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Ripartiamo dalla grinta dei nostri nonni e prendiamoci la vita che sogniamo

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#ilsudsiamonoi. Si è vero: sembra un altro slogan che non vuol dire nulla. Se lo vedi con il classico approccio disfattista e remissivo di tanti meridionali ben indentificati nel rapporto Svimez appena rilasciato. Ma se ti fermi un attimo, ti metti su una bella sdraio di fronte alle migliaia di panorami che ci sono nel Salento o in Sicilia, nel Golfo di Napoli o sul Pollino, ti rendi conto che le cose non stanno proprio così. Cosa manca al meridione che ci sta portando nel baratro? “Solo” il lavoro? “Solo” la più bassa percentuale di accesso ad Internet d’Italia, con picchi del 57% di analfabetismo digitale?

Secondo me manca un sistema valoriale e una grinta che in nostri avi avevano. Quei nonni o bisnonni che sono andati in America con la valigia di cartone e hanno aperto ristoranti passando dal pulire i bagni e lavare i piatti.

Oppure che hanno arato la terra, piegati in due a raccogliere i frutti meravigliosi che tutto il mondo ci invidia. E ancora, ci manca la capacità di sorridere alla vita. Quando vediamo una persona che fa delle belle cose, pensiamo “dov’è la fregatura?”, “che scheletri avrà nell’armadio?”. Se ti chiedono “mi aiuti in un progetto sociale per insegnare ai bambini il coding, ma non ci sono soldi!”, tu rispondi “sei un cretino. Inutile che cerchi di cambiare qualcosa, tanto tutti rubano, sulle tue spalle di generoso, ci sono decine di persone che si arricchiscono sorridendo di te…”. Rispondo: ma chissenefrega!

Riappropriamoci del piacere di vivere. Iniziamo a cambiare noi stessi, seguirà il mondo affianco a noi. Inizieremo a riconoscere i volti di chi, come te, non vedeva l’ora di trovare un compagno per “fare” qualcosa.

Qualsiasi cosa. Pur di non stare fermo. E’ un istinto di conservazione. E’ una voglia di vivere.

E allora ti rendi conto che puoi gioire delle vittorie della tua squadra o del singolo, puoi divertirti, piangere, esultare per una città che vince un titolo onorifico che non vuol dire nulla fuori, ma tutto dentro: Capitale Europea della Cultura.

Non un premio alla bellezza, ma alla sostanza. Alla visione. Alle persone. All’innovazione.

“La commissione ha inoltre riconosciuto la forte focalizzazione sulla tecnologia digitale che nel 2019 sarà molto più prevalente nei settori culturali e sociali rispetto ad ora. Il programma oscilla tra un canale tv online, la digitalizzazione di archivi del patrimonio e club di coding per ragazzi. Questo rappresenta il guardare avanti attraverso un approccio innovativo per un’ECOC”.

(qui la traduzione delle motivazioni dell’UE)

Guardi negli occhi di Salvatore Maletesta, Angelo Venezia e Michele Ventrelli e ti “trovi”. Trovi qualcuno che vuole dire: no cavolo, possiamo cambiare qualcosa. Non è tutto, ma non è nulla!Certo innovare è sinonimo di cambiare. Impatta sulla vita di chiunque, ma non è per tutti: vuoi partecipare al cambiamento, facciamolo insieme. Non vuoi? inutile cercare di convincerti. Ma ti prego, non disturbare chi ci sta provando, e in parte riuscendo.

Quando a Palermo insieme a Ida Leone abbiamo descritto il WebTeam e i tanti progetti da che vanno dall’opendata all’opencodercity, cioè un’intera popolazione scolastica di bambini dai 4 ai 12 anni (4500 bambini) di una piccola città di provincia, hanno iniziato a giocare imparando il coding, avendo la stessa potenzialità di un bambino di New York, ho capito che ce la possiamo fare. Uniti. Stimolando le nuove generazioni a costruirsi un futuro diverso, aperto, collaborativo. Insieme al coding, passano valori come la rete di persone, il mettersi in discussione, il provare. provare, provare, testare, osare..mettersi in discussione.

Non aspettare che la vita ti assista, ma vai a prendertela.

Il coding darà lavoro? Non lo so… forse. Statisticamente ci dicono di sì. L’apertura mentale porterà lavoro? Non lo so, ma sicuramente quando nel 1992 sono andato a Praga ed ho visto la fila nelle librerie, dove “finalmente” si potevano leggere libri che prima erano vietati, ho capito che l’uomo ha sete di conoscenza. Non frontale, ma in sharing. Tipico della società iperconnessa.L’opendata a che serve? Crea business? non lo so. So solo che nei due contest opendata di Matera e Lecce che ho gestito ci sono state 80 proposte per 12 vincitori. 80 persone, aziende, scuole hanno provato a fare qualcosa. Su Lecce abbiamo creato una sezione “appstone” apposita: una sezione sul portale opendata in cui promuovere tutti i lavori presentati. Perché questi giovani sono tutti da premiare. Stanno diventando i nuovi artigiani. Al posto di lavorare la pietra leccese (da cui app-stone) ora usano i “dati” come materia prima. Hanno svoltato? no. Hanno vinto qualche euro. Ma soprattutto hanno capito che possono cambiare qualcosa. possono crearsi una strada, che prima non c’era, e che ora percorrono costruendola contestualmente. Precario? forse. Entusiasmante? sicuramente.

Infine mi commuovo sempre quando ricordo la classe dell’Istituto Comprensivo Pascoli Matera di bambini di 10 anni che partecipando al bando sugli opendata, ha utilizzato il dataset sui beni culturali (sapete che la legge vieta di fare foto sui beni monumentali per fine di lucro..a meno che il bene non sia rilasciato con una licenza libera.Il Comune di Matera ha un elenco in licenza CC0, cioè senza neanche l’obbligo della citazione della fonte, su circa 20 beni monumentali). Questa classe ha fatto un Quiz su questi beni . Si sono divisi i compiti: chi ha trovato su Wikipedia la descrizione, chi ha reperito le foto, chi ha fatto il “programma”.

Sì, perchè parliamo di un software. Un programma con tanto di punteggio, musica, in due lingue… bambini di 10 anni che con il CoderDojo prima, e poi, approfondendo in classe con un pool di (brave) maestre, hanno fatto questo capolavoro.

E’ partito tutto dal “mi aiuti in un progetto sociale per insegnare ai bambini il coding, ma non ci sono soldi”…Con lo stesso spirito abbiamo programmato e fatto il più grande Coderdojo del mondo e poi in tutta la Basilicata abbiamo coinvolto 131 comuni per farlo a livelli ancora più grandi.

“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, diceva Gandhi. Beh, non dobbiamo cambiarlo tutto insieme, ma tutti insieme sì.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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