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Storia tormentata di un anarchico dell’innovazione

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No, di studiare proprio non aveva voglia. Ma proprio zero. E’ riuscito a farsi bocciare due volte anche in terza media (roba da fuoriclasse anche per gli asini benestanti, come lui stesso si definisce). Ma girare si, ah si, quello si che gli piaceva e non ha mai smesso di farlo. Dal natale del ’59 fino ad oggi. Fossero piazze, giardini, nazioni o business, poco importava. Basta che sia divertente, scalabile e sfidante e lui ci sta. E i genitori, permissivi come pochi (io sarei stato legnato allo sfinimento), accondiscendono alle sue manie, sostenendo spese e permettendogli tutto (anche partecipare come pilota ai campionati sardi di motocross e regolarità). Oggi vi racconto le travagliate vicende di Massimo Planta, una persona come tante che, dalla Sardegna alla Sardegna, è passata per old e new, per arrivare alla real economy.

Quella degli orti condivisi. Quelli di Fattoria Giulia.

Abbandonati definitivamente gli studi dopo un non convinto e tardivo tentativo in ragioneria, finisce in Olanda a lavorare in una fabbrica di bottiglie di vetro. Dura meno di due mesi perché i suoi genitori alla fine (e non senza fatica) riescono a farlo rientrare. Giusto il tempo che gli serve per preparare il suo primo viaggio in Africa. Con 4 sciamannati prendono il traghetto da Cagliari a Tunisi, passando per il Marocco, Gibilterra, Spagna e Francia. Anche se sono benestanti e con un Audi non gli sfugge quella penetrante sensazione che la Sardegna sia semplicemente il paese più nord dell’Africa. E che l’Italia sia lontana. Ha solo 16 anni e delle compagnie più sconsiderate di lui.

Ma questa, a differenza delle atre che verranno, è solo una vacanza.

Poi perde altro tempo. Si, caro Massimo, perché questo è solo tempo perso. Il fatto che la tua storia sia vincente, non mi autorizza a dire che tutto quel che hai fatto e vissuto sia prescrivibile agli altri, specie ai ragazzi. La storia e la vita sono le tue e come tutte da rispettare e comprendere. Ma no. Non lo consigliamo ai ragazzi, almeno non questo. Arriva il tempo di andare a fare il militare (obbligatorio all’ epoca). Non ha scuse. Leva a Cosenza e via.

E’ il ’79, finito di servire la Patria. Con altri quattro amici decidono di andare a lavorare in Venezuela. Il biglietto aveva il rientro a 90 giorni, ma il destino e la voglia di esplorare erano più forte di lui.

Per cui, dopo pochi giorni, inizia il film: conoscono un ragazzo colombiano che gli parla dei meravigliosi smeraldi del suo paese. Da Caracas prendono la costiera che li porta al nord. Entrano in Colombia da una delle vie da sempre frequentate da pirati e trafficanti. Conoscono luoghi che normalmente si leggono nei libri di avventura (e fantasia .. ma la realtà come sappiamo spesso la supera). Ma la Colombia non è il suo destino, solo una tappa con zaino in spalla. Poi quasi tutta l’ America latina, gli States, nuovamente Africa e Europa. Dovevano essere 90 giorni. Invece in quasi 4 anni ha provato a conoscere se stesso ed il mondo. E’ proprio un bel lusso, caro Massimo, roba per pochi anche in quegli anni. Ma la vita, si sa presenta sempre il conto.

Rientra a Cagliari. Siamo nell’83. La famiglia, che tutto ha permesso, è al collasso. Erano benestanti. Padre da rappresentante (illuminato e dinamico, un tempo i regional innovation enabler erano proprio gli Enesarco, seri e preparati che sapevano fare il loro mestiere), a imprenditore. Nel ’75 con la moglie apre una fabbrica di imballaggi flessibili. Sono i primi in Sardegna a offrire ai negozianti la possibilità di stampare il loro loghi e pubblicità nella carta di imballaggio e nei sacchetti per il pane. Tutto questo, quando Massimo torna, non c’è più. Troppe le energie disperse a cercare di recuperare un figlio indomabile e troppo propenso a provare tutto quello che i mondi sconosciuti offrono. La situazione è tragica, da disperazione. La fabbrica chiusa, i depositi quasi vuoti, Il capannone in vendita. Morale a pezzi.

Ed il nostro giovane Massimo che fa? E’ il crack. Quello vero, non artificiale. Non sa da che parte iniziare ma per la prima volta inizia da quella giusta. Si mette subito a lavorare. Si è reso conto d’aver goduto abbastanza della vita e della fortuna, che non aveva costruito. Si fidanza con una milanese conosciuta anni prima in quel di Cuzco nelle Ande del Perù. Prendono coraggio e iniziano l’ avventura: rimontano i macchinari in un piccolo seminterrato e Massimo, per la prima volta, prende un campionario e va a vendere. Tutto quello iniziato in quei giorni (anche se con trasformazioni ed andamenti altalenanti) esiste ancora oggi. Tutti i giorni, tanti sardi, comprano prodotti imballati coi macchinari arrivati in Sardegna nel 1975 e rimontati da Massimo nell’84.

Esce di scena la milanese ed il richiamo del Brasile aumenta, Salvador de Bahia. Siamo nel ’94. Apre la prima filiale all’estero dell’agenzia matrimoniale “È Amore” che in Italia vantava oltre 50 agenzie in franchising. Il mercato è incredulo. Lui informa i clienti che è più difficile conoscere un partner attraverso la sua agenzia che non ottenere un prestito in banca. Ma la serietà e rigidità dei protocolli di iscrizione all’agenzia ne fanno successo. Insieme all’immensa carica umana ed energetica di Massimo. Il target è il ceto medio alto, il pay-off è “sposarsi è un buon affare”. In men che non si dica le agenzie diventano 3 in altrettante città brasiliane. Peccato che Internet sia ancora agli albori (benché sia ben compreso dal non più giovanissimo Massimo). Il portale, creato nel ’95, pur ottenendo l’iscrizione di oltre 10.000 persone non riscuote minimamente il successo dei portali e social network che conosciamo oggi (con il grande dispiacere degli studenti della facoltà d’informatica dell’ epoca che solo dopo anni gli hanno confermato la loro stupidità nel non aver capito cosa gli stava proponendo). Negli stessi anni conosce Silvia, la sua compagna, amica, socia, collaboratrice instancabile, supporter e complice. Diventerà sua moglie, lo sopporta con cura e sorriso fino ad oggi. E’ la madre della loro splendida figlia Giulia. Una famiglia col sorriso, visitarli per credere.

Partendo da una sua necessità (risparmiare nelle telefonate internazionali), inizia a collaborare con una società americana per la vendita del callback, un sistema di triangolazione che permetteva chiamare in Italia dal Brasile attraverso un centralino negli States. Il costo era il 10% rispetto a quelli delle compagnie brasiliane. Diventa il suo nuovo business in parallelo all’agenzia matrimoniale (che non aveva più necessità di gestire personalmente). Era il ’99. C’era un piccolo locale appena aperto di fronte al mare, c’erano 3 computer, un bancone bar e un ragazzo di Roma da poco trasferito con la moglie brasiliana per godersi la vita senza stress.

Poverino, non l’avesse mai fatto entrare Massimo. Gli ha rivoluzionato la vita. Gli ha presentato il sistema telefonico. Lui l´ha subito adottato per offrire il servizio di telefonate internazionali ai clienti del suo internet point. È stato amore a prima vista. L’ennesimo per chi sa fiutare l’aria e poi si mette a fare le cose. Quel locale era quello che mancava in una città turistica in pieno sviluppo. Allora i costi di connessione (un link dedicato costava circa 1.500 US$ al mese) e hardware (un pc 486 costava circa 1000 US$) erano insostenibili per il grande pubblico. Nel giro di un paio di mesi Internet Cafè.com apre il secondo punto, questa volta con 13 macchine, link dedicato, 2 cabine telefoniche e bancone bar con macchina di caffè espresso italiana. Il successo è immediato. I locali in breve tempo sono diventati 6 tra Salvador e Rio de Janeiro (più una stazione stagionale dentro il porto di Salvador per offrire i servizi ai passeggeri e marinai delle navi da crociera).

Cede l’ agenzia matrimoniale. Porta avanti il progetto del callback sviluppato nel portale “Mafly.net” diventando la prima società brasiliana a mettere sul mercato schede telefoniche, schede per accesso WI-FI prepagate che si potevano acquistare anche on-line e Mister Voip l’ unica scheda prepagata Voip (telefonate da pc a rete fissa o mobile). Il progetto era talmente ben strutturato che ha richiamato l’attenzione della società monopolista del servizio telefonico brasiliano, che l´ha denunciato al ministero pubblico determinandone poi la chiusura …  …

Nel 2008, il grande successo nazionale degli internet point con oltre 100.000 locali frequentati giornalmente da oltre 60.000.000 di persone. Insieme a colleghi di tutto il Brasile fondano l’ ABCID, associazione Nazionale di settore, nella quale ha ricoperto le cariche di direttore, prima del settore marketing e poi finanziario. La lotta aveva fatto ottenere dal Governo il riconoscimento per cui l’ utente di classe sociale svantaggiata può accedere ai computer degli internet point con costo sovvenzionato dal governo. Nel 2010 vista la democratizzazione dei costi di connessione, dei costi dei pc e della miglioria in generale del potere acquisitivo della popolazione più svantaggiata, si butta sulla riconversione delle migliaia di internet point che stavano perdendo il loro business core. E’ stato così che è nato il suo amore per il coworking, trasmesso a diversi amici imprenditori brasiliani che hanno già aderito al concetto e offrono spazi di lavoro condiviso.

Muore il fratello all’improvviso. Così si chiude la lunga parentesi brasiliana. I genitori sono oramai anziani. Dismette tutto e torna in Sardegna. Rientro duro, durissimo, negli anni peggiori che la storia italiana ricordi (dopo le guerre). Popolazione delusa senza prospettive di miglioramento. Ad abbassargli il morale le mille e più domande di rito sul chi glielo avesse fatto fare a rientrare … ma oramai il giovane (dentro) Planta è cresciuto, non abbandona la famiglia.

Rimane in Sardegna. Cerca lavoro da amici e parenti ed il risultato è stato quello di sfoltire la rubrica (a volte gli amici non sono poi tali … e neanche i parenti …). Si ferma e pensa. Pensa. E vi assicuro che quando lo fa gli esce bene. “Cosa so fare?” Si chiede. “So fare impresa, scoprire opportunità e sfruttare le situazioni.” E prosegue: “Cosa ho?” … e si risponde da solo “Fantasia, coraggio, imprenditorialità, una moglie ed una figlia molto pazienti … e un terreno agricolo di circa 3.000 mq.”

Nel mentre che le riflessioni continuano, per non perdere slancio, apre, con amici raccolti grazie a linkedin, il primo spazio di coworking a Cagliari (spazio “Sperimentazione”, un coworking incubato negli uffici sottoutilizzati di un’ imprenditrice cagliaritana, dove mettono in condivisione un open space con otto desk con accesso a internet che all’ occorrenza può essere anche sala riunioni e conferenze, un ufficio privato e una cucina).

Ma Massimo, vi fosse sfuggito, è inquieto. Positivamente inquieto. Non è soddisfatto. Non basta. Non è il solo film che vuole vedere. E all’improvviso ecco che si accende la lampadina. Alla fine del 2012 parte la sua attuale occupazione: La Fattoria Giulia e gli orti condivisi. Così ora sapete anche che ne ha fatto dei 3000 mq a San Sperate (provincia di Cagliari, operoso paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola). Perché 3000 mq sono troppo pochi per fare l’agricoltore. Ma sono troppi per lavorarli da solo, specie se non è esattamente quello il tuo mestiere. E’ li che ha seguito la terza via: permettere che più persone lo sfruttino a loro piacere con piccoli appezzamenti. Lui offrire servizi aggregati per i quali gli viene corrisposto una fee annuale. Di 40 appezzamenti disponibili al momento solo 8 sono liberi. Si è formata una comunità eterogenea con famiglie, bambini, pensionati etc. che oltre a coltivare verdure si scambiano amicizia e saperi. E tutti sorridono, anche quando dopo ore di lavoro la schiena è rotta e la mani dolgono.

Ma conoscendo Massimo, la domanda è: what’s next? Progetto sociale e cohousing, per invecchiamento attivo … Lui e la pensione sono due concetti antitetici.

L’innovazione a volte sta nella semplicità. Tutti oggi parlano di downsizing della propria esistenza. C’è chi lo fa per scelta, c’è chi è costretto. La verità sta nel fatto che dobbiamo, secondo me, riprenderci il rapporto con Terra Madre, che dobbiamo imparare ad ascoltarla, che dobbiamo farlo insieme agli altri. L’innovazione sta nella ricerca qualitativa del tempo libero per riprendere spazio per se e con gli altri. Innovazione è dare la giusta dimensione alle cose della vita. Innovazione è non arrendersi. Innovazione è cuore, energia e passione. Come ha fatto Massimo. Ed in più i prodotti delle terra che vi fate da soli vi renderanno felici.

Buona vita a tutti. Lo dico a Voi, ma, per piacere, ditelo a tutti: AVANTI TUTTA!

Un sorriso dal vostro affezionatissimo

Cagliari, 8 aprile 2014NICOLA PIRINA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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