Social Media Marketing, 7 trend che hanno segnato il 2014

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Con la fine dell’anno è naturale ritrovarsi a riflettere, provando a fermare il flusso degli avvenimenti che ci hanno travolti. Questa volta lo vorrei fare insieme a voi, usando questo post come spunto per stimolare una discussione grazie ai vostri commenti. Com’è stato il 2014 per chi si occupa di (social media) marketing?

Anzitutto va detto che non ci sono state novità dirompenti. Facebook è ancora tra noi vivo e vegeto, nonostante il clamore dei mass media attorno ai presunti nuovi sfidanti Diaspora ed Ello. Anzi proprio Zuckerberg è stato il protagonista delle acquisizioni più importanti dell’anno. Quella di WhatsApp per 16 miliardi di dollari e quella di Oculus VR per 2 miliardi.

Mark Zuckerberg. Fonte: Ibtimes.co.uk

Per i marketer è stato più che altro un anno nel quale si sono andati consolidando fenomeni che sembravano volatili.

Ecco quelli, a mio avviso, più importanti.

1. Visual Web

Storicamente le relazioni abilitate dai social network si sono sviluppate attorno alla parola scritta. Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito all’interesse crescente verso un nuovo oggetto sociale, l’immagine. Lo dimostra l’attenzione verso Tumblr e Pinterest, ancora preminentemente negli USA, ma soprattutto il successo di Instagram, che con i suoi 300 milioni di utenti attivi al mese ha superato anche Twitter. Questo trend impone ai marketer di pensare a come catturare l’interesse attraverso le immagini e nei luoghi in cui esse vengono scambiate.

2. Instant Messaging

Accanto alla passione per il visual web si è consolidata quella per la messaggistica istantanea. WhatsApp ha superato i 600 milioni di utenti, mentre Facebook Messenger i 500 milioni, seguito a ruota dal cinese WeChat.

In USA è cresciuta l’attenzione anche verso Snapchat, che mette al centro delle conversazioni le immagini e le rende effimere (scompaiono dopo un certo numero di secondi che il mittente ha deciso). Si tratta di ambienti sociali privati, ma molto attraenti per le aziende perché frequentati soprattutto da un pubblico sfuggente come quello dei teenager. Al momento alcuni marketer usano WhatsApp come chat di servizio clienti. Per insinuarsi in Facebook Messenger le aziende regalano gli “adesivi” che riproducono personaggi legati a film o prodotti. Mentre WeChat sta diventando una vera piattaforma di e-commerce per la vendita di applicazioni, giochi o prodotti reali.

3. Content Marketing

Per un brand riuscire a farsi notare nel fluire in tempo reale dei contenuti prodotti dagli utenti è sempre più complicato.

Finalmente le aziende hanno capito che non basta avere milioni di fan per essere notati, ma serve produrre valore per essi. Questo valore passa per la capacità di riuscire a creare contenuti di qualità, distribuiti alle fette di pubblico che ne hanno bisogno. Contenuti d’intrattenimento e/o informativi in vari formati: video, infografiche, gif animate, white paper, guide (come quelle di Airbnb). Il content marketing oggi viene inteso non come meramente tattico, ma come strategico. Un pensare ai contenuti costantemente, non solo in occasione di campagne importanti;

4. Real Time Marketing

Un’adeguata strategia di content marketing non può non tener conto del tempo reale. La nuova capacità che i marketer dovranno acquisire è quella di cogliere discussioni nascenti, prima dei competitor, e inserirsi nel discorso con contenuti utili e coinvolgenti. Oggi si può fare, dotandosi di strumenti di news discovery in real time e rendendo meno ingessati i flussi di lavoro al fine di snellire i tempi di approvazione tra agenzia e azienda. Quest’anno il Real Time Marketing (qui una presentazione) si è visto all’opera negli eventi più importanti, dai mondiali alla notte degli Oscar.

5. Social Advertising

La produzione di contenuti di valore e la distribuzione tempestiva potrebbero non bastare più ad ottenere la visibilità desiderata. Per bypassare algoritmi che scelgono i messaggi da mostrare agli utenti (non solo su Facebook, ma anche su Twitter) quest’anno i social media manager dovrebbero aver capito che devono imparare nuove regole: quelle molto peculiari del social advertising. Si tratta di rimanere aggiornati sui tantissimi formati disponibili per ciascuna delle piattaforme nelle quali si è presenti, ma anche di imparare ad usare i tool per l’acquisto della pubblicità. Le aziende più piccole continueranno ad usare gli strumenti nativi messi a disposizione dagli stessi social network (come il Power Editor di Facebook). Quelle più grandi dovranno rivolgersi a piattaforme più evolute in grado di ottimizzare gli investimenti pubblicitari (come ADTZ che conosco bene perché partner dell’azienda per la quale lavoro).

6. Social CRM

I social network non sono mai stati solo una vetrina, ma nell’ultimo anno sempre più brand lo hanno compreso a proprie spese. Sono cresciuti i flussi di domande e richieste che le persone lasciano sulle pagine Facebook e gli account Twitter. Di conseguenza le aziende stanno strutturandosi per rispondere a tutti nel minor tempo possibile. Serve ripensare i flussi di lavoro tra i team di comunicazione, prodotto e caring tradizionale, con il supporto di strumenti di lavoro adeguati. Tool di Social CRM che permettano di acquisire le domande, analizzarle semanticamente e indirizzarle all’operatore in grado di rispondere velocemente. Ma anche strumenti che permettano di raccogliere quante più informazioni possibile sulla persona con la quale si entra in contatto e di raccordarle con quelle già presenti nei sistemi aziendali. Se volete approfondire vi consiglio il report “Lo stato del social caring in Italia“.

7. Social Commerce

Forse i social network non saranno mai dei luoghi nei quali concludere un acquisto, ma sono già un promettente punto d’ingresso. Secondo stime di Booz & Company una quota variabile dal 5% al 20% delle vendite di circa il 60% delle aziende statunitensi che sono sui social media può dirsi social commerce. Qualcosa come 20 miliardi di vendite. Le vetrine più scintillanti sono quelle di Pinterest, Etsy, Fancy e Polyvore. Ma anche Facebook, Twitter e Tumblr stanno per entrare con forza in questa partita (ad esempio con l’implementazione del pulsante “Compra” o di altre call to action). In Italia quest’anno ho visto molti darsi da fare per costruire il proprio store, ma ancora pochi investimenti per farlo conoscere.

Questi sono i fenomeni che ho notato dal mio piccolo osservatorio, ma sono sicuro che riuscirete a completare il quadro con le vostre osservazioni. Le aspetto nei commenti.

VINCENZO COSENZA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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