete, rete e rete: 3 goal degli innovatori europei a Digital Venice

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Quando sono salito sul treno di ritorno dalla Digital Venice, ho cercato di ricordare il momento in cui siamo partiti dal sud dell’innovazione con tutto l’entusiasmo ed il disincanto necessari per affrontare un evento come #restarteurope.

Chi ci conosce sa che non crediamo più negli eventi fine a se stessi, anzi che pensiamo addirittura che rinchiudere in “ambienti” attitudini come la creatività e l’innovazione possa essere deleterio. Tuttavia malgrado alcuni (forse necessari) momenti di eccessiva euforia e centinaia di selfie consumati tra gli abituèe del digitale, portiamo a casa molte riflessioni positive maturate in ore di intenso lavoro con alcune delle giovani menti più brillanti d’Europa e la divertente considerazione che per come si stanno mettendo le cose questa volta i decision maker istituzionali non potranno far finta di niente.

C’è tanto da fare e non si risolve nulla in due giorni di lavoro ed infatti le giornate veneziane di #restarteurope vogliono essere un punto di partenza che tuttavia già di per loro un passo avanti hanno aiutato a farlo. Almeno per tre motivi: la rete, la rete e la rete.

1. La rete

Il primo è che è stato chiesto ad una rete di giovani innovatori da tutta Europa a loro volta connessi con reti di comunità di altri giovani di contribuire con idee, progetti e visioni su quelli che sarebbero stati i temi dell’agenda digitale in una sorta di progettazione #open

Questo processo #open (una parola molto in voga soprattutto nelle p.a.) non è solo un gadget che rende più digital certi eventi, ma in questo caso (dove erano stati invitati anche attivisti, hacker, innovatori di comunità e non solo uomini di impresa) si è rivelato un processo che ha aperto le porte a riflessioni forse anche un po’ scomode che non vedono l’enfasi del discorso sulle smart cities orientato eslusivamente alle tecnologie ma che anzi ha posto l’accento su temi come:

  1. il significato dell’identità in un contesto europeo e digitale (signficative le esperienze presentate dai raprsentanti dell’Estonia e della Finlandia) ,
  2. la possibilità e la voglia di far diventare l’innovazione sociale un elemento riconosciuto e riconoscibile (magari anche mediante premialità) nelle politiche comunitarie,
  3. la possibilità da parte delle comunità di poter autodeterminare alcuni meccanismi di circolazione del valore mediante la creazione e l’uso di monete complementari.

Non saranno tutti contenuti spendibili o necessari, ma il processo con cui è stato realizzato mette in condizione eventuali decisori futuri di prendersi l’eventuale responsabilità di tornare indietro verso scelte #closed e già questo è interessante.

2. la rete

Quello che emerso è quindi che la rete non è solo una infrastruttura tecnologica (anche se importantissima: i giovani danno per scontato una risolutiva azione verso il digital divide) ma soprattutto un’etica. Un’etica della condivisione e della partecipazione soprattutto su quelle tematiche che hanno ricadute sulla qualità, presente e futura, della vita dei cittadini.

In tal senso è stato interessante notare come le proposte degli italiani fossero volte soprattutto ad una digitalizzazione indirizzata alla semplifciazione della burocrazia (chissà come mai) ed allo svecchiamento degli amministratori locali (bella l’idea di un progetto erasmus rivolto proprio a loro) mentre le idee degli altri giovani innvoatori provenienti da altre nazioni europee fossero più orientate a risolvere problemi specifici con progetti come una sorta di “roaming” della moblità (abbonamenti che ti facciano usare mezzi pubblici, comprensivi quelli della sharing mobility in tutta europa) o piattaforme che vedono i cittadini artefici o controllori di politiche legate all’energia ed all’uso delle risorse e dei beni comuni.

Su una cosa erano tutti d’accordo che tecnologie e amministrazioni debbano essere elementi abilitanti della relazioni tra i cittadini. Questo è il senso di “smart” prima della parola cities

3. la rete.

Abbiamo visto quanto sia stata importante questa rete di giovani europei venuti in nostro aiuto, abbiamo poi visto quanto per loro la rete sia soprautto un’etica prima che una tecnologia ora però parliamo di due importantissimi punti determinati proprio dalle caratteristiche tecnologiche della rete in sé.

La prima è stata quella per noi più interessante che vede tirare in gioco il concetto di #smartrurality sul quale stiamo lavorando da tempo. L’universo digitalizzato nel quale viviamo quotidianamente può essere ormai rappresentato come un dominio di narrazioni complesse, in cui le tecniche di racconto di storie (lo “storytelling”) diventano potenti mezzi che possono essere utilizzati per dare nuova luce agli elementi che caratterizzano la storia e la cultura delle aree interne e dei luoghi rurali in senso specifico: l’identità, le tradizioni, il paesaggio.

Dalle discussioni con molti dei giovani innovatori, ritornava la convinzione che è necessario dare connettività alle aree interne e non solo a quelle metropolitane per agevolare una nuova, inaspettata centralità ai luoghi rurali attraverso linguaggi, metodi e strumenti offerti dalle tecnologie.

In questa prospettiva la dimensione metropolitana delle smart cities, delle digital cities, non può in nessun modo essere trattata in maniera separata dagli sviluppi delle aree interne e rurali che, attraverso le terminazioni dell’infosfera itroiettano nuove istanze (stili di vita ecologici, scelte di vita alternative, etc…) in maniera autentica nello storytelling globale, diventano elemento critico per ripensare nuovi modelli di sviluppo non solo del digitale. In tal senso la vita rurale non è separata dallo sviluppo della modernità metropolitana ma diventa un elemento dialettico che mette in moto importanti anticorpi per evitare le aberrazioni di una modernità unilaterale.

Altro dato tecnologico di Rete è dato dalla persistenza. Il documento è stato discusso, redatto e consegnato (ve ne suggerisco una rapida lettura) ed ora è consegnato alla “persistenza” della rete. Certamente non è documento esaustivo ma sicuramente tocca alcuni punti importanti sui quali i decisori istituzionali si prenderanno la responsabilità di non portarli avanti.

Ed ora? Bè speriamo che non tutto questo lavoro non rimanga tra i fascinosi canali di Venezia e che i decisonmakers istituzionali lavorino per ricucire lo strappo con la società civile mettendo in pratica quello che un manipolo di giovani valorosi, gratuitamente, ha suggerito loro. Manteniamo alta la guardia la posta in gioco è seria e gli interessi sono tanti.

Ad maiora

Calvanico, Salerno, 21 luglio 2014ALEX GIORDANO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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