“Si, ma la notizia qual è?”
Ricordo spesso che, nei miei primi tempi nelle redazioni periferiche d’Italia, quando trovavo una storia da raccontare e mi entusiasmavo mi veniva sempre fatta questa fatidica domanda. E io mi mettevo a raccontare per filo e per segno possibili implicazioni, racconti collegati, puntini da unire per fare una storia che ritenevo bellissima, fino a quando non mi scontravo con la realtà.
La notizia, signori, prima di tutto.
In questi anni ce ne siamo un po’ dimenticati: si è passato tanto tempo a discutere della velocità del web, di come adattare il giornalismo alle nuove tecnologie, di come i social network avrebbero salvato i giornali. Eppure, questo non è successo: i giornali stanno male, il giornalismo sta ancora peggio e i giornalisti si rincorrono tra gossip e crisi greche, sentenze e omicidi, piantonamento davanti alle case dei killer e marò rinchiusi in terre lontane.
Eppure, in una settimana afosa di fine giugno, succede qualcosa: nella stessa settimana, delle persone a distanza di chilometri esprimono delle opinioni che, se messe insieme, sarebbero una buona summa di cosa un giornalista deve sapere se vuole fare questo mestiere adesso. Queste persone sono Jeff Jarvis, Arianna Hufington, Mark Zuckerberg e Gianni Mura. In posti e contesti diversi, hanno riassunto in poche battute in che direzione sta andando il giornalismo oggi e su cosa dovrebbero puntare editori e giornalisti se vogliono salvare il loro mestiere.
DOPO DIECI SECONDI LA GENTE SI SCOCCIA
Ci penso tanto e sorrido: è strano pensare che la cura al giornalismo moderno possa arrivare da questo ragazzo biondo e padrone del mondo. D’altronde, i tempi cambiano: a volta i nerd erano emarginati, adesso sono i padroni di un mondo sempre più in mano ad algoritmi e numeri complessi.
Mark Zuckerberg è davanti al pc per il suo tradizionale Q&A, le domande e risposte con la comunità di Facebook. Tra qualche battuta e le immancabili richieste di inserire un “dislike button”, compare la prima domanda ostica. È di Jeff Jarvis, importante giornalista statunitense che chiede quale sarà il ruolo di Facebook nel mondo delle news, anche alla luce di Instant Articles e del suo modello di business. La risposta di Zuckerberg è quello che molti editori, purtroppo, non hanno ancora capito: “uno dei problemi principali è che leggere le news ora porta via troppo tempo.
Se clicchi su una foto presente su Facebook si apre immediatamente, se clicchi su un articolo esterno ci vogliono più di dieci secondi.
Le persone non vogliono aspettare così tanto, così o abbandonano l’articolo o non lo aprono proprio”.
Così, mentre gli editori in questi anni hanno creato portali sempre più pesanti, sempre meno fruibili, sempre più carichi di orpelli che rendono difficile il caricamento della notizia e la sua lettura, il ragazzino in mezze maniche ha indicato la via (con una bella promozione al suo strumento, Instant Articles).
RICCHEZZA DEI CONTENUTI E VELOCITA’
A questo summit non poteva mancare Arianna Huffington: proprio lei, una delle voci più autorevoli quando si parla di giornalismo web, chiede al creatore di Facebook come evolverà il modo di presentare le notizie nei prossimi anni. Secondo Zuck, continuerà la lotta tra ricchezza di contenuti e velocità.
Testo e foto non bastano più, servono video, realtà aumentata, contenuti immersivi e tanto altro ancora.
Dall’altro, serve velocità nel dire in poche parole la notizia: non bisogna sostituire l’approfondimento, ma specifica che “molto probabilmente non tutti ancora l’anno pienamente compreso”.
LE NOTIZIE, SIGNORI.
In tutto questo, vi starete chiedendo, cosa c’entra Gianni Mura? Uno dei decani, in una bellissima intervista apparsa su Linkiesta, dà la sua soluzione invece alla crisi del giornalismo. Tra gossip e isola dei famosi, quello che manca sono le notizie. “Una volta gli scrittori erano gli inviati di punta, dallo sport agli eventi più importanti”.
Il problema del giornalismo è che non si occupa più della realtà, spiega, e di cosa succede intorno a noi.
“Un assessore di un paese sperduto scrive qualcosa contro la Kyenge e va in prima pagina. Da quando lo chiamiamo gossip, abbiamo sdoganato il pettegolezzo e lo mettiamo sui giornali”. E poi la crisi greca, le interviste a politici che non hanno niente da dire e chi più ne ha più ne metta: “D’altronde, se tutti i giornali lavorano allo stesso modo e perdono copie, qualche domanda i direttori dovranno pur farsela, no?”.
Ripartire dalle notizie, dunque, senza paura di commissionare un documentario di 12 pagine sulla raccolta dei pomodori in Campania. Ripartire dai lettori e da quello che vogliono leggere, dunque, così come Zuckerberg, che invece vuole rendere la lettura un’esperienza più agevole possibile, per fare in modo che le persone leggano sempre più e non abbandonino un articolo perché carica lentamente.
Un gigante analogico come Mura e un nativo digitale come Zuck che propongono la stessa ricetta: vuoi vedere che i giornali, per sconfiggere la crisi, devono ripartire dai lettori?
FRANCESCO RENDE