Sahana, la lezione di Protezione civica dello Sri Lanka al mondo

scienze

Il recente terremoto dell’Emilia Romagna e le inevitabili richieste d’aiuto pervenute hanno acceso ancora una volta i riflettori sulla gestione dell’emergenza. In particolare, voglio soffermarmi sul rapporto tra tecnologia ed emergenza: ovvero quali sistemi e software un paese dovrebbe utilizzare per massimizzare l’efficienza in una fase così delicata?

E, ancora di più, quale deve essere il valore aggiunto che l’innovazione può fornire in scenari di crisi? Quando ci fu il terremoto dell’Aquila, mi colpì quello che affermò in un’intervista il sindaco Cialente. Disse che nei momenti successivi al sisma del 6 aprile risultava molto complicato trasmettere comunicazioni di servizio ai cittadini. Non tanto perché fossero crollate quelle che vengono definite le infrastrutture critiche, ma semplicemente perché non tutti avevano la televisione o la radio.

Non è un caso se proprio in quel periodo molti cittadini abbiano scoperto ed apprezzato Facebook come luogo di aggregazione virtuale. Ovvero, uno strumento con cui veicolare informazioni in modo rapido e con cui organizzare attività sul territorio. Siamo nel 21° secolo, nell’era della tecnologia, siamo bersagliati da comunicazioni di tutti i tipi,a volte anche in modo invasivo, e quando realmente c’era la necessità di comunicare con migliaia di persone non è stato possibile.

Cosa vuol dire questo: che comunque la natura è ancora più forte dell’uomo? O forse semplicemente che l’uomo non riesce ad utilizzare la tecnologia? Forse è necessario ritornare ai vecchi metodi e suonare le campane o magari le sirene del periodo di guerra? In realtà non è così: esistono già delle soluzioni tecnologiche da utilizzare in situazioni di crisi.

Soluzioni che sono efficaci soprattutto durante la gestione dell’emergenza.

Un sistema di cui si parla molto, è Sahana, realizzato ai tempi dello tsunami in Asia. È stato usato con successo in una serie di eventi tragici, e dovrebbe essere sul radar di chiunque si occupa di tecnologia in questo settore. Si tratta di un programma open source per la gestione dei progetti ed il coordinamento delle operazioni nel corso di una catastrofe. Permette, ad esempio, di monitorare la ricerca di persone scomparse, gestire l’arrivo di aiuti e volontari oltre che interfacciarsi con le istituzioni per il conteggio delle vittime.

Sahana è formato da più moduli web based ed è rilasciato sotto licenza GNU. È stato sviluppato in PHP e JavaScript e può essere interfacciato a scelta con un database MySQL oppure PostgreSQL.

Per spiegarvi come funziona ho fatto alcune domande a Mark Prutsalis, direttore, presidente e CEO di Sahana.

Qual è la storia di Sahana?

Sahana è stato sviluppato dalla comunità IT in Sri Lanka e lì per la prima volta distribuito in seguito allo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano. Dal 2004, la comunità Sahana è cresciuta diventando un progetto globale open source supportato oggi dalla Sahana Software Foundation. Quest’ultimo è un ente di beneficenza indipendente fondato nel 2009 per sostenere lo sviluppo e l’utilizzo del software da parte di governi, organizzazioni umanitarie e comunità minacciate da catastrofi naturali o dolose.

Sahana è stato utilizzato già in 20 disastri su larga scala, tra cui il terremoto del Kashmir in Pakistan (2005), il terremoto Tohoku in Giappone (2011) e l’uragano Irene a New York (2011). Oggi il software è utilizzato da decine di organizzazioni umanitarie come parte della risposta al disastro e come strumento di coordinamento degli sforzi di mitigazione. Questo elenco include il Dipartimento di Emergency Management della Città di New York, la US National Library of Medicine, che lo utilizza per il progetto Persone Locator e il centro di Disaster Preparedness Asia per il progetto Disaster Risk Reduction.

Qual è il valore aggiunto che la tecnologia offre in situazioni di crisi?

Dopo un disastro bisogna affrontare non solo il trauma che colpisce i sopravvissuti e i soccorritori, ma anche le sfide di coordinamento dei gruppi di aiuto. Dopo le catastrofi di grandi dimensioni, la gestione di questi aspetti può rivelarsi travolgente e complicata. Immaginate di dover prendere una decisione che riguardi ricerca, soccorso, evacuazione e ricovero della popolazione in un territorio colpito da uno tsunami devastante. In tutti questi casi la tecnologia aiuta molto attraverso processi scalabili, efficienti e automatici che permettono di gestire grandi quantità d’informazioni e presentarle in una forma che fornisca in tempo reale consapevolezza della situazione.

Il terremoto di Haiti e i successivi grandi disastri hanno portato molte agenzie di gestione delle catastrofi a guardare oltre le tradizionali fonti d’informazioni. A Haiti è stata una vera e propria necessità: la capacità di risposta del governo, delle Nazioni Unite e delle organizzazioni umanitarie era ridotta allo stremo. Questa esperienza ha portato a un riconoscimento del valore del crowdsourcing e dei social media come fonti di informazione e ha anche dimostrato che soluzioni open source come Sahana possono rivelarsi utili durante la gestione dell’emergenza.

Le persone percepiscono il valore di questi strumenti?

Spesso lla gente vuole prendere parte alle operazioni di soccorso durante le calamità che colpiscono la propria comunità. Le nuove tecnologie permettono ai cittadini colpiti da disastri di aiutare i governi e le organizzazioni umanitarie attraverso alcuni strumenti, come ad esempio Google Person Finder o il Sahana People Locator. La città di Los Angeles sta utilizzando il software Sahana (tramite il sito Give2LA) per fornire informazioni al pubblico sulle opportunità di volontariato e donazione. Il servizio consente agli utenti registrati di ricevere aggiornamenti da parte del Dipartimento di Emergenza.

Di pari passo, Give2LA trasmette i dati raccolti tra i cittadini al centro operativo locale così da far interagire i funzionari ed il pubblico in modo efficace e senza sovraccaricare il sistema. Il sito, inoltre, è consultabile in nove lingue per servire al meglio la popolazione multietnica della città. Anche se non ancora diffuso pubblicamente, è già in cantiere l’idea di estendere il progetto all’intera contea di Los Angeles, che comprende 88 città.

Puoi citare alcuni esempi di case history?

La città di New York ha un piano di emergenza in casi di tempesta costiera che prevede di dare rifugio ad un massimo di 800mila persone in oltre 500 rifugi differenti gestiti da oltre 70mila dipendenti comunali e volontari. I ricoveri devono essere programmati per aprirsi in sequenza, e il personale deve lavorare in siti e turni differenti in base ai ruoli assegnati. Dal 2007, la Città di New York sta utilizzando il software Sahana per gestire questo processo. E il sistema è stato testato dal vivo proprio lo scorso anno in occasione dell’arrivo dell’uragano Irene.

Durante la tempesta, il New York City Office of Emergency Management ha inviato oltre 1 milione di messaggi a 130mila dipendenti comunali al fine di mobilitarne 6000 e gestire le operazioni di attivazione del piano di emergenza. Visti i risultati soddisfacenti, il sistema presto sarà esteso ad altre giurisdizioni locali grazie ai finanziamenti concessi dal governo federale.

In conclusione, come dimostra la storia di Sahana, le tecnologie per affrontare le emergenze esistono. Ognuna ha i suoi pro e contro, e si rivelano più indicate a seconda delle diverse situazioni che è necessario affrontare. Ma, a prescindere dal software, la vera difficoltà resta comunque la stessa: definire un piano strategico ed organico che coinvolga tutti gli attori interessati (governo centrale, amministrazioni locali, centri di monitoraggio ed allerta e Protezione Civile).

Questo sforzo richiederebbe una grande operazione di coordinamento che oggi ancora non c’è, o che forse dovrebbe essere migliorata. Le soluzioni, comunque, ci sono. Dovremmo investire più risorse in progetti pilota all’interno delle aree ad alto rischio sismico e fare sistema tra chi opera durante le emergenze. Senza dimenticare che anche i cittadini possono fare la loro parte, così come sta provando a dimostrare Protezione civica.

Napoli, 21 luglio 2012ANTONIO SAVARESE

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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