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TEDxVerona, un grande racconto collettivo della genialità (e della speranza)

innovaizone

Partecipare a un TEDx è come assistere ad un grande racconto collettivo. Gli interpreti sono le narrazioni che gli speakers alternandosi sul palco condividono con il pubblico. E di pubblico ieri al Palazzo della Gran Guardia di Verona ce n’era, eccome. C’era pure un titolo “Beyond The Wall”, ma soprattutto ci sono state tante storie. Bastava guardare gli sguardi di chi era in sala, per capire l’attenzione prestata a quelle parole che si propagavano nell’aria senza dispersioni. Quelle parole facevano capolinea nella mente dei presenti per innescare poi pensieri, spunti, nuove risposte e vecchi interrogativi.

Il tema era uno di quelli “o dentro o fuori”. Uno di quei temi dove bisogna essere disposti a rinunciare per avere. Rinunciare agli stereotipi. Rinunciare ai pregiudizi.

Rinunciare alle credenze. Solo così si può andare oltre. Abbattere tutti i muri. Visibili o meno. Fisici e mentali.

Ed è così che seguendo protagonisti diversi si è potuto rimanere saldamente attaccati a una trama non scontata, in continua evoluzione, capace di strappare sorrisi o trattenere a stento lacrime. Così come la vita è. Nel suo alternarsi di momenti. In quella sorta di montagne russe dove l’adrenalina e la paura si contengono il primato. Paura che insieme all’ignoranza, sono le materie prime per edificare nuovi quotidiani muri.

I detonatori in grado di abbattere queste restrizioni ieri sono stati diversi. Sebastiano Scròfina ha dato l’inizio. Lui che da ragazzo si appassiona ai bitcoin, ora che ragazzo ancora è con i suoi trentuno anni, continua il suo percorso di ricerca di quelli che sono i sistemi di monete alternative.

Il futuro passa anche da lì ed è proprio dall’adozione di nuovi linguaggi di credito che se ne può immaginare uno, ancora più virtuoso. Ma a pensare di un futuro migliore, magari dove lo sviluppo sostenibile non sia una chimera, ma un approccio economico che da lineare passi a circolare, ne parla Francesco Fatone. “Si possono recuperare bio-risorse dalle acque reflue e dai rifiuti organici?”. È una domanda retorica la sua, perché non solo si può, ma si deve e la conferma è negli studi scientifici che sta portando avanti. Studi di un professore. Approccio di un neo-papà, che vuole cercare di lasciare un mondo migliore a suo figlio e alle generazioni che verranno.

È Carlo George Burt a fornire i rudimenti per andare oltre il muro dell’immaginazione.

Per far questo occorre trasformare i punti di debolezza in opportunità; ridisegnare ciò che si fa; sfruttare le combinazioni di ciò che già esiste invece di inventare. Ancora una volta uscire da quella che viene definita comfort zone. L’innovazione parte da qui. Ma è il coraggio di Adriana Musella che arriva al cuore di tutti, dopo un pugno dritto allo stomaco sferrato dal racconto di quel 3 maggio del ’92, quando il padre viene disintegrato da un’autobomba dalla mafia. L’impegno di Adriana, il suo continuo ricordo del padre Gennaro, è il suo modo di riscattare la morte di un cittadino comune che non ha mai ricevuto risposte. Il muro dell’omertà. Uno dei muri più difficili da abbattere, per questo attraverso la sua testimonianza può agevolare un processo di una nuova generazione formata e informata.

Ma le storie continuano, come pure le diverse emozioni si susseguono. Andrea Battistoni, a ventiquattro anni è stato il più giovane direttore del Teatro alla Scala, oggi che di anni ne ha un paio in più, mantiene la convinzione che la musica classica va spiegata in maniera semplice a tutti. La sua sfida è quella di divulgarla a più persone possibili. Quando parla con i ragazzi è proprio sul contenuto del messaggio che fa leva. La musica classica non è musica per vecchi, come recita il titolo di un suo libro, ma è una musica che può emozionare un ragazzo tanto quanto un brano rock. Basta fornire gli strumenti per comprenderne la sua essenza.

Mettere in relazione questa musica con il mondo interiore delle giovani generazioni. Sofia Righetti invece ha dovuto abbattere altri muri. “La vita è una questione di editing” esordisce.

La sua bellezza illumina l’intera sala. La sua bellezza fisica. La sua bellezza d’animo. Di prove ne ha superate parecchie. Perde l’uso delle gambe a pochi mesi a causa di un’ischemia midollare per un errore medico. Acquista una consapevolezza interiore straordinaria.

Per anni suona la chitarra elettrica in rock band. Fa la fotomodella. Diventa campionessa italiana di sci alpino. È ascoltandola che si capisce che la disabilità è una caratteristica fisica e che il limite viene imposto solo dalle barriere architettoniche. Muri. Altri muri da abbattere. Fisici, ma puri mentali dati dai pregiudizi che il binomio disabile e bellezza sia inconciliabile.

“Le grandi rivoluzioni sono state realizzate quando le certezze assolute sono state smentite” dice nel suo intervento il chimico Vincenzo Palermo. Avvalla con accadimenti della storia quella che è molto di più che una tesi. La scoperta di pietre diverse tra loro, alcune delle quali usate come punte per le frecce, ha dato l’inizio all’uomo predatore. I metalli hanno permesso di creare nuovi oggetti, che ha reso ancor di più predatore l’uomo. Poi la scoperta nell’800 di cosa gli atomi del petrolio permettessero. Per non parlare dell’energia racchiusa nel nucleo dell’uranio. Ma è il grafene, con la sua resistenza, la prossima rivoluzione che piccoli atomi possono fornire nello sviluppo di nuovi progetti.

“La fotografia è l’unico linguaggio parlato in tutto il mondo” sentenzia David Alan Harvey, un visual storyteller, ancor prima di essere uno straordinario fotografo. Fondatore della prestigiosa rivista Burn Magazine, ha fatto del linguaggio fotografico la sua modalità per catturare la vita di tutti i giorni. Un continuo oltrepassare il muro di un successo raggiunto, che gli permette di confrontarsi con una fotografia applicata a contesti diversi. Dalla forma documentarista a quella più romanzata, “l’importante è immortalare in uno scatto la vita di tutti i giorni”.

Da uno storyteller a un altro. L’emozione di Luca Prasso amplifica la sua scelta di vita. Lui pioniere dell’animazione digitale, ha inseguito il suo sogno oltrepassando l’oceano per lavorare in società come PacificDataImages e DreamWorks. Una passione quella di Luca di raccontare attraverso l’animazione che è sua da sempre e che ora si arricchisce con la volontà di sperimentare attraverso linguaggi nuovi messi a disposizione dalle nuove tecnologie, quello che lui definisce “un nuovo Rinascimento dello storytelling”. Dalle storie alla visione del futuro. È l’architetto/urbanista, ma pure antropologa, Alessia De Biase ad accompagnare il pubblico in un viaggio nell’immaginazione di come potrebbero essere le città del futuro.

“Perché il futuro è una costruzione… il futuro è la nostra capacità di proiettarci” dice Alessia in un intervento che vuole abbattere i confini di un pensiero limitato, quasi in una visione “calviniana” dove invece è il pensiero collettivo che può portare a nuovi scenari progettuali, sempre nella consapevolezza però di una coscienza proiettata alle prossime generazioni.

Carla Cico, prima donna amministratore delegato di un’azienda di telecomunicazioni in America Latina, rimette al centro il capitale umano. “Le sfide aziendali si possono vincere solo attraverso l’intelligenza emozionale”. La vera e unica innovazione può partire esclusivamente dalle risorse umane. E se a queste magari ci si affianca una disciplina sportiva come la corsa per riaccendere le motivazioni dei singoli in un’ottica di gruppo di un’organizzazione aziendale, ben venga tutto ciò.

Lei maratoneta, il cui suo prossimo obiettivo è percorrere la lunga tratta sotto le quattro ore.

Come in tutti i racconti, anche in quello collettivo del TEDxVerona, c’è un finale. Il compito di concludere viene lasciato al neurochirurgo Sergio Canavero. Non è un vero e proprio finale. Non potrebbe esserlo. D’altronde lui sta dando la sua risposta a interrogativi come quelli dell’eterna giovinezza o della fuga dalla morte. I suoi articoli descrivono la tecnologia della rifusione spinale in vista della prima anastomosi cerebrosomatica nell’uomo, ossia il trapianto della testa. Possibile? A un futuro prossimo l’ardua sentenza.

Comunque se il TEDx è un format vincente, è la qualità degli interventi a sancirne la sua completa o parziale riuscita. E per il secondo anno, gli organizzatori di quello di Verona, possono essere orgogliosi dei risultati raggiunti. L’obiettivo di condividere le idee innescando un meccanismo virtuoso di confronto del pensiero è stato pienamente raggiunto.

TEDxVerona, arrivederci al 2016.

ANDREA BETTINI

P.S. Direttamente dal TED Global sono saliti sul palco del TEDxVerona per un veloce saluto anche Roberto D’angelo con Francesca Fedeli e il loro piccolo Mario, un’altra straordinaria e intensa storia.

Credits: le foto sono di Alfredo Montresor

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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