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Sidereus Space Dynamics, Mattia Barbarossa: “L’industria spaziale è per tutti”

Mattia Barbarossa è uno studente universitario e ha aperto la sua startup. A Think.it ha parlato degli scenari futuri della space economy italiana.

Mattia Barbarossa
Mattia Barbarossa

Con la sua Space X, il magnate statunitense Elon Musk ha rivoluzionato l’industria spaziale, aprendo de facto il settore agli investimenti privati. Da qualche anno, infatti, si sente parlare di new Space Economy: termine con cui si misura la crescita delle piccole, medie e grandi imprese nell’asset spaziale. In Italia, la new Space Economy ha un valore stimato (Sole 24ORE)in 1,9 miliardi di euro, con migliaia di addetti altamente specializzati. Nell’ecosistema di tali startup, figura Sidereus Space Dynamics, una società partenopea fondata dal giovanissimo Mattia Barbarossa, il più giovane startupper europeo nel settore. A Think abbiamo parlato con lui, CEO, CTO & Founder, della Sidereus Space Dynamics Srl sulle leve di innovazione e network necessarie per rendere l’Italia sempre più competitiva nello scenario internazionale.

sidereus razzo

Qual è la mission di Sidereus Space Dynamics?

“L’obiettivo della nostra startup è contribuire al prossimo passo planetario. Oggi ci troviamo in un periodo storico rivoluzionario per la nostra concezione di spazio. Come stiamo vedendo da tutti gli achievement fatti da Elon Musk e dall’industria privata spaziale, abbiamo compiuto passi così significativi nel settore da cominciare a ravvisare anche un ritorno economico”.

A che punto siamo nella ricerca spaziale?

“Oggi i satelliti posso fare di tutto: con le immagini satellitari si può monitorare la fertilità di un campo, misurare la distribuzione globale di petrolio oppure rilevare il traffico aereo.

Nella fase che stiamo vivendo, lo spazio sta smettendo di essere soltanto una frontiera di esplorazione per divenire un ambiente in cui l’umanità continuerà l’espansione con un salto dell’ambiente. La nostra mission è quella di contribuire a sviluppare il passo spaziale attraverso sistemi innovativi di trasporto spaziale“.

Sidereus crew

Quali progetti state sviluppando?

“Stiamo portando avanti due progetti. Siamo focalizzati nella produzione di un veicolo di lancio miniaturizzato, l’Eos Launch Vehicle. L’obiettivo è creare qualcosa di nuovo che possa impattare sulla percezione dello spazio.

Il progetto è un’eredità di Transorbit, un progetto che abbiamo completato nella fase prototipale e che aveva come obiettivo il trasporto inter-orbitale di satelliti. Cnn le risorse limitate a disposizione, abbiamo deciso di cimentarci in un’avventura nuova: più complicata, ma le cui potenzialità sono più rilevanti. Il veicolo di lancio che stiamo sviluppando è alto appena tre metri e può portare dieci chili in orbita. Oggi, grazie alla miniaturizzazione tecnologica, la stessa che ha permesso di passare da computer di stanza a computer di scrivania, puntiamo a una transizione da veicoli di lancio giganteschi a veicoli più piccoli piccoli: oggi dieci chili sono dieci satelliti”.

Qual è il portato innovativo di questo progetto?

“Sfruttando la miniaturizzazione tecnologica, si passerà a veicoli di lancio gestiti da due, tre persone, che potranno potenzialmente partire da qualsiasi zona: non si sarà costretti ad andare a Cape Canaveral per lanciare satelliti. Stiamo, inoltre, sviluppando un secondo veicolo in un taglio da cento chili di carico utile in orbita terrestre e da dieci chili di carico utile verso la Luna. Questo veicolo, alto cinque metri, potrebbe portare in orbita lunare carichi utili in vista della nuova espansione lunare che si compirà nel prossimo decennio. Stiamo cercando di cambiare il modo in cui si accede allo spazio democratizzandolo“.

Sidereus spazio

In che senso?

“La nostra idea è vendere il nostro veicolo come hardware alle università, lasciando a loro l’esperienza di fare una missione spaziale. Auspichiamo che anche un’università in Congo tanto quanto negli Usa possa avere la stessa opportunità di lanciare satelliti in orbita. Inoltre, il nostro è un approccio innovativo e sostenibile, a bassissimo budget. In questo modo, si riduce il costo di una macchina al punto che in futuro potrebbe costare quanto un volo di linea commerciale. Con un sito di lancio ‘locale’ si abbattono le spese: non più zone di lancio sofisticate, ma un campo per lanci orbitali ultraleggeri”.

Ha alle spalle una solida esperienza in realtà internazionali, come Usa e India. Nota delle differenze con l’Italia?

“Solitamente, uso questa metafora: sviluppare un progetto innovativo è come fare una maratona. Aprire una startup in Italia è come fare una maratona nel deserto: pochissime risorse e aridità, nulla a che vedere con una maratona in una giungla, colma di risorse. Però, nel deserto si ha un terreno spianato, mentre in una giungla gli ostacoli sono tanti. Questo significa che in Italia è permesso concentrare le energie unicamente alla riuscita del progetto“.

Come nelle università, dove c’è una forte propensione alla specializzazione: è un bene o un male?

La mentalità italiana può essere più avanzata rispetto a quella statunitense, per esempio. Lo sanno bene le startup: le difficoltà che s’incontrano sono così tante, che facciamo di quella pressione evolutiva che c’è nei progetti una nostra virtù: se abbiamo spazio limitato possiamo arrivare, comunque, a progetti innovativi. Oggi siamo in un’era in cui l’avanzamento tecnologico è talmente spinto e settorializzato che diventa impossibile essere esperti in superconduttori o automotive, per esempio. La virtù non sta né nell’estrema specializzazione né in una dissipazione costante: in medio stat virtus, dicevano i latini, e andrebbe insegnato”.

razzo spaziale

A marzo scorso è stato varato il Fondo innovazione e sviluppo: il pubblico sta facendo passi in avanti?

“Dal punto di vista dei finanziamenti nell’innovazione, si stanno facendo tanti passi in avanti. Il problema principale è che dobbiamo reinventarci, diventando il fulcro di qualcosa di nuovo: lo spazio, la fusione nucleare, l’intelligenza artificiale, qualsiasi cosa è importante purché ci si lanci nell’innovazione. Se, invece, ci adagiamo sugli allori di un passato che non c’è più, non andiamo da nessuna parte. Nella nostra esperienza di startupper, i privati hanno creduto nel nostro progetto e hanno sostenuto il nostro avanzamento rispetto alle forze politiche. Ora attendiamo un supporto della Regione Campania: crediamo nell’Italia e nell’Europa e vogliamo essere fiduciosi”.

Parlando di territorio, la vostra startup ha sede a Napoli. Sarebbe stato diverso scegliere Milano, per esempio?

“Sicuramente: le opportunità che offre Milano non ci sono a Napoli. Eppure, abbiamo deciso di aprire la nostra startup a Napoli perché riteniamo non esista un separazionismo: noi siamo italiani e, per di più, europei. Ogni differenziazione va ignorata e cancellata. La nostra scelta è anche dettata da motivi logistici e tecnico-scientifici: viceversa, ci sono vantaggi a Napoli. Ma non è questo importante: l’importante è che sia aperta su territorio italiano ed europeo, in generale. In fondo, siamo tutti europei e in quest’ottica dovremmo investire nella ricerca”.

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Scritto da Marco Grieco

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