Sesti Osseo: “Io startupper a Pompei senza internet come nel 79 d.C.”

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Io vivo al Sud, in Campania. La mia città è Pompei, riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità.Molti mi ritengono fortunata. Ho a due passi la costiera amalfitana e sorretina. In venti minuti raggiungo Salerno e in trenta Napoli (quando non c’è traffico). Capri è a un’ora di traghetto.

Non accendo quasi mai i riscaldamenti a casa perché in inverno è raro che si scenda al di sotto dei 10 gradi di giorno.Quindi, senza ombra di dubbio, posso essere d’accordo con chi ammettere che vivere al Sud ha i suoi lati positivi.

Ma, nonostante tutti questi vantaggi, non ho gli stessi diritti degli altri concittadini. Sì, perché io credo che avere la banda larga oggi, soprattutto se gestisci una startup ICT, sia un diritto.

Il mio quartiere, un quartiere dove vivono centinaia di famiglie, a pochi metri dall’ingresso dei famosi scavi di Pompei, non ha l’Adsl. È un quartiere residenziale. E non stiamo parlando di un paese a 4000 metri di altezza, in mezzo al mare, o del collegamento di un solitario guardiano di un faro.No. Lasciate che ve lo ripeta: si parla di un quartiere di Pompei. Dunque, come dicevano i latini, la mia è solo “mala fortuna”. Vivo solo nel quartiere sbagliato. Almeno così dicono in molti quando racconto loro il mio disagio.

Non sono valse a niente le numerose richieste via web, né tantomeno le petizioni con centinaia di firme. E nemmeno il fatto che il sindaco della città abiti qui è valso a qualcosa.

Per non parlare della campagna che abbiamo lanciato sui social: #pompeisenzadsl #comenel79dc. Niente. E dire che abbiamo anche cercato delle risposte di tipo tecnico. Risultato? Ancora oggi non so perché l’altro lato della strada abbia la rete internet veloce e io no. Neanche la Villa dei Misteri è così fitta di punti di domanda.

La mia non è una questione di principio. Ho provato soluzioni alternative. Ormai ho chiavette con tutti gli operatori mobile sparse per la casa. Ogni soluzione di questo tipo però è sempre limitante in velocità e mega. Nessuna di esse mi offre la possibilità di godere di una flat.

È per questo che nel mio caso vedo violato uno dei nostri principi costituzionali che evince la necessaria uguaglianza di partenza.

Questo non significa che nessuno deve avere più di un altro, ma che tutti devono avere le stesse possibilità di base, da cui partire per decollare.

La mia giornata tipo dunque non si può svolgere come quella di tutti i ragazzi di 26 anni o come i giovani startupper che usano la rete come strumento per il proprio lavoro.

Non posso svegliarmi la mattina e ascoltare il podcast della mia trasmissione preferita. Non posso vedere in streaming la conferenza alla quale partecipa il mio team.Non posso preparare per i miei alunni lezioni interattive con video e giochi multimediali. Non posso fare una videocall di lavoro.Non posso seguire un master online.Non posso vedere film on-demand.Non posso seguire i dibattiti politici dove verrà deciso il mio futuro.Non posso accedere alle biblioteche digitali.Non posso scaricare le foto della mia ultima vacanza, caricate dal mio fidanzato in una cartella condivisa in rete.E tanto, tanto altro.

Pensate un attimo a come procede la vostra giornata tipo. Fatto? Ora pensate a come potrebbe essere non avere a disposizione internet. Secondo me, molti di voi fanno fatica persino ad immaginare una situazione così.

Mi chiedo una cosa: quanto sarà limitata la mia formazione, la mia professionalità, il mio desiderio di sapere, il mio futuro, a causa della mancata presenza della banda larga?

A questo punto mi viene in mente l’articolo di Alessandro Longo del 12 giugno 2013 dove veniva riportato l’ammonimento fatto nei confronti dell’Italia riguardo al suo grado di arretratezza innovativa: «Non potete permettervi di essere così arretrati nel digitale, ossia in ciò che conta per il futuro dell’economia e della società. Se volete ancora restare nel G8, datevi una svegliata…», dice Ragosa. Di questo passo…

L’Italia ha conquistato dunque un bel primato. E non parlo del record della disoccupazione giovanile, come titolavano i giornali in questi giorni. Parlo della mancanza di accesso alla conoscenza. Una mancanza che aumenta disugaglianze e che farà crescere quei numeri – sì, proprio quelli che colpiscono i più giovani, come me – ancora di più se non si fa nulla.

Ma io, come tantissimi, non ci sto. Voglio abbattere quelle cifre, voglio potermi creare un lavoro e un futuro. Voglio poter dire con orgoglio che vivo in uno dei posti più belli e invidiati del mondo. Voglio condividere tutto questo in modo istantaneo. Voglio. Voglio.Anzi, vorrei.

Perché qui a Pompei, il presente è condizionale. E il futuro si fa fatica a cercarlo. Non solo su internet.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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