Stampa 3D e protesi: il confine tra uomo e cyborg si assottiglia

Stampa 3D e protesi, siamo solo all’alba di una moderna tecnica di medicina non invasiva e rigenerativa.

stampa 3d protesi
stampa 3d protesi

Chiamarle stampanti è riduttivo. Anche i macchinari delle fabbriche stampano: pasta, bottiglie, utensili, soldi e componenti per lampade, elettrodomestici, mobili, giocattoli. Ma una sola stampante 3D, impostando diversamente gli ugelli e cambiando materiali, può fare in teoria tutto questo e molto di più. Le attuali apparecchiature industriali – pesanti, lente, costose e inquinanti – hanno ingranaggi e terminali forgiati per una specifica linea di prodotto, non sono riadattabili all’istante in un altro. Più che stampare i dispositivi 3D “clonano” gli oggetti reali: basta cambiare l’esemplare scannerizzato di ciò che si vuole replicare e sfogare la fantasia. Già si realizzano così pistole e fucili, torte e hamburger vegani.

In Giappone c’è addirittura un’azienda, Fasotec, che dalla risonanza magnetica riproduce una bambola in plastica del feto, per quegli eccentrici che desiderano provare la sensazione di stringerlo in braccia prima che nasca.

Eccessi a parte, è proprio nell’ambito sanitario che la stampa 3D trova una delle sue applicazioni più utili e opportune, in particolare nella chirurgia ricostruttiva.
A cominciare dal senso più importante, la vista. Nel 2018 l’Università del Minnesota ha presentato il primo prototipo di occhio bionico stampato in 3D: l’anno scorso quello dell’azienda francese Pixium Vision ha ridato parzialmente la vista a 6 pazienti ciechi per una grave forma di maculopatia: un dispositivo estremamente elaborato, simile all’americano, costituito da una serie di terminali su una superficie emisferica.

Stampa 3D e protesi, una moderna tecnica di medicina

stampante 3d

Sempre nel 2018 all’ospedale San Raffaele di Milano è stato effettuato il primo trapianto in Italia di una retina artificiale. La ricerca sulla protesi retinica, più che sul bulbo oculare, è la svolta per progettare un occhio che performi meglio di quello umano. La Hong Kong University of Science ne ha appena creata una ultra elaborata, formata da ossido di alluminio e celle minerali che reagiscono alla luce come i nostri fotorecettori: un mini computer, con fili di metalli liquidi e gomme morbide al posto dei nervi che collegano gli occhi al cervello. “Chiunque perde una parte di sé desidera sostituirla” disse Rob ‘Eyeborg’ Spence, quando lo incontrai nel 2011 alla Fnac: ne è passato di tempo da quando il regista canadese, primo al mondo, s’inserì una telecamera al posto dell’occhio perso da bambino in un incidente.

I cyborg non sono più fantascienza. Sono tra noi, metà uomini metà macchina. Non ci accontentiamo più di un recupero parziale, vogliamo avere i superpoteri degli eroi Marvel. L’evoluzione riguarda anche l’udito.

Gli studiosi di Princeton furono tra i primi nel 2013 a stampare un orecchio in 3D con delle cellule bovine, in grado di captare suoni oltre le onde percepibili dagli umani. Usate in coppia, le orecchie bioniche permettevano addirittura di ascoltare la radio in stereo, grazie a un’antenna d’argento piazzata nell’apparecchio. Nessuno però ha ancora trovato il coraggio di impiantarsele. Al di là delle stramberie, l’additive manufacturing rappresenta seriamente il trampolino di lancio tecnologico di una nuova scienza ricostruttiva, non solo all’estero: nel 2019 al Meyer di Firenze hanno interamente ricostruito in 3D il padiglione auricolare di un 13enne affetto da microtia, usando la cartilagine del costato.

stampa 3d

Il settore più rilevante, come giro d’affari, è l’ortopedia, regno delle protesi. La precisione millimetrica della tecnologia 3D braccia, gambe e parti di esse – gomiti, ginocchia, dita – diventano repliche esatte o migliori delle originali. È ancora difficile ridonare il senso del tatto attraverso mani e piedi finti, riconnettendo le terminazioni nervose, ma il 3D permette oggi di stampare non solo arti esterni ma organi interni: non solo cioè la struttura ossea dura ma muscoli, tendini e mucose che le cellule non riescono a riparare da sole. Un utilizzo innovativo per generare tessuti umani in laboratorio, il 3D bioprinting, promette di rivoluzionare le frontiere del trapianto. Università di Padova e Istituto veneto di Medicina molecolare hanno comunicato il mese scorso d’aver ideato un gel fotosensibile iniettabile nei tessuti, senza danneggiarli, e solidificabile una volta in corpo grazie ai raggi infrarossi. Un po’ come le otturazioni dentali.

Oftalmologia, otorinolaringoiatra, ortopedia. Come pure cardiologia e odontoiatria, per progettare e costruire bypass, ventricoli, ponti, corone. Tutti i reparti sperimentano su due aspetti clinici complementari: la “forma”, ovvero la perfetta anatomia che la biostampa è capace di elaborare, realizzando filamenti fibrosi e membrane microscopiche; e la “sostanza” da inserire nelle penne, il compost antirigetto il più possibile ricavato dalle fibre biologiche del paziente. Certo sono interventi impegnativi e costosi: oltre le spese di ricovero, il prezzo di presidi stampati in 3D varia molto in base a qualità e sofisticatezza dei modelli: uno personalizzato e accessoriato può costare all’utente finale da 3-4 mila euro fino a diverse decine. Eppure la velocità e la quantità garantite dagli strumenti 3D dovrebbero ridurre i costi di produzione, o almeno compensare gli investimenti nella ricerca e l’onorario degli specialisti. Ma siamo solo all’alba di una moderna tecnica di medicina non invasiva e rigenerativa.

stampa 3d e protesi

Un mercato in fermento non potrà che avvantaggiarsi dall’additive manufacturing. Contando che è adoperata anche per stampare pasticche, inserendo la miscela di medicinale nel beccuccio, l’industria sanitaria copre da sola oltre il 15% del fatturato mondiale della stampa 3D indicato dall’ultimo rapporto SmarTech. La flessibilità degli usi rende arduo il calcolo di un business trasversale e incrociato a quello dei comparti tradizionali, cui fa da supporto. Complicato, insomma, distinguere quanto è dato dal suo apporto e stimare gli ulteriori sviluppi se pensiamo che, all’interno dell’industria 4.0, la stampa 3D è per lo più usata ancora nella prototipazione. Certo l’ambito va disciplinato, affinché i “pezzi di ricambio” aiutino individui che hanno subito menomazioni fisiche e sensoriali, e non divertano persone sane che giocano ai mutanti con accessori intercambiabili. Un conto è una protesi necessaria per migliorare l’autosufficienza e la qualità della vita di un disabile, altro un innesto che sostituisce un organo funzionante. Per fortuna la “augmentation” è limitata al momento a seni e capelli, non senza controindicazioni.

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Scritto da Giuseppe Gaetano

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