L’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19 ha catalizzato l’attenzione degli investors nell’healthcare. Pioniera del settore è Sofinnova Partners, società di investimenti in Life Sciences come biotecnologie e sanità. Attiva in Italia da circa 20 anni, Sofinnova Partners punta ad investimenti in startup italiane impegnate nella ricerca farmaceutica e biotecnologica anche attraverso il Fondo Sofinnova Telethon. Ne abbiamo parlato con Graziano Seghezzi, managing partner della società di venture capital francese.
Qual è la visione di Sofinnova Partners?
“Sofinnova Partners è una società di venture capital leader in Europa attiva nei settori della Life Science, della sanità e delle biotecnologie industriali. Con oltre 2 miliardi di euro di capitale in gestione e quasi 50 anni di esperienza dal 1972, siamo stati in grado di costruire nel tempo una società solida e innovativa dedicata ad investire nella ricerca, coltivando e sviluppando quotidianamente tecnologie rivoluzionarie in grado di migliorare non solo la qualità della vita delle persone, ma anche quella dell’ambiente.
I nostri investimenti sono diretti verso le start-up innovative, guidate da imprenditori visionari e lungimiranti, e le aziende che si trovano in una fase successiva di crossover, che stanno dunque avanzando negli ambiti della scienza e delle terapie più all’avanguardia e che possiedono il potenziale per diventare leader globali”.
In che modo è evoluto il vostro modello di business?
“Una profonda conoscenza del mercato ci ha portato negli ultimi anni ad una evoluzione del nostro modello di business, passando da un venture business classico, basato dunque su un’unica strategia e su un unico modello di investimento, a una piattaforma che ci permette di gestire molteplici strategie di investimento contemporaneamente.
In parole semplici, significa che abbiamo diversi veicoli con team dedicati e strategie ad hoc pensate per coprire l’intera gamma di opportunità nel settore della Life Science, quindi non solo nell’ambito della sanità ma anche in settori quali, ad esempio, la biotecnologia industriale. A titolo esemplificativo Sofinnova Industrial Biotech Fund vanta una strategia molto specifica che cerca di utilizzare le tecnologie e le competenze sviluppate in ambito farmaceutico e sanitario, applicandole a situazioni industriali. Tra i più recenti il Fondo Sofinnova Telethon, il cui team opera da Milano, dedicato a progetti italiani e focalizzato alla ricerca in ambito malattie rare e genetiche”.
In che modo Soffinova si distingue dagli altri player?
“Ciò che ci differenzia e contraddistingue dai nostri comparables è la capacità di cogliere le migliori opportunità del mercato, investendo nelle diverse fasi delle aziende attive nel settore della Life Science”.
Sofinnova è attiva in Italia da oltre vent’anni ed è specializzata nel settore delle biotecnologie: in cosa consiste il Fondo Sofinnova Telethon?
“Il Fondo Sofinnova Telethon, lanciato nel 2018, è il più grande fondo di sempre dedicato al biotech italiano. Incentrato nella ricerca delle malattie rare e genetiche, si pone come obiettivo quello di costruire un polo di società biotech italiane, investendo in 15-20 startup nei prossimi quattro anni. Ad aprile abbiamo annunciato la chiusura della raccolta di 108 milioni di euro. Un risultato che ha superato l’obiettivo iniziale di 75-100 milioni e lo ha reso il più grande fondo emergente da ITATech, joint venture tra il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) e la Cassa Depositi e Prestiti italiana (CdP). Il team, che attualmente opera a Milano, è guidato da Lucia Faccio e Paola Pozzi, stimate professioniste nel campo del trasferimento tecnologico, nonché partner di Sofinnova Partners. Nella stessa sede anche BiovelocITA, il primo acceleratore biotecnologico in Italia co-fondato nel 2015 da Sofinnova Partners con gli imprenditori Silvano Spinelli e Gabriella Comboni”.
Quali risultati avete finora ottenuto?
“Insieme alla Fondazione Telethon, che rappresenta per noi non solo un partner eccezionale, ma soprattutto un punto di riferimento per lo studio delle malattie rare da ben trent’anni, abbiamo svolto un lavoro notevole in questi mesi, selezionando e analizzando circa 60 progetti. Si tratta di un numero considerevole, comprensivo anche di una fase di preselezione realizzata da Telethon che ci consente di focalizzarci sui progetti più validi. A testimonianza del nostro costante impegno, nei primi quattro mesi del 2020 abbiamo realizzato operazioni, per un totale di 25 milioni, identificando eccezionali opportunità di investimento in startup italiane dal forte spirito innovativo che lavorano su terapia genica e rare malattie dermatologiche: Pincell, Epsilen Bio e Genespire”.
Come individuate i progetti su cui investire?
“Innanzitutto, è fondamentale evidenziare che il processo di selezione è uguale per tutti i fondi di Sofinnova che si focalizzano su progetti che presentano tutte le caratteristiche di partenza necessarie per diventare società leader globali nel settore di riferimento, indipendentemente dal Paese di origine. Il Fondo Sofinnova Telethon quindi non è un’eccezione da questo punto di vista. Leggermente diverso, invece l’approccio alla generazione del deal flow, poiché parte di questo lavoro viene svolto dalla Fondazione Telethon. La scelta dei progetti, invece, è nelle mani di Sofinnova. Questa è una fase particolarmente delicata, specialmente in Italia. Basti pensare che mediamente occorrono 6 mesi per riuscire a completare il processo di analisi e lavorare con i fondatori per costruire il team manageriale più adatto alla realizzazione del progetto. A tal proposito, con riferimento al Fondo Sofinnova Telethon, i progetti finanziati sono selezionati tra quelli presentati da Fondazione Telethon, forte della solida esperienza riconosciuta a livello internazionale e di un’équipe di ricercatori straordinari, mentre il compito di Sofinnova è quello di valutarne la sostenibilità. I progetti valutati positivamente dal Fondo vengono finanziati in modo da favorire lo sviluppo di aziende con ambizioni globali nel loro settore. Dedichiamo mesi a questa fase, che è cruciale, perché crediamo sia corretto realizzare concretamente un investimento solo quando riteniamo che esso sia di valore per i nostri investitori. Ed è questa convinzione che ha guidato in oltre 45 anni di attività il nostro lavoro su oltre 500 aziende”.
La vostra storia, infatti, è lunga quasi 50 anni: esempi di successo?
“Le operazioni di Enthera e Corvidia sono esemplari per illustrare il successo del nostro modello di business e i valori che ci guidano nelle scelte di investimento. In entrambi i casi i fattori determinanti sono stati l’elemento rivoluzionario della ricerca e il valore delle persone”.
Può illustrare l’operazione Enthera?
“L’ultima storia di successo riguarda un’operazione unica in Italia per dimensioni e spirito avanguardistico. Mi riferisco alla raccolta fondi di serie A completata a luglio da Enthera Pharmaceuticals per un valore di 28 milioni di euro. Enthera è un’azienda biotech che sviluppa farmaci di ultima generazione per la cura di malattie autoimmuni, ed è anche il primo spin-off di BiovelocITA. Sofinnova Partners ha guidato la raccolta insieme ad AbbVie Ventures: si tratta della più grande raccolta fondi di serie A destinati al biotech supportata da un Venture Capital mai realizzata in Italia e le risorse saranno utilizzate per sviluppare un nuovo farmaco per la cura del diabete di tipo 1 e delle malattie infiammatorie dell’intestino. Enthera è stata costituita e finanziata nel 2016 da BiovelocITA,. Il progetto di ricerca nasce dal laboratorio del professor Paolo Fiorina presso l’ospedale San Raffaele e si basa su fondamentali poco considerati in precedenza che regolano l’apoptosi cellulare e la rigenerazione cellulare. Inizialmente, l’entusiasmo e la grande serietà che contraddistinguono il progetto sono dovuti in gran parte al contributo del prof. Fiorina, uno dei massimi esperti di diabete al mondo, che attualmente opera tra Harvard e UNIMI. Più recentemente, abbiamo aggiunto al team Giovanni Amabile, che oggi conduce l’azienda. Rientrato dall’estero (Svizzera) espressamente per guidare il progetto Enthera, il dott. Amabile è un manager con chiara esperienza internazionale nel settore. La sua attività è stata fondamentale per la strutturazione della raccolta di fondi di Serie A”.
E l’operazione Corvidia?
“Lo scorso giugno, abbiamo annunciato la vendita di Corvidia Therapeutics, a Novo Nordisk per 2,1 miliardi di dollari, compreso un pagamento anticipato di 725 milioni di dollari. Corvidia, spin-off di AstraZeneca, è una società in fase clinica focalizzata sulla ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di terapie trasformative per le malattie cardio-renali. Sofinnova Partners è stato l’unico investitore finanziario “seed” di Corvidia nel 2015 ed è rimasto il maggiore azionista durante tutta l’evoluzione della società. La cessione di Corvidia non rappresenta solo un nuovo traguardo per Sofinnova, ma anche il più grande M&A privato del 2020 (fonte: SVB Healthcare Report). Tra i fattori di successo di questa operazione, il ruolo centrale di Sofinnova Partners nella costruzione di questa società fin dal principio non solo attraverso l’iniezione di capitale ma anche attraverso la sua vasta rete di conoscenze internazionali che le hanno permesso di individuare le figure chiave dell’azienda tra cui il CEO, Marc de Garidel ed la Presidente Sylvie Gregoire”.
Quali sono, invece, esempi di insuccesso?
“Parlando, invece, di insuccessi, riteniamo il termine fuorviante, in quanto all’interno del nostro settore nessuna operazione deve essere ritenuta tale. La nostra attività, infatti, consiste nell’operare in un ambito totalmente innovativo e, di conseguenza, imprevedibile, ma non per questo non meritevole di essere esplorato e conosciuto. Se tenessimo in considerazione unicamente i progetti più sicuri tralasciando il nostro spirito avanguardistico non avremmo l’occasione di portare una reale innovazione sul mercato. Il coraggio e la ricerca costante di soluzioni sempre nuove siano il principale segno distintivo e la garanzia della serietà di Sofinnova. Fatta questa premessa se volessimo individuare all’interno della nostra storia pluridecennale un esempio di insuccesso potremmo parlare dei seed pool, ovvero investimenti early stage ad altissimo rischio nei quali investiamo capitali limitati mirati a ridurre il rischio tecnologico, prima di procedere con investimenti più ingenti. Abbiamo rilevato, infatti, che alcune criticità derivavano dal fatto che investivamo capitali in egual misura sia in aziende meritevoli che non, e ciò a lungo andare avrebbe danneggiato i nostri ritorni. Come conseguenza, al fine di ridurre i rischi, abbiamo ideato, 15 anni fa, tipologie di investimenti pilota (seed investments) progettati per ridurre i rischi associati alla fase iniziale di ricerca. In questo modo, abbiamo aumentato la soglia di rischio e abbiamo accettato l’idea che da quella situazione sarebbero scaturiti un certo numero di fallimenti. Per questo, abbiamo anche creato un sistema di reporting differente.
Abbiamo anche compreso che è importante non innamorarsi dei progetti, perché potremmo giudicare alcune situazioni in modo errato. Decidere di mantenere l’investimento sulla base di dati concreti e tangibili, è stato per noi un passo fondamentale”.