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Ritardi punto Zero, il progetto del Miur che può rivoluzionare la Pa

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Se non cresciamo è per la lentezza della pubblica amministrazione. Semplicistica come affermazione, ce ne sarebbero da elencarne di cause, ma gran parte delle indagini che si concentrano nell’individuazione dei fattori di rallentamento della crescita economica del nostro Paese, evidenziano con forza quanto viscoso possa essere qualsiasi tipo di rapporto PA-imprese. Appalti, concorsi, avvisi pubblici, adempimenti. Una sequenza straordinaria di ostacoli da farci un gioco di ruolo (pensateci!).

L’ufficio studi della CGIA, la Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato e Piccole Imprese – di Mestre identifica nella lentezza della burocrazia una “tassa occulta” per le imprese di 31 miliardi di euro l’anno (7mila euro circa per azienda). A questo si aggiungono i tempi per comprendere le modalità ed eseguire i pagamenti al fisco: il responsabile amministrativo di un’azienda italiana impiega 285 ore l’anno, il suo omologo tedesco 215, quello spagnolo 197; la media OCSE è di 186 giorni (la metà rispetto all’Italia).

«I tempi e il numero degli adempimenti richiesti dalla burocrazia sono diventati una patologia endemica che caratterizza negativamente il nostro Paese. Non è un caso che gli investitori stranieri non vengano ad investire in Italia anche per la farraginosità del nostro sistema burocratico. Una legislazione spesso indecifrabile, l’incomunicabilità esistente tra gli uffici delle varie amministrazioni, la mancanza di trasparenza, l’incertezza dei tempi e un numero spropositato di adempimenti richiesti hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che, nonostante gli sforzi fatti dal legislatore, non sarà facile rimuovere». Così parlò Bortolussi, segretario del CGIA.

Sul lato impresa invece, secondo il rapporto Unioncamere, da gennaio a maggio di quest’anno, si sono registrate 5.334 chiusure di aziende, 35 al giorno, 3 ogni 2 ore (+5,6% rispetto al 2012) ed una delle cause, non a caso, i ritardi dei pagamenti da parte della PA, che solo recentemente ha iniziato a pagare i primi 20 miliardi di euro di arretrati.

Solo ad aprile di quest’anno, si vociferava di una “opzione zero”: soppressione delle autorizzazioni non indispensabili, alla quale associare un sistema sanzionatorio per i ritardi della pubblica amministrazione. E poi, il solito (mancato) sistema di valutazione dei dipendenti pubblici. Per approfondire vi consiglio una rapida lettura del bilancio di mandato dell’ex ministro della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, in cui si fa riferimento ad un disegno di legge sulle semplificazioni, rimasto “nel cassetto” del Parlamento, ma sostenuto dal gruppo dei “saggi” , i quali auspicano “una norma che preveda un indennizzo forfetario e automatico per i ritardi delle pubbliche amministrazioni […] generalizzato a tutti i livelli amministrativi e a tutte le modalità di azione”.

Aggiungiamoci infine il paradosso, imminente, di dover (saper) impiegare quanto resta dei 49,5 miliardi di euro di fondi strutturali europei per la programmazione 2007-2013: 17 miliardi di euro di fondi europei di competenza italiana, più 13 miliardi di cofinanziamenti nazionali.

Sono da spendere entro il 2015 e da assegnare in quattro mesi!

Quindi? Aspettiamo che il dibattito prenda forma in Parlamento? Che il disegno diventi qualcos’altro? Ed una volta normato, quali gli effetti ed i tempi di adozione?

Come spesso accade, abbiamo bisogno di dimostratori. Di evidenze empiriche. Di qualcuno che usi gli strumenti a disposizione e riformuli l’impianto esistente, intervenendo nel “come”. Chiamatela innovazione, cambiamento, voglia di fare. E se questo accade in una pubblica amministrazione centrale italiana, il tutto assume un aspetto più interessante. Immergetevi nella giungla del Miur, dove già lo scorso anno, con non poche difficoltà, si è dato vita ai primi avvisi pubblici per la Social Innovation in Italia (72 milioni investiti solo in quest’ambito), Open Data, startup che legano cultura e tecnologia (startup.miur.it). Un giro di vite sia in termini di procedure, che di contenuto. A guidare la macchina amministrativa in questi primi esperimenti, Emanuele Fidora e il maratoneta Fabrizio Cobis.

Per Cobis, lavorare per l’efficienza dei processi all’interno della PA è una ossessione, e deve diventarla per tutti. Lo ha ripetuto più e più volte durante il suo intervento di apertura alla due giorni di incontri con i vincitori dei bandi PON, davanti a più di 700 persone, interessate a prendere parte a questa nuova avventura che lega procedure e idee, imprenditori e amministratori pubblici.

Il 15 luglio scorso è stato lanciato il programma “Ritardi.0”: RitardiPuntoZero, ci tiene a sottolinearlo lo zero. Che è un po’ il punto di partenza e un po’ il numero a cui tendere per misurare le inefficienze di un pezzetto di PA centrale che fa i conti con sistemi di rendicontazione decuplicati, non standardizzati, disomogenei e che dovrebbero altresì abilitare percorsi di ricerca e innovazione nelle regioni del Mezzogiorno (c.d. Regioni dell’Obiettivo “Convergenza” Puglia, Calabria, Campania, Sicilia): 6,2 miliardi di euro per il Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” 2007-2013, da erogare entro il 2015.

Un team di project officer al servizio dei vincitori dei bandi per accelerare le pratiche di rendicontazione, di trasmissione (e comprensione) delle informazioni. I dati si aprono, viaggiano più velocemente tra una call online ed una email diretta.

Si legge nel documento di presentazione di Ritardi.0 “[…] il MIUR in questo momento ha in gestione circa 700 progetti, con un numero di soggetti coinvolti che sfiora il migliaio di unità, con risorse stanziate di circa 3 miliardi di euro (si aggiunga che da qui al dicembre 2015 saranno oggetto di controllo di spesa circa 24.000 rendiconti) [… ], appare assolutamente evidente come la coniugazione qualità-velocità delle procedure rischia di rimanere una semplice chimera irrealizzabile, salvo decidere che occorre definire un approccio, anche culturale, diverso rispetto al problema e provare a rendere realizzabile ciò che sembra solo un bel sogno”.

Incontro Fabrizio Cobis, e le sue ossessioni, al Miur. Sul suo tavolo, diversi i volumi su Open Data e Social Innovation, magari lo fa di proposito e “veste” il tavolo di ingresso in funzione dei suoi interlocutori Ecco un suo piccolo contributo, frutto della nostra conversazione.

Perché Ritardi punto Zero

Nei Progetti PON il tema della velocità dei tempi è insito nella natura stessa e nelle regole dei fondi europei di cui disponiamo. Sappiamo tutti che ogni Amministrazione che gestisca tali fondi deve spenderne un quantitativo ben preciso e predefinito ogni anno e ciò che non spende viene restituito alla Unione Europea. Ma il tema dei tempi e di come superare i ritardi va al di là delle regole imposte dall’Europa: in realtà per il solo fatto che ci si trova a gestire risorse pubbliche si dovrebbe avere a cuore tale fattore. Dentro Ritardi.0 c’è non solo un sistema concepito per soddisfare le esigenze comunitarie, ma un sentimento civico, un dovere morale che dovrebbe essere la prima qualità dell’amministratore pubblico.

La figura del Project Officer

Il P.O. non nasce da esperienze esistenti, ma dalla consapevolezza che ogni progetto ha bisogno di qualcuno che lo curi da vicino, che tenga insieme i vari soggetti coinvolti, che “si sporchi le mani” nel far rispettare i tempi. I progetti sono complessi, le procedure articolate, ci vuole qualcuno che faciliti il dialogo, che prevenga problematiche, che risolva in tempo reale le questioni.

I P.O. sono 25, sono figure giovani reclutate tramite le strutture di Assistenza Tecnica al PON, non prendono un centesimo di Euro rispetto al loro primo stipendio per fare questo lavoro, che si aggiunge, è bene sottolinearlo, al resto dei propri adempimenti. Dispongono ognuno di un “cruscotto di progetto” che tecnologicamente gli consente di seguire in tempo reale l’andamento delle varie fasi procedurali del progetto, segnalandone eventuali ritardi di processo.

La partecipazione per il disegno delle soluzioni nella due giorni di luglio

La manifestazione prevedeva lo svolgimento di riunioni specifiche per ogni progetto, a cui abbiamo chiesto di partecipare, oltre ai soggetti attuatori, anche i controllori, i valutatori, i PO. Sui 315 progetti in corso di esecuzione (che si raddoppiano pensando che per ognuno si prevede attività di ricerca e attività di formazione) , hanno risposto al nostro invito 295 progetti, per un totale di oltre 700 persone partecipanti.

Abbiamo suddiviso i progetti nelle giornate organizzando 25 tavoli, in cui si sono seduti i vari soggetti a rotazione per un tempo rigoroso di 30 minuti a progetto. Le riunioni sono cominciate alle 14 del giorno 15 e si sono concluse alle 19 del giorno successivo.

I tavoli avevano lo scopo di fare il punto sullo stato di avanzamento procedurale del singolo progetto, di capire eventuali problemi e di provare a risolverli. L’atmosfera complessiva e’ stata davvero piacevole, e i riscontri ottenuti sono stati estremamente positivi. Molte questioni si sono chiarite, tutti hanno espresso compiacimento per aver avuto la possibilità di confrontarsi apertamente su temi di comune interesse, in altri casi sono state già organizzate nuove riunioni di approfondimento al Ministero.

Prossimi passi

Nel documento “Ritardi.0” si parla di giugno 2014 come tempo entro il quale scommettiamo di avere a regime un sistema in grado di non produrre più ritardi. Ma non aspetteremo un anno: regolarmente daremo evidenza pubblica delle misure applicative che mettiamo in campo e dei risultati che man mano produrremo.

Da subito abbiamo avviato una consultazione pubblica, per chiedere a tutti suggerimenti, commenti, contributi di vario tipo. Il documento è commentabile riga per riga su ritardizero.miur.it fino al 30 settembre 2013. In parallelo, usando una casella di posta elettronica dedicata (ritardizero@miur.it) chiunque potrà esprimere una formale “adesione” al progetto. Ciò è particolarmente significativo per coloro i quali svolgono un ruolo istituzionale nei progetti, dagli attuatori ai valutatori, ai controllori. Chi aderisce in qualche modo sposa gli obiettivi del documento e si impegna a perseguire lo spirito nel quadro delle propria specifica attività. Per il momento non abbiamo previsto forme di contaminazione in altre amministrazioni, prima vorremo raggiungere qualche risultato concreto. Tuttavia, chiunque può contattarci e saremo ben lieti di mettere a disposizione un po di quanto andiamo imparando da questa esperienza.

In termini di processo, assieme alle iniziative del mitico Giovanni Menduni del Comune di Firenze (i suoi articoli qui), credo siano le esperienze pubbliche da cominciare ad imitare, seguire, migliorare con ulteriori innesti e “ossessioni” per la trasparenza e la ragionevolezza dell’agire pubblico.

Anche questo è cambiare, in meglio, quello che ci sta attorno: Social Innovation nella PA, benvenuta!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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