Dopo aver visto i motivi per cui investire in startup, quanto allocare e come scegliere le società su cui investire, oggi cerchiamo di capire quali sono i metodi migliori per generare “deal–flow” e riuscire ad entrare nelle startup più in voga.
L’accesso ai deal è uno dei criteri che maggiormente contribuisce al ritorno finanziario di un’attività di investimento. Non a caso, tutti i maggiori fondi di Venture Capital, nei propri pitch, si vantano di possedere quello che loro definiscono “deal–flow proprietario“, ovvero l’accesso a startup ed imprenditori di altissima qualità non accessibili da fondi ed angels di “secondo livello”.
E per gli angels, vale la stessa regola.
Molto spesso, infatti, i migliori angel sono solamente quelli maggiormente connessi e non obbligatoriamente i migliori “investitori”.
I canali da cui si ricevono deals solitamente sono:
- “Cold emails”
- Network di conoscenze
- Eventi (Demo Days, Pitches, etc.)
- AngelList
Già leggendo questa breve lista, potete immaginare da dove il 100% dei deals di qualità possa provenire: il proprio network di conoscenze.
Il canale delle email “a freddo” è sicuramente quello con la conversione minore, e gli angel spesso le ignorano a prescindere, mentre il canale degli eventi ogni tanto riesce a proporre qualche startup interessante, rendendo la partecipazione a demo days, panels, etc. quasi sempre consigliata.
Negli ultimi anni abbiamo poi assistito alla rapidissima ascesa di AngelList che è ormai diventato il punto di riferimento principale per gran parte degli investitori in Silicon Valley. Non tutti i deals vengono chiusi su AngelList ma, a meno che una startup abbia come co-founder Zuckerberg o simili, il profilo su AngelList è diventato obbligatorio per riuscire a raccogliere investimenti.
Oltre quindi a tenere sotto controllo AngelList ogni settimana, la cosa più importante da fare è sicuramente quella di coltivare il proprio network; cercare di conoscere più gente possibile, soprattutto esperti nei settori nei quali si vuole investire.
Personalmente, cerco di contattare tutti gli imprenditori, investitori, giornalisti, sviluppatori etc. che si muovono nei settori di mio interesse, in modo da essere sempre aggiornato su quali sono i prossimi trend, chi sta per lanciare una startup, come stanno andando specifiche società, e più in generale allargare esponenzialmente il network di possibili contatti di secondo e terzo grado.
Riuscire a conoscere quali siano i deal più hot, però, non garantisce che la startup sia disposta ad accettare i nostri soldi. I migliori imprenditori, infatti, a differenza dei “B-players”, limitano l’accesso ai round solamente a “smart money”, ovvero ad investitori che possano aggiungere un vero valore alla loro società.
La percezione del valore aggiunto di un investitore può essere puramente di curriculum (un ex startupper che ha venduto una startup a Google per $100 milioni è per definizione “smart”) oppure di reputazione. Chi non ha credenziali particolarmente sensazionali, deve dimostrare di portare valore aggiunto, impegnandosi in prima persona ad aiutare imprenditori ed investitori, facendo introduzioni, dando consigli su prodotti, trovando la giusta persona da aggiungere al team e via dicendo. Prima di investire.
Il mondo dell’angel investing è pura meritocrazia capitalistica. Non contano raccomandazioni, amicizie o intrighi vari. Le “introduzioni” ed i “referrals” infatti sono spesso un favore all’investitore, e non all’imprenditore, e vengono fatte giocandosi la faccia. Chi vale lo deve dimostrare sul campo, aiutando e donando il proprio tempo, costruendosi il proprio network e costruendosi la propria reputazione.
Ovviamente poi, un po’ di sana fortuna, non guasta mai.
STEFANO BERNARDI