Un ritrovamento straordinario
Nel 79 d.C., l’eruzione del Vesuvio devastò le città di Pompei ed Ercolano, seppellendo sotto strati di cenere e detriti migliaia di vite. Recentemente, gli scavi archeologici hanno portato alla luce un ritrovamento straordinario: un cranio umano contenente un materiale nero e cristallino, rivelatosi essere una porzione di cervello vetrificato. Questa scoperta, avvenuta nel 2020, ha suscitato l’interesse della comunità scientifica e ha aperto nuove strade per la comprensione dei fenomeni legati alle eruzioni vulcaniche.
Il processo di vetrificazione
La vetrificazione del cervello umano è un fenomeno raro e unico nella storia dell’archeologia. Gli scienziati hanno scoperto che gli organi possono cristallizzarsi attraverso un processo noto come transizione vetrosa, che richiede un raffreddamento rapido.
Tuttavia, la scoperta di Ercolano suggerisce che esiste anche un’altra via per raggiungere questo stato. Il cranio rinvenuto apparteneva a un uomo che, al momento dell’eruzione, si trovava all’interno di un edificio religioso, il Collegio degli Augustali, e fu colpito da flussi piroclastici estremamente caldi.
Le ricerche scientifiche
Un team di ricercatori guidato dal vulcanologo italiano Guido Giordano ha condotto un’analisi approfondita del cranio e ha spiegato il meccanismo che ha portato alla vetrificazione. Secondo lo studio, il cervello dell’uomo è stato esposto a temperature superiori ai 510 °C, seguito da un rapido abbassamento della temperatura. Questo processo ha permesso la formazione di vetro, preservando in modo eccezionale le microstrutture del cervello. Le ossa del cranio e della colonna vertebrale hanno probabilmente agito come una barriera, impedendo la completa distruzione dell’organo.
Il contesto vulcanico
L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata causata da un’attività tettonica intensa nella regione. Il vulcano si trova in una zona di subduzione, dove la placca tettonica africana si sprofonda sotto quella eurasiatica. La pressione accumulata dal magma in una camera sotterranea ha raggiunto livelli insostenibili, innescando un’eruzione catastrofica. Il pennacchio di cenere e gas ha raggiunto un’altezza di 33 chilometri, distruggendo le città di Ercolano, Pompei, Stabia e Oplontis.
Implicazioni per l’archeologia
Questa scoperta non solo offre uno sguardo unico sulla vita e la morte durante l’eruzione del Vesuvio, ma solleva anche interrogativi sul modo in cui gli organi umani possono reagire a condizioni estreme. La vetrificazione del cervello potrebbe fornire indizi preziosi per la comprensione di altri eventi catastrofici nella storia umana.
La ricerca continua a rivelare dettagli affascinanti su un passato che, sebbene lontano, continua a influenzare il nostro presente.