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Silvia Carbotti: “JekoLab: il primo laboratorio di app per bambini”

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l mio interesse verso le tecnologie dell’istruzione è nato all’università. Dopo aver vissuto fino ai 18 anni in Puglia, mi sono trasferita a Torino dove ho frequentato Scienze dell’educazione laureandomi con una tesi sull’usabilità del web per i bambini. Mentre conseguivo un dottorato di ricerca in Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, studiando le potenzialità degli ambienti multimediali per l’apprendimento della lingua italiana da parte dei bambini stranieri, ho iniziato a lavorare come web designer.

Nel frattempo, il progetto nato per la mia tesi di laurea cominciava a crescere: La Nave di Clo, uno spazio online con contenuti originali rivolti specificatamente ai più piccoli e un ambiente sicuro in cui poter navigare. Questo portale è stato un buon terreno per immaginare, inventare, progettare, disegnare e infine creare.

Poi, nel 2010, la svolta. Vinco il World Summit Youth Award 2010 – un riconoscimento del Dipartimento di Affari Economici e Sociali e dell’Alleanza Globale per l’ICT e lo Sviluppo (GAID) delle Nazioni Unite – nella categoria Education for All proprio con La Nave di Clo e quel premio internazionale e il periodo trascorso a New York diventano tappe importantissime per il futuro. La fama del portale tra gli addetti ai lavori e alcuni riconoscimenti nazionali e internazionali sono stati anche la ragione che mi ha portato a JekoLab, primo laboratorio creativo completamente made in Italy che sviluppa applicazioni per bambini. Dopo alcuni contatti con la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino, in vista della collaborazione che di li a poco sarebbe nata con la factory, i soci di JekoLab sono venuti a conoscenza del lavoro che avevo svolto fino a quel momento e mi hanno contattata per capire se, e come, avrei potuto far parte di questo progetto.

In JekoLab, fondata ufficialmente nel 2011, trovo l’aiuto di circa venti svilupp-autori e la collaborazione della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino. Fondamentale però è la spinta che viene dalle due aziende che si sono unite in questa “impresa”: la Fargo Film e la Appymob, che da anni operano nel settore della produzione video e della comunicazione multimediale. Abbiamo unito risorse e competenze per realizzare applicazioni per bambini dopo aver rilevato le potenzialità proposte dai tablet in termini di interattività, multimedialità e creatività. Le app vengono sviluppate internamente da un team composito e le figure professionali coinvolte nel processo sono molteplici: un copy che elabora i testi e dirige la regia per lo speakeraggio (nel caso delle fiabe), più illustratori coinvolti nei diversi progetti – dalle fiabe ad altre applicazioni come i Libroblò – e un pool di sviluppatori ed esperti di grafica e interazione uomo macchina.

Annullando tutte le barriere rappresentate dagli strumenti di input quali mouse, joystick e tastiere, la tecnologia touchscreen rende la User Experience un momento ricco di stimoli, senza vincoli di destrezza che spesso rappresentano la ragione di abbandono in un videogioco o nella navigazione di un sito web. Riconoscendo questo valore al tablet, ci siamo concentrati sulla creazione di contenuti che potessero fornire un reale valore aggiunto, per tematiche, scenari, interazioni e linguaggi coerenti con il target d’età al quale si rivolgono. Per questo motivo, lavoriamo di concerto con la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino che ha svolto e svolge tuttora un lavoro di supervisione prima e certificazione poi, su alcuni applicativi.

L’iPad, per flessibilità, portabilità e convergenza offre alcuni vantaggi significativi: rispetto a un laptop o pc, introduce come modalità di interazione il touchscreen. Rispetto a uno smartphone, rende possibile l’interazione su uno schermo sufficientemente grande da consentire anche ai più piccoli, che non possiedono la stessa destrezza di un utente adulto, un’esperienza interattiva significativa. Si tratta, inoltre, di un dispositivo dal grande valore aggiunto per momenti di gioco e di apprendimento sia in classe sia a casa, in grado di offrire innumerevoli spunti a livello ludico e didattico. Il tablet, inoltre, garantisce un’esperienza diretta e immersiva e se i contenuti di cui si fruisce attraverso le applicazioni installate sono ben progettati e le azioni/interazioni da compiere sono analoghe a quanto visualizzato sullo schermo (es. un leggero scorrimento del dito verso destra o sinistra per sfogliare le pagine di un e-book), si verifica un rafforzamento dei concetti che si intende trasmettere. Ecco perché l’aspetto cruciale diventa la capacità di saper scegliere le app giuste rispetto all’età dell’utenza che le userà e rispetto agli scopi che si intendeno perseguire. Con semplici gesti come toccare, scorrere, pizzicare è possibile attivare eventi che creano una dinamica “causa-effetto” e consentono di acquisire semplici concetti oltreché coordinazione occhi-mano: con Ditamatte, per esempio, i bambini possono colorare con le dita e vivere un primo passo per l’esperienza artistica. Ne I Tre Porcellini i bambini imparano a esperire concetti come la gravità (le mele cadono dall’albero e, inclinando il device, ruotano sullo schermo). La reazione che i bambini hanno non appena utilizzano un iPad è quella di restare affascinati non solo dalle attività proposte, dalle musiche, dai suoni e dai personaggi, ma in particolare dal poter toccare la superficie dello schermo direttamente con le proprie dita e poter spostare così gli oggetti sul display.

Per noi di JekoLab è fondamentale legare l’intrattenimento alla dimensione educativa. Non è un caso che oggi, e sempre di più, si parli di edutainment. Le app, infatti, consentono un rapporto multisensoriale con i contenuti, basato sulla costruzione personale di conoscenza e sull’imparare giocando. Questo non vuol dire che lo scopo ultimo debba essere sempre necessariamente educativo; a volte è bene proporre attività che consentano anche il gioco puro. Eppure la natura interattiva e collaborativa dei tablet e degli smartphone, unita alla molteplicità di codici comunicativi delle app, fa sì che questa esperienza risulti al contempo divertente e in grado di produrre conoscenza. Non a caso le nostre fiabe I Tre Porcellini, Raperonzolo e Biancaneve e i Sette Nani stimolano i bambini a interagire non solo con i personaggi ma anche con il contesto, i colori e i suoni, permettendo di creare un rapporto/relazione non tanto con la tecnologia ma principalmente con la realtà con cui si stanno relazionando.

Sono trascorsi due anni da quando ho iniziato a lavorare al progetto JekoLab. Due anni in cui ho messo in campo tutte le risorse a mia disposizione, ho studiato ancora di più, ho avuto sempre più curiosità di capire e ho imparato tantissimo da tutto il gruppo di lavoro.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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