in

Rita e Aaron: Noi siamo la mente. 100 anni di OpenScience

scienze

E’ stata una festa, a World Wide Rome, celebrare il compleanno di Rita Levi Montalcini. Come se ci fosse ancora. Una festa dedicata all’Open science, alla scienza aperta che sta rivoluzionando il mondo.

A dividersi la parola, c’erano due voci distinte, ma non constrastanti: al mattino, quella dei giovani entusiasti dell’open, e al pomeriggio quella dei ricercatori e medici dediti alla science.

Ovviamente fra quelli del mattino, ho nel mio piccolo parlato di Aaron Swartz, perchè aveva senso ricordare anche lui, invitarlo idealmente alla festa di compleanno di una scienziata centenaria che non c’è più.

Mettere a confronto Aaron e Rita fa impressione: quasi 80 anni di differenza, due vite diversissime, letteralmente personaggi di secoli differenti.

Ma c’è una cosa che secondo me li accomunava: quella dimensione pubblica della ragione a cui entrambi hanno dedicato una vita.

Aaron e Rita, in maniera diversa, hanno testimoniato che la scienza (e più in generale la ragione, l’intelligenza) hanno conseguenze, e sono doni da coltivare e da far fruttare.E che i frutti della ragione e della scienza sono, e devono essere, di tutti. Che la scienza (l’intelligenza) è un fatto politico, comunitario. Entrambi hanno coltivato, dunque, scienza e coscienza, cioè ragione e consapevolezza.

Ce lo ricordava Aaron, con il suo “Information is power”, incipit folgorante del Guerrilla Open Access Manifesto.

E subito aggiungeva “But like all power, there are those who want to keep it for themselves.”

Se l’informazione è potere, chi gestisce l’accesso all’informazione gestisce l’accesso al potere. E’ anche per questo che combattiamo per una scienza aperta.

Non è solo un discorso di prezzi più bassi, di fondi che mancano e di PDF troppo costosi.

Dare accesso libero e gratuito ai risultati della scienza non è un favore che vogliamo fare alle generazioni presenti e future: è un diritto che vogliamo istituire e il fondamento di una società in cui la scienza e la ragione siano parte del dibattito pubblico (civile e politico). Siano una piattaforma su cui innovare, una risorsa a cui attingere quando necessario. Siano un commons (un bene comune) da gestire e far fruttare. Siano un patrimonio da divulgare e proteggere. E’ un discorso di emancipazione e di empowerment. Di democrazia.

“Il corpo faccia quello che vuole, io sono la mente”.

Se Aaron e Rita ci hanno insegnato qualcosa, è che la mente, l’intelligenza vanno usate per gli altri. Vanno usate per costruire, per essere pienamente cittadini e individui inseriti nella società.

Per spiegare il mondo (capire i meccanismi, individuare i problemi e le loro cause) e per piegarlo (elaborare soluzioni, ottimizzare procedure, minimizzare il dolore).

E se la scienza aperta può essere rappresentata in sorrisi, io me ne porto a casa due: quello triste e furbo di Aaron, e quello fragile e invincibile di Rita.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

Puntiamo sullo Storylistening, l’arte di ascoltare prima di raccontare

scienze

8 punti per capire perché i vaccini con l’autismo non c’entrano nulla