Seminate ortaggi nelle vostre città e cambierete il mondo

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Provate a immaginare di aggirarvi per la città come moderni Hänsel e Gretel. Ovunque vi giriate, tutto è commestibile: basta allungare una mano e prenderlo. Niente zucchero o cioccolata, ma frutta e verdura in abbondanza.

Rispetto alla favola dei fratelli Grimm c’è anche un’altra bella differenza: nessuna strega che voglia mettervi in pentola, al massimo solo qualcuno che cucina per strada e vi offre una zuppa. Per strano che sembri, un giorno potrebbe toccare anche a noi. È già successo a Todmorden, paese da quindicimila abitanti nel nord dell’Inghilterra, e da lì in altre trentatré città inglesi e in una ventina in giro per il mondo.

Le streghe buone di questa favolosa iniziativa sono le volontarie del progetto Incredible Edible che, dopo aver hackerato i paesaggi della loro cittadina piantando ogni genere di ortaggi commestibili, rigorosamente senza chiedere il permesso, si stanno espandendo.

“Viviamo in un mondo in cui presto non ci sarà da mangiare per tutti, in cui le relazioni sociali sono deteriorate e in cui si stanno perdendo le conoscenze fondamentali legate alla produzione di base del cibo”, dice Pam Warhurst, fondatrice dell’associazione e presidente di Incredible Edible, che ha presentato la sua iniziativa pochi giorni fa all’Oh!Bcn e che, all’inizio dell’anno, ne aveva anche parlato al TED di Londra.

“Abbiamo pensato di usare il cibo come linguaggio comprensibile per tutti, per avvicinare le persone alla natura, metterle in contatto tra loro e iniziare a costruire un mondo migliore”. L’idea, semplice quanto geniale, è stata quella di iniziare a seminare piante commestibili in ogni dove: aiuole e scuole, stazioni, strade, canali, persino nel carcere, nel cimitero e alla stazione di polizia.

Per riavvicinare le persone al cibo.

Il nostro motto è: “se mangi, sei con noi”, scherza Pam. E pare che abbia radunato un sacco di gente. Incredible: Edible è solo un esperimento, ma sta funzionando. Ora nelle nostre scuole si insegna orticultura, si parla del valore e del “funzionamento” delle piante alimentari e del suolo che è vivo. Una bella vittoria, in un posto in cui i bambini non sapevano riconoscere neppure una zucchina, se non la vedevano in una vaschetta di polistirolo e ricoperta di cellophane”.

Pam e gli altri volontari comunque non si sono fermati qui: hanno costruito una rete di pollai (ebbene sì) che vendono le uova in sovrappiù direttamente ai cittadini, che così possono vedere le galline e riavvicinarsi anche a loro.

Poi hanno seminato una “Pollination street” dove in primavera è possibile vedere all’opera gli insetti impollinatori. Hanno avviato iniziative di land sharing gratuito.

Si preparano a piantare anche fiori commestibili e nel frattempo sono già stati premiati con una consistente dose di “Vegetable tourism”, ovvero di visitatori che, da tutto il mondo, arrivano a Todmorden (!) per vedere come sono riusciti a trasformare una città industriale grigia e tetra in un giardino commestibile. Chiunque, cittadino o visitatore, passeggiando per le strade del paese può raccogliere quello che gli serve per un’insalata o un contorno.

È tutto lì, gratis, a portata di mano. E naturalmente si può anche dare una mano a coltivare. Dall’Inghilterra l’idea si espande rapidamente, e la settimana scorsa è approdata intanto in Spagna.

Piantare paesaggi commestibili è già un’idea affascinante di per sé. Figurarsi poi se combinata con il tentativo di costruire in una settimana un orto semovente, magari in parte di vetro, e con un’esperienza di design thinking.

È successo tutto a Barcellona e Oh!Bcn non è solo il titolo della manifestazione, ma l’esclamazione di stupore che Alessandro Rancati, designer milanese trapiantato in Catalogna dopo dieci anni trascorsi negli States, vorrebbe strappare alla città.

L’idea è quella di mescolare conferenze e incontri (quindi: teoria) alla costruzione di nuovi oggetti di design (quindi: pratica), il tutto sul tema del vetro e delle piante, con contorno di installazioni, happening sensoriali ed esercizi per risvegliare la creatività.

“L’abbiamo pensato come un laboratorio sperimentale di innovazione creativa. L’idea è raccogliere un gruppo di professionisti da tutto il mondo e non dire alle persone cosa fare, ma dargli solo un input iniziale sul quale liberamente aggregare idee diverse e costruire nuovi scenari. Insomma, mentre giochiamo, proviamo anche a riscrivere le regole del gioco. Stiamo cercando di costruire un metodo, una piattaforma di open design capace di aggregare persone diverse intorno a temi comuni in tempi ristretti, un format di laboratorio che potrà poi essere esportato in altri contesti e in altre città”.

C’è da crederci. E chissà che tra non molto, dall’Inghilterra e passando per la Spagna, i paesaggi commestibili non arrivino anche da noi. Magari ripensati in versione design.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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