Un’analisi dei profitti nel settore energetico
Nel 2022, i produttori di petrolio e gas hanno registrato profitti straordinari, cinque volte superiori ai finanziamenti necessari per affrontare la crisi climatica nei paesi in via di sviluppo. Questo dato, emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Climate Policy, solleva interrogativi cruciali riguardo alla destinazione di tali guadagni e alla loro potenziale utilizzazione per sostenere le azioni climatiche globali.
La ricerca ha esaminato i profitti di 93 tra i principali produttori del settore, evidenziando come l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, in gran parte dovuto all’invasione russa dell’Ucraina, abbia influito positivamente sui bilanci aziendali. I conglomerati hanno superato le previsioni di profitto di quasi 500 miliardi di dollari, una cifra che supera di gran lunga l’accordo di investimento globale di 100 miliardi di dollari all’anno, concordato nel vertice sul clima di Copenaghen nel 2009.
Il potenziale di finanziamento per il clima
Florian Egli, capo della divisione di Politiche pubbliche per la transizione verde presso l’Università tecnica di Monaco, sottolinea che esiste un grande potenziale di finanziamento nelle mani delle aziende produttrici di combustibili fossili. Nel 2022, queste aziende hanno generato oltre 1.200 miliardi di dollari, un profitto 2,6 volte superiore rispetto all’anno precedente. Circa il 42% di questo surplus è andato a società controllate dai governi, mentre il restante 58% è stato destinato a società private, molte delle quali si trovano in paesi che hanno accettato di sovvenzionare iniziative climatiche.
Michael Grubb, professore di energia e cambiamenti climatici, suggerisce che una tassazione sui superprofitti potrebbe non solo contribuire a ridurre gli investimenti in petrolio e gas, ma anche a stabilizzare il mercato dell’energia pulita, allineando i flussi finanziari agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
La tassazione delle aziende produttrici di combustibili fossili dovrebbe essere considerata sia per motivi morali che economici.
La necessità di un intervento urgente
La comunità internazionale è sempre più consapevole della necessità di un intervento urgente per affrontare la crisi climatica. Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha affermato che i prossimi due anni sono cruciali per salvare il pianeta, esortando a un salto di qualità nella finanza climatica. Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha stimato che il deficit di finanziamenti per l’adattamento alla crisi climatica è compreso tra 194 e 366 miliardi di dollari all’anno, il più elevato mai registrato.
Anna Stünzi, ricercatrice dell’Università di San Gallo, ha commentato che gran parte del divario tra retorica e azione potrebbe essere colmato se i governi tassassero i profitti inattesi delle aziende energetiche e utilizzassero queste entrate per combattere il cambiamento climatico.
La sfida è quindi chiara: è fondamentale che i profitti delle aziende energetiche vengano reinvestiti in iniziative climatiche per garantire un futuro sostenibile.