Sapori al fumo di Londra

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In un continuo melting pot di sapori, il cibo è stato un grande protagonista nella trasformazione di Londra e se alla fine degli anni Settanta mangiare bene era sinonimo di cucina francese, inevitabile negli anni Ottanta, che la cucina italiana sia entrata di diritto nell’uso comune dei londinesi.

Una rivoluzione del gusto non c’è stata, piuttosto una forma di conoscenza, sì, a tal punto che le tradizioni della cucina mediterranea hanno soppiantato il vecchio stilema del “fish and chips”, soprattutto se si mangia fuori casa e in una città che concentra le arti culinarie del globo in una sola strada, perché restare tra i fornelli negli angusti confini domestici?

A Londra i sapori più diversi s’incrociano, si combinano, lasciano una traccia e vengono reinterpretati, in una sorta di sinergia che si allarga, una vitalità multietnica e multiculturale che trasforma anche l’immagine e l’essenza della capitale.

Quando al grande Luciano Pavarotti, in città per un concerto, venne voglia di una vera mozzarella e dell’autentico prosciutto, fu un’impresa trovare dei latticini che non sapessero di plastica. Oggi, arrivano freschissimi sui banchi dei supermercati e i ristoranti italiani hanno raggiunto livelli altissimi di qualità, aggiudicandosi anche le ambite stelle Michelin.

Tra i “cinque” eccellenti, due sono italiani, entrambi beniamini della guida Michelin: di Giorgio Locatelli, star chef, londinese d’adozione dal 2002, il Ristorante Semplice e il suo ex, lo Zafferano, che nonostante il commiato, mantiene alti standard, conquistandosi per tre volte il premio come “Miglior ristorante italiano”, del Tio Pepe Carlton London Restaurant Award. Altri due sono ristoranti di cucina francese: Gordon Ramsey, dell’omonimo e più famoso chef della Gran Bretagna e Le Gravoche, nel cuore di Myfair, con una lunga lista di vini.

Nell’elenco dei best, s’inserisce anche il più noto ristorante giapponese, il Nobu Berkeley con la sua clientela di celebrities.

I punti di forza del gusto italiano stanno sicuramente negli ingredienti, importati da piccoli produttori rigorosamente scelti nell’ampio panorama eno-gastronomico nazionale. Pasta di Gragnano, carne di Fassone, olio extravergine da Avellino, mozzarella da Caserta per il Ristorante Semplice; la migliore selezione di sfilatini e filoni italiani per lo Zafferano, specialità toscane al top e perfettamente preparate, tartufo bianco d’Alba (a tremilacinquecento sterline il chilo!), un cocktail freschissimo come un Bellini alla pesca e il tiramisù dello Zafferano, famoso in tutta Londra con diversi tentativi d’emulazione, nessuno dei quali riuscito.

Cucina francese impeccabile per Gordon Ramsey, particolarmente nel suo Menù Prestige, con foie gras, formaggi e champagne selezionati; meno pretenziosa e più legata alla tradizione, la tavola di Le Gavroche che vanta una rinomata cantina con più di 60mila bottiglie.

I due gemelli Nobu London e Nobu Berkeley sono i ristoranti giapponesi più alla moda: sushi, eleganza, alto design e celebrities (tra gli altri, Beyonce Knowles, Liam Gallagher, Jessica Biel, Matt Damon).

Pertanto, anche nei suoi mutamenti di gusto, Londra può rappresentare l’esempio del non-luogo antropologico, come spiega Marc Augè? Vale a dire di quei luoghi e della loro inevitabile omologazione in termini figurativi, identici a Milano, come a Hong Kong. Ripetizione d’infinite strutture così simili tra loro che il destinatario troverà in qualsiasi città, il suo ristorante o il suo albergo con i medesimi standard di servizi a lui offerti.

Come la cucina, che sarà cinese, italiana, francese, tunisina, giapponese; ed è qui che l’antropologo e scrittore Marc Augè si chiede se in questa molteplicità a ripetizione non si stia distruggendo il concetto di luogo che si è configurato nelle società precedenti. Con i suoi ben distinti requisiti: d’identità, a contrassegnare l’unicità di chi ci abita; di relazione, nel senso che riconosce i rapporti reciproci tra soggetti in funzione di una comune appartenenza; di storia, perché rievoca all’individuo le proprie radici.

Sono concetti in dissolvimento perché il mondo, come lo conoscevamo, sta davvero cambiando, anche attraverso il modo d’accostarsi al piacere del cibo e alle sue (involontarie) implicazioni dialettiche.

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Scritto da luxu

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