Per me il 2013 è stato un anno incredibile. Indimenticabile. Per me è stato l’anno di Cambiamo tutto! E oggi che mi volto indietro a riguardarli questi trecentosessantacinque giorni non posso non dire grazie, grazie alla vita che me li ha regalati. (E grazie all’editore che quando ho consegnato l’ultimo capitolo, all’inizio di febbraio, non ha esitato davanti alla mia proposta di cestinare il libro ancora in bozze per evitarmi la brutta figura che temevo: lo ha stampato!).
E’ stato un dono quindi ma non sono arrivati gratis i giorni di “Cambiamo tutto!”. Ogni cosa ha un prezzo. Prima o poi la paghi. In qualche modo devi saldare il tuo conto. Ma come disse un grande giornalista a fine carriera “non ho dato la vita per il giornalismo, è il giornalismo che mi ha dato vita”.
Ecco: Cambiamo tutto! nel 2013 mi ha dato vita e l’ha riempita di colori entusiasmanti e quindi valeva la pena viverlo questo anno, eccome se valeva.
Le vostre facce a decine immortalate per Facebook; i tweet con un hashtag che diventava parola d’ordine, #cambiamotutto; le lettere, centinaia di lettere, per dirmi “ci sono anche io fra quelli che provano a cambiare le cose in questo paese, senti la mia storia!”; e il calore che trovavo ogni volta che arrivavo in qualche città per non-presentare il libro: “Non sono qui per presentare un libro ma per conoscervi”. L’ho detto sempre. Sempre. Perché era vero. Siete voi che state cambiando tutto. Io lo racconto. E’ un privilegio.
“Ma davvero sono tutti qui per me?” chiedevo stupendomi daccapo ogni volta che arrivavo per una presentazione.
Era vero. E’ accaduto 42 volte e avrebbero potuto essere molte di più. So di essere in debito con chi mi ha invitato ad Ancona, a Padova, a Mantova, a Verona, a Perugia, a Palermo. Ci verrò, se ancora pensate che sia utile. Ma sono stato comunque in mezza Italia da Trieste a Catania, da Torino a Lecce e in posti così piccoli che non sapevo neppure esistessero ma che voi avete reso speciali, traboccanti di energia e di speranze: Trebisacce in Calabria a fine luglio con la gente che faceva il bagno e noi in un centro congressi di un hotel a parlare di startup; Favara in Sicilia, un borgo meraviglioso riscattato dall’arte contemporanea e dalla passione per il futuro di un manipolo di sognatori; Acquaviva Picena a San Benedetto del Tronto, l’ultima tappa, ospite della riunione dei FabLab italiani che per l’occasione hanno stampato una copertina del libro grande più di me.
Che cosa resta? Resta la speranza concreta di un paese che sta cambiando davvero. Non lo dico io: lo dicono, anzi, lo testimoniano le vostre storie, quello che avete realizzato persino in anno come questo che in certi momenti è sembrato andare al rallentatore quando non a retromarcia. Per questo motivo, per tenere traccia di tutto ciò e per darmi fiducia in quel che verrà, ho compilato la mia personalissima lista dei 100 italiani che nel 2013 hanno cambiato tutto. Non è completa, questa lista, non può esserlo e non ha la pretesa di essere una graduatoria obiettiva: è solo il taccuino di un viaggiatore accanito, di un sognatore incallito, che ogni volta nel suo peregrinare si è appuntato una storia bella come farebbe un papà per raccontarla ai figli quando vanno a dormire.
L’altra sera dopo che avevo finito di fantasticare di “draghi e aeroplani col motore”, il mio piccolo mi ha detto: “Papà questa favola è così bella che non ne voglio sentire nessun’altra”. E si è addormentato con un sorriso infinito. Ecco, queste cento piccole tracce di storie per me sono così belle che viene voglia di svegliarsi, ringraziare chi le ha rese possibili e provare a cambiare tutto davvero.
1) Massimo Banzi. Per me è l’innovatore dell’anno. Mi è ben chiaro che il giudizio è viziato dal fatto che io e Massimo siamo buoni amici e forse anche di più. Ho raccontato tante volte che il mio primo giorno di lavoro a Wired, a New York City, il 13 febbraio 2008, Chris Anderson mi spiazzò con la domanda “do you know Massimo Banzi?” e lì è iniziata una storia, la mia storia d’amore con l’innovazione, che non è ancora finita. Ma proprio l’amicizia mi ha consentito di osservare da vicino l’autentica impresa che Massimo ha compiuto quest’anno. Trasformare Arduino da progetto di cinque studenti in una vera azienda globale.
Può sembrare nulla ma Arduino fino a qualche tempo fa era la cosa più liquida che si potesse immaginare: nato quasi per caso alla scuola di Interaction Design di Ivrea nel 2005, era diventato quasi subito un successo mondiale spinto dal basso prezzo e dalle eccellenti prestazioni. Una community globale era cresciuta attorno a quella serie di microcontrollori con il logo a forma di Italia ma dietro non c’era nulla o quasi anche perché i fondatori vivevano ciascuno in un paese diverso e il business non interessava davvero a nessuno di loro. O meglio: non lo avevano mai pensato come un business possibile.
Arduino da un certo punto di vista non è mai stata una startup perché non lo voleva essere. Così rischiava di evaporare in una miriade di imitazioni o di essere soppiantato dalla concorrenza che nel frattempo era nata. Ed è allora che Massimo Banzi ha provato a trasformare Arduino in una vera azienda facendo salvi i valori fondanti di un progetto che è rimasto open source (non come MakerBot per intenderci) e puntando tutto sull’autentico patrimonio che è stato costruito, la community di persone che in tutto il mondo fanno progetti basati su Arduino. E’ stata dura, in certi momenti mi è capitato di vedere Massimo molto provato da alcune delusioni, ma adesso Arduino ha posto le basi per una sede in Cina e una a New York, ha un magazzino efficiente in centro Europa, uno store online che viaggia a mille e un gran bel team. Il 2013 è stato l’anno della consacrazione di questo sforzo.
Il momento clou è stato il 3 ottobre quando il CEO di Intel è volato a Roma per firmare una partnership storica in occasione della prima Maker Faire italiana che con Massimo avevamo organizzato (grazie Costantino Bongiorno, per il tuo splendido lavoro!). In quei giorni siamo stati travolti da una folla incredibile di maker o aspiranti tali. Decine di migliaia di persone totalmente impreviste. Un movimento che in questi anni è cresciuto anche perché Massimo Banzi e la sua squadra ci hanno creduto e investito. Tempo e soldi. Il 9 dicembre scorso l’ho invitato alla Camera dei deputati per la penultima tappa di Cambiamo tutto! Massimo si è messo un vestito elegante, gli occhiali da nerd e una cravatta nera. Era un figurino. Ma le cose che ha detto ai pochi politici presenti non erano pettinate, anzi. Erano com’è lui. Erano vere. Io lo ascoltavo, profondamente fiero di questo italiano che il mondo ci invidia.
2) Silvano Spinelli. Qualche giorno fa l’ho chiamato: per me lei è lo startupper dell’anno, gli ho detto. Lui era stupito, imbarazzato direi. “Davvero io?”. Davvero. Anche se ha 61 anni e non ha fatto la sua startup in un garage simil-californiano ma in un ufficio nel centro di Milano. Vorrà pur dire qualcosa: per esempio vuol dire che i giovani hanno dentro il fuoco sacro dell’innovazione ma per avere successo l’esperienza conta e prima di rottamare una generazione coi capelli bianchi occorre pensarci bene. Non è meglio allearsi?
Primo Spinelli, dunque, che ha venduto la sua startup in America per circa 400 milioni di dollari. Conoscete un altro italiano che quest’anno ha creato tanto valore? Io no. E il bello è che Spinelli non commercia armi, droga o pornografia. No, la EOS (acronimo che sta per Ethical Oncology Science, un nome che dice tutto), ha sviluppato un promettente farmaco antitumorale. E lo ha fatto con un modello di azienda da studiare: intanto ha raccolto 25 milioni di dollari di venture capital di cui solo il 10 per cento in Italia; e poi la EOS era tutta in un appartamento di Milano dove lavorava una mezza dozzina di persone. Praticamente si può dire che ogni dipendente ha “creato” 70 milioni di dollari di valore… Com’è stato possibile?
Perché il grosso del lavoro la EOS lo faceva fare ai laboratori specializzati. In Italia. La filosofia di partenza è tutta qui: “Ci sono più buone idee nel mondo di persone disposte a farle crescere”. Spinelli questa cosa me l’ha detta poche ore dopo il closing con Clovis. E’ una bella lezione, quella dello startupper-manager con i capelli bianchi. A caldo scrissi: se fossi Napolitano lo avrei chiamato al Quirinale per ringraziarlo, e se fossi Letta lo avrei chiamato a palazzo Chigi per capire come si fa a replicare questa storia. “L’ha poi chiamata qualcuno?” gli ho chiesto prima di Natale. “No”. Non mi è parso dolersene, sta già pensano alla prossima startup.
3) Don Antonio di Rione Sanità. La prima vera presentazione di Cambiamo tutto! è stata a Napoli ospite di quel vulcano di nome Antonio Prigiobbo. Era l’inizio di aprile. Di quel giorno ricordo distintamente due cose: il mio imbarazzo nel vedermi circondato per la prima volta da una folla di fotografi e telecamere che mi chiedevano pareri su tutto come se io avessi le risposte; e la domanda di Alex Giordano “ma tu lo conosci il prete startupper?”. Pensavo fosse la solita allegra battuta napoletana e invece era vero. Il prete startupper esiste! Qualche giorno dopo sono tornato a Napoli e Agostino Riitano mi ha portato a Rione Sanità per raccontarmi la storia di Don Antonio e farmi vedere cosa ha realizzato. Un miracolo?
Un miracolo. Cinque cooperative sociali. 75 posti di lavoro. 75 ragazzi che la sera tornano a casa e dicono a genitori ed amici che un altro mondo è possibile e che non è stato necessario andarsene da Napoli per trovarlo, anzi, quel mondo nuovo era proprio lì, nei tesori in cui noi italiani viviamo immersi con una noncuranza insopportabile. I tesori di Rione Sanità sono le catacombe di Napoli, le più grandi del mondo. Erano praticamente abbandonate quando don Antonio ha pensato di ripartire da lì: una cooperativa per il restauro, una per l’illuminazione, una terza per il merchandising e così via… Risultato: i turisti alle catacombe sono aumentati in un anno del 275 per cento. Quel giorno don Antonio non c’era o meglio era dai carabinieri impegnato a difendere un ragazzo che era finito in un pasticcio grande grande: me lo sono immaginato a dire “garantisco io, lasciatelo libero”. Ci siamo poi incontrati a giugno alla Repubblica delle Idee di Firenze: solare, umile, concreto. Una bellissima persona.
4) Riccardo Zacconi. Se contassero solo i soldi non ce ne sarebbe per nessuno: sarebbe lui il re dell’anno. Del resto la sua società si chiama King e il Guardian lo ha appena messo tra i 100 personaggi del 2013 (al 56esimo posto). Merito di Candy Crush Saga e di altri giochini simili che girano su Facebook: ogni giorno nel mondo si fanno un miliardo di partite made in King. E lui incassa. Zacconi è romano, ha 46 anni, è a Londra dal 2001. Ne sentiremo parlare ancora tanto.
5) Rebecca Zamperini. Ci sono state altre donne super in questo 2013 ma nessuna per me ha la forza di Rebecca. Ha appena 16 anni e il giorno in cui presentai Cambiamo tutto! a Milano alla Triennale, senza invito è salita sul palco è andata al microfono e ci ha stesi. Dicono al TED che ci vogliano 18 minuti a raccontare una storia emozionante. Bene, Rebecca ce ne ha messi due. Cercate il suo video in rete, ascoltatela mentre parla della protesi della sua mano e del senso vero della vita che è nelle cose vere non in quelle “belle”, guardatela negli occhi che sono di una bambina eppure trasmettono una saggezza senza tempo. Rebecca è la primogenita di Marco: con lei fra noi sarà più sopportabile la perdita del suo immenso papà.
6) Davide Dattoli. Pochi sono bravi come lui. Adesso è chiaro a tutti. Ma il giorno in cui l’ho conosciuto, alla stazione Centrale di Milano, non potevo saperlo. Era la fine di giugno del 2011 direi, avevo appena lasciato Wired e lui mi aveva chiesto un incontro per propormi “una cosa pazzesca”. Sapevo solo che aveva 20 anni ed era bravo sui social media al punto da aver messo su una startup di successo a Brescia. Si presentò con due amici: mi mostrarono una specie di social network dove la rete che avevamo costruito con Wired avrebbe potuto continuare a collaborare… Non era facile convincermi in quei giorni e fu la sua fortuna. Perché invece di perdere tempo con me Dattoli si è buttato sul coworking creando Talent Garden. Non solo un bel nome ma un format: partnership con imprenditori locali prevalentemente analogici, sedi grandi in edifici altrimenti abbandonati e selezione di talenti digitali. In poco più di un anno ne sono aperti nove, tutti al nord, ma il prossimo sarà in Calabria e ci sono New York e Bruxelles in lista di attesa. Il bello è che Davide ha appena compiuto 23 anni, una età in cui i suoi coetanei a malapena sono laureati. Anche lui era alla Camera dei deputati il 9 dicembre con me: ho consigliato i presenti di fargli una foto sulla sedia-trono che usano i nostri politici, un giorno potrebbe tornare utile…
7) Elena Favilli e Francesca Cavallo. Le conosco da un po’, ho il loro Timbuktu nel cuore e un giorno ho intuito tutta la fatica che c’è dietro un progetto noto finora solo per i tanti premi raccolti (ma i premi, per una startup, non sono mai il traguardo, semmai sono a volte la benzina per andare avanti). Ero di passaggio a San Francisco, a maggio, e sono andato a trovarle e un po’ mi hanno detto loro e un po’ l’ho capito io che la vita da startupper è sì divertente, emozionante se stai in Silicon Valley, ma anche durissima soprattutto se stai in Silicon Valley e ti confronti con i big del mondo. Poi in autunno ho visto che Timbuktu ha fatto un accordo con il Corriere della Sera e a seguire Elena e Francesca hanno vinto a Londra il premio Digital Magazine Award categoria Children. Sono brave e toste: se lo meritano tutto.
8) Salvatore Giuliano. E’ uno dei “miei” campioni e chi mi segue lo sa: il preside del Majorana di Brindisi è la prova provata che l’innovazione in Italia si fa senza permesso. E che in Italia il cambiamento è possibile persino nella scuola. Anzi, l’unico vero cambiamento deve partire dalla scuola. Non vi rifarò tutta la storia, ma aggiungo solo che nel 2013 le scuole che hanno aderito al Book in Progress sono più di cento. E adesso l’obiettivo è arrivare a mille. Mille scuole con una didattica nuova, che fa un uso intelligente del digitale e che reiventa il rapporto studenti/docenti. A proposito: mai visto docenti tanto felici come quelli di BookinProgress. E mai visto studenti così bravi. Carta canta, anzi tablet semmai.
9) Vincenzo Di Nicola. E’ stata la favola di Natale: il giovane informatico abruzzese che va in America sulle orme del nonno minatore, fonda una startup e la vende nientemeno che ad Amazon. Dopo l’entusiasmo dei primi giorni, la notizia è stata corretta: Amazon ha acquistato solo gli ingegneri di GoPago, mentre la società è stata venduta sì ma a DoubleBeam. Il senso non cambia. Bravo Vincenzo, ti aspettiamo in Italia dove hai detto che lancerai la tua prossima startup.
10) Marco Astorri. Lo frequento dai tempi di Wired e non finisce di stupirmi. Da quando gli dedicai la terz’ultima copertina della mia direzione (“La plastica che si scioglie in acqua”), Marco lo sento periodicamente per nuovi strabilianti sviluppi e partnership che davvero ci cambieranno la vita.
La sua plastica made in Minerbio, Bologna, finirà negli apparecchi biomedicali e nei pc, nelle auto e negli occhiali, è già elettroconduttiva e non sarà più fatta solo con gli scarti della lavorazione dello zucchero ma… Il tutto con una impostazione “etica” del business che è merce rara. Insomma già tanto è accaduto ma il meglio deve ancora venire. Per lui e per noi. E pensare che era un grafico pubblicitario…
11) Francesca Romano e Gioia Pistola. Perché? Perché la loro app, Atooma, ha vinto il primo premio al Mobile Premier Award a Barcellona, non basta? Le due ragazze hanno grinta e talento.
12 ) Carlo Mancosu e il team di Sardex. Io adoro questo progetto: una moneta complementare all’euro per favorire l’economia locale. Lo adoro da quando Gianluca Dettori me ne parlò la prima volta e presi un aereo, volai a Cagliari e passai una giornata con questi ragazzi idealisti e concreti, che hanno il quartier generale nel medio campidano sardo e che sognano un mondo dove il denaro serva a farci vivere meglio e non ad arricchire chi ne ha di più. Sembra utopia ma l’hanno realizzata. Sardex in Sardegna va alla grande, è diventata una vera moneta fra aziende locali; loro sono stati selezionati per un importante contest europeo a rappresentare l’Italia intanto il modello è sbarcato sul continente e sta partendo in altre sei regioni. Nell’era di BitCoin io tifo per Sardex.
13) Francesco Tassone. Non so se davvero Cristo si sia fermato ad Eboli ma so che oggi vi capita di passare a Simbario, un paesino di 800 anime in Calabria, avrete la prova che le vie del Signore sono infinite. Qui Francesco ha inventato e realizzato contro tutto e contro tutti “il cemento a chilometro zero” (in realtà la malta): una idea così geniale che lo sta esportando ovunque (in sintesi: perché trasportare il cemento se posso inviarti la formula perfetta e te lo fai da solo?). Farlo in Calabria è stata una impresa incredibile e quest’anno finalmente sono arrivati due milioni di euro di venture capital per la sua Personal Factory. Alé.
14) Andrea Bartoli. Finché un giorno per Cambiamo tutto! non sono capitato a Favara, vicino ad Agrigento. Era da un po’ che dovevo farlo. Un amico che quanto ad innovazione vera ne sa più di tutti, Annibale d’Elia, me lo diceva: “Non puoi non andare a Favara”. Un disco rotto. Una sera di novembre Antonio Perdichizzi e Peppe Sirchia mi ci hanno portato. E ho visto con i miei occhi la meraviglia realizzata da Andrea Bartoli in un borgo che era abbandonato e che sembra un villaggio incantato. L’arte contemporanea, la bellezza, l’ironia hanno ridato vita e colori a un luogo destinato a sparire. La storia della Farm di Favara andrà raccontata per bene, lo farò, intanto vi dico che me ne sono ripartito la mattina dopo con il cuore gonfio di ottimismo e la convinzione che sono gli innovatori sociali, come Andrea, quelli che davvero cambiano il mondo.
15) Monica Archibugi e Le Cicogne. Sì le Cicogne sono una startup piccola piccola per ora. Ma quando Monica l’ha presentata sul palco del teatro Eliseo di Roma, a novembre, l’idea di un servizio universale di baby sitting ha fatto saltare sulla sedia uno che ne ha viste tante come Steve Ballmer: “Lo voglio a Seattle!!!” ha detto il Ceo uscente di Microsoft. Speriamo che serva a far decollare questo team di tutte donne.
16) Massimo Moretti e Wasp. Forse il più bel progetto che ho visto alla Maker Faire di Roma. Il nome ricorda le vespe ma in realtà è un acronimo: sta per World Advacend Saving Project. La loro idea: costruire stampanti 3D per stampare in argilla case belle, ecologiche a un costo che tende a zero. La raccolti fondi con il crowdfunding di Ginger è stata un fiasco ma io sono convinto che andranno avanti.
17) Samantha Cristoforetti. Il 2013 è stato l’anno di Luca Parmitano che twittava dalla Stazione Spaziale. Ma il 2014 sarà il turno di Samantha che partirà per una missione lunga (sei-sette mesi). Ho avuto la fortuna di conoscere Samantha recentemente. Quando ero a Wired le scrissi un editoriale provocatorio sulla inutilità di nuove missioni lunari. Nessuna risposta dal sistema remoto. L’ho poi rincontrata una volta a Trieste Next, abbiamo preso un caffè e non l’ho più persa di vista. E’ una donna super, con una volontà d’acciaio e una curiosità instancabile. E’ stata lei ad aprire il Next della Repubblica delle idee di Firenze a giugno, ed è rimasta nei paraggi anche dopo per ascoltare storie di innovazione. Non voglio svelare segreti ma credo che nel suo viaggio spaziale si porterà oggetti e strumenti che ci stupiranno.
18) Selene Biffi. Con Selene sono debitore di un articolo. La scorsa estate stavo curando una serie sui “giovani che ce l’hanno fatta” e all’ultimo il quotidiano che me l’aveva commissionata ha cambiato idea. Eppure Selene è perfetta e la sua storia bellissima. La Qessa Academy di Kabul è stata una esperienza emozionante e utile. Di giovani come lei che prendono, vanno in Afghanistan e fanno qualcosa di importante per gli altri usando innovazione e cuore ce ne vorrebbero mille. Ora si è messa in testa di diffondere la conoscenza della scienza usando la rete e la gamification: il sito si chiama SpillOver. Conoscendo la sua tenacia sono convinto che decollerà. Intanto in bocca al lupo.
19) Max Ciociola. Tre milioni e 700 mila dollari di funding al primo round per la sua Musixmatch non vi sembrano una buona ragione? Allora aggiungete il microfono da karaoke lanciato a Natale che completa il più grande database di testi di canzoni del mondo. Il botto è vicino, Max è pronto.
20) Francesco Nazari Fusetti. Per me è un genio. Non esagero. L’ho scoperto alla presentazione di Cambiamo tutto! a Milano. Dopo il mio intervento lascio il microfono aperto a chi ha una storia da raccontare. Si alza lui, 26 anni, bello, spigliato, e racconta di ScuolaZoo, un gruppo Facebook che “fattura” quattro milioni di euro e ha 32 dipendenti. Il giorno dopo ci rivediamo e mi racconta di CharityStars, una piattaforma per fare aste di memorabilia di vip con ricavato alle onlus. E per mesi vedo lui che corre da un vip all’altro per strappare una maglietta sudata o un cimelio. Finché a fine anno vince 360×360, ovvero un assegno di 360mila dollari che vuole usare per andare a Los Angeles e giocarsi la partita con quei vip lì. Scommetto che ce la farà.
21) Federico Bastiani e la Social Street. Quanto ci vuole per cambiare la vita di un quartiere? Un gruppo su Facebook. L’idea di Federico ha spopolato, da una strada di Bologna è diventata il paradigma di una nuova economia fatta di scambi e aiuti fra vicini. Federico lo avevo conosciuto proprio parlando di queste cose tre anni fa: mi ero messo in testa di fare una copertina su Wired sulla “economia collaborativa” e avevo chiesto a Loretta Napoleoni di raccontare il fenomeno allora nascente. La chiamammo Pop Economy e fu un bel colpo. Federico allora era un collaboratore della Napoleoni. Poi si è messo a fare lo startupper. Finché non ha aperto un gruppo su Facebook che sta cambiando tante cose.
22) Edouard Wawr, GamePix. Avete presente Building the Vision, l’evento romano del 5 novembre con Steve Ballmer? Bene quel giorno un ragazzino non ha fatto un pitch, ha fatto il più bel pitch che abbia mai visto. Trascinante, ironico, convincente. In inglese. Alla fine avrei voluto abbracciarlo e dirgli che ero fiero di un giovane italiano come lui. Era Edouard Wawr (e non Valerio Pullano come avevo scritto inizialmente qui).
23) Andrea Stroppa. Quanti italiani conoscete in grado di finire sulla prima pagina del New York Times e di un’altra dozzina di giornali di tutto il mondo? Andrea è uno di questi. Ha meno di venti anni. Va a scuola a Torpignattara. E’ un hacker anche se si definisce “esperto di sicurezza informatica” e lo è. Ha una voglia matta di cambiare il mondo e renderlo migliore che emerge in ogni suo gesto, che sia un post o un progetto come Uribu. Talento puro, da proteggere e seguire.
24) Francisco Liu e Ampelio Macchi. Sono i due inventori di OSV, la prima auto opensource. Lanciata in pompa magna alla Maker Faire di Roma è un progetto che immagina un futuro della mobilità completamente diverso. E non è finita: nel 2014 arriverà il motore ibrido integrato, un’altra rivoluzione in vista.
25) Paolo Ainio. Ok, non è un giovane startupper. Ma per la sua Banzai quest’anno ha chiuso un accordo da – pare – 22 milioni di euro con Matteo Arpe. Secondo me preparano cose grosse.
26) Il team di Open Ricostruzione. Era un progetto difficile perché non si era mai fatto prima: una piattaforma con le donazioni per per la ricostruzione post sisma dell’Emilia e con tutti i progetti. Lo ha voluto Wikitalia, lo ha sostenuto Cisco, ma lo hanno realizzato i ragazzi di Action Aid e Openpolis. Ha funzionato, perché, ha detto Vasco Errani prima di Natale, nel 2014 continua: la trasparenza avanza.
27) Marianne Mirage. Un voce che viene da un altro pianeta e parla dritto al cuore. Le ho chiesto di aprire il Next di Firenze ed è stata bravissima. Ma ancora di più lo era stata quando ci siamo incontrati in un bar di Milano e ha cantato a cappella suonando il suo iPhone. Ne sentiremo parlare e quel giorno conoscerete anche voi la sua storia bellissima.
28) Augusto Coppola. Ci sono tanti incubatori, tanti acceleratori, tanti premi. Ma nessuno me ne vorrà se dico che il migliore, il più efficace è Innovaction Lab. Augusto è un maestro, spietato e affettuoso assieme. E chi ci ha lavorato non lo dimentica più.
29) Fabrizio Capobianco. E’ la superstar degli startupper italici, quello bello e bravo che ha fatto fortuna in Silicon Valley ma tenendo il cuore – ovvero il team di sviluppo – in Italia. Parliamo di Funambol, che per certi versi anticipò persino Apple sul tema del cloud. Ma nel 2013 Fabrizio si è inventato TokTv, il secondo schermo tv applicato al calcio. E’ partito con la sua amata Juve ed è partito benissimo. Poi in autunno su Facebook lo abbiamo visto negli stadi delle altre regine del calcio europeo, anzi, seduto sulle panchine, ed abbiamo capito che per TokTv è solo all’inizio.
30) Antonio Amendola. Si è inventato Shoot4Change, una rete mondiale di fotografi che scattano immagini per cambiare il mondo. Ed è riuscito persino a trovar loro una casa, la Casa dei Raccontastorie, al Pigneto di Roma. Bravo.
31) Stefano Firpo e Mattia Corbetta. E’ facile parlare male di chi ci governa. E’ facile e spesso è giusto. Ma al ministero dello Sviluppo Economico questi due hanno fatto tanto e bene per rendere la vita più agevole agli startupper. “Sono un hacker della pubblica amministrazione” ha detto di sé dal palco del Premio Nazionale Innovazione Stefano Firpo. Like.
32) Emiliano Cecchini. Una forza della natura. Molti se lo ricorderanno in uno dei primissimi numeri di Wired con la sua Fabbrica del Sole, l’idrogenodotto di Arezzo. Ora ha realizzato la prima casa totalmente offgrid: l’ha presentata alla Maker Faire Rome ed è stato un trionfo. More news to come.
33) MusicRaiser. E’ stato l’anno del crowdfunding in Italia, in attività ci saranno almeno una quarantina di piattaforme (troppe) con Eppela di Nicola Lencioni a guidare il gruppo. Ma quella che mi ha più colpito è questa inventata da Giovanni Gulino (il cantante dei Marta sui tubi) che consente agli artisti di farsi finanziare dischi e tour dai propri fans. E’ facile, funziona bene e consente a chi ha talento di prendersi una chance.
34) Chiara Russo e Mara Marzocchi. Ovvero come trasformare un hobby in un format esportato in Europa: Codemotion è forse il più partecipato fra tutti gli eventi di innovazione. Chiara e Mara sono partite da Roma ma andranno lontano. Code to change the world il loro slogan.
35) Franco Petrucci e Cosimo Palmisano. Conosco piuttosto bene Cosimo. Quest’anno è stato protagonista sul palco del teatro Petruzzelli nel Next di Repubblica della Idee più bello che ci sia stato. Ha raccontato di come sia partito facendo il pescatore di polpi in Puglia e così ha scoperto di avere un animo da startupper. La loro Decisyion sta fra Stamford, nel Connecticut, e Latina: dopo i 15 milioni di funding della fine del 2012, nel 2013 ha ottenuto una linea di credito di altri 5 milioni per espandersi. Daje!
36) Giulia Valente e Tacatì. Tanti startupper quest’anno hanno capito che il cibo è un asset fondamentale del made in Italy e sono partiti da lì. Fra tutte le nuove imprese mi ha colpito Tacatì di Stefano Cravero e Giulia Valente. Promuove le botteghe di prodotti alimentari e quest’anno ha avuto un milione di euro da Principia. Bel colpo.
37) Marco Bestonzo. “Mi ero iscritto ad una gara per hackerare il corpo umano”. Uno che attacca così a raccontarti la sua storia in un post per chefuturo! non può che andare lontano. E’ il fondatore di Intoino e a novembre ha vinto il Webit di Istanbul.
38) Claudio Vaccarella. Me lo ricordo al primo Techcrunch, al Globe Theatre di Villa Borghese, nel 2012, con la sua HyperTv. Poi ne ho perso le tracce. E’ stato Fernando Napolitano ha segnalarmi che aveva lasciato la sua Roma e si era trasferito a New York dove si è convinto che le opportunità di monetizzare con il second screen (che lui chiama multiscreen) sono infinite. Bene, aspettiamo fiduciosi.
39) Marco Marinucci e Alberto Onetti. Attenti a quei due nel senso che non puoi non fidarti del gran ben lavoro che fanno con Mind the bridge. I ragazzi che frequentano la scuola di San Francisco tornano entusiasti, il camp annuale di Milano (quest’anno sul VC) è un must per capire l’aria che tira, e loro stanno sempre molto attenti a distinguersi dalla fuffa che gira.
40) Cesare Cacitti. L’ho scoperto grazie ad un titolo di giornale: “Il ragazzino di 12 anni che insegna a costruirsi una stampante 3D”. Era vero e anche di più. Cesare è brillante, curioso, normalissimo e con una gran bella famiglia alle spalle. Alla Maker Faire di Roma se l’è cavata benissimo sul palco davanti a mille persone. Da allora su Facebook non mi perdo una sua mossa: le foto dei suoi robot sono uno sballo.
41) Movie Reading. Per la serie l’innovazione di cui abbiamo davvero bisogno, questa app consente di leggere i sottotitoli al cinema sul tuo telefonino o su degli occhiali ad hoc. E’ il cinema per i non udenti insomma. Una idea bellissima già in test in molte sale. Hanno vinto il bootstrap camp di StartuItalia! E non mi do pace perché ora non ricordo il nome del fondatore. Ah ma lo trovo!
42) Massimo Ciuffreda e Michele di Mauro. Viva Wiman e il social wifi partito dalla Puglia e arrivato a New York e Dubai. E’ un mondo difficile ma questi ragazzi non hanno paura.
43) Laura De Benedetto. Un altro caterpillar. Laura ha montato MakeTank, il marketplace degli artigiani, “il luogo dei makers”. E va, eccome se va: a Natale era uno spettacolo. (E poi ha vinto il Techgarage di Maker Faire Rome).
44) Jacopo Vigna. Che forza Jacopo e la storia di come ha costruito “a mano” su Facebook la community di MilkyWay notte dopo notte. In estate ha avuto 720 mila euro di funding e in autunno era pronto uno store di sport estremi che promette benissimo.
45) Jacopo Chirici. “Da cameriere a startupper dei ristoranti”: l’ho definito così una volta Jacopo, sapete come sono i giornalisti. Ma la storia è proprio quella: e Rysto adesso ha in pancia un milione di euro di funding per crescere sviluppando l’aspetto della formazione del personale.
46) Manuela Arata. Non la conoscete? Male. Il Festival della Scienza di Genova è una macchina incredibile, ideale per i bambini, che produce formazione, informazione, intrattenimento e idee. Il motore è la Arata, una signora con una personalità debordante che non puoi non ammirare.
47) Riccardo Prodam. Anche qui, un amico che viene da lontano: penultima copertina di Wired. Ric ha uno storia bellissima e un talento raro. Seguire il filo delle sue intuizioni via Facebook è come leggersi un romanzo di fantascienza. Ma sono cose vere: come i brevetti che ha sviluppato a decine per Unicredit (dove guida un hacklab niente male), il bancomat con la scansione venosa e altre cose simili. Ci stupirà ancora ne sono convinto.
48) Marco Sangiorgio. E’ sul mio taccuino del 2014: lo devo incontrare. “Ugo”, il suo progetto, ha vinto il Maker Merit Award alla Faire di Roma per la soluzione di domotica a comandi vocali basata su Arduino e Rasperry Pi. Il bello è che Marco l’ha realizzata per la moglie che non può muoversi. Che aspetto a chiamarlo?
49) Linnea Passaler. Ve la ricordate vestita da garibaldina quando nel 2011 cercavamo I Nuovi Mille? La startupper di Pazienti.it è sparita dalla circolazione per un po’: ha lavorato sodo sul prodotto, migliorato tante cose, cambiato impostazione e i numeri adesso le danno ragione. Nel 2014 tornerà in pista.
50) Giovanni Caturano. Ha finito l’anno come l’aveva cominciato: con un premio internazionale. Ma il vero premio per SpinVector sono gli utenti dei suoi giochi in tutto il mondo.
51) Arianna Ciccone. Il suo festival di Giornalismo di Perugia era già un gioiellino. Con la scelta di annunciarne la chiusura per insensibilità delle istituzioni e il rilancio via crowdfunding ha fatto una mossa geniale: ora è ancora più libera di raccontare la nuova frontiera del giornalismo. Mi aspetto una edizione 2014 coi fiocchi.
52) Renato Soru. A me Soru piace. Piace la sua testardaggine, la sua voglia di continuare ad innovare quando potrebbe sedersi, e quell’orgoglio italico (e sardo) che anima ogni suo progetto. Indoona non mi pare decolli ancora e nemmeno Streamago, ma apprezzo la direzione di marcia e spero fortemente che un progetto ambizioso e utile come iStella abbia il successo che merita.
53) Paolo Privitera. Il vero globe trotter mondiale delle startup. Seguirlo su Facebook può dare il mal di testa: ogni giorno in una città diversa, nei suoi post mixa una passione per le cose belle, la dolce vita e l’innovazione. Mi dicono che Pick1 sia vicina ad un colpo grosso e io mi fido della fonte e metto i miei 2 cents su Paolo.
54) Il barcamper di Gianluca Dettori. Quanti chilometri ha macinato quest’anno? Molte migliaia, l’idea di andare a cercare l’innovazione porta a porta battendo anche regioni del sud e isole di solito dimenticate è stata utile e ha dato i suoi frutti. Dektor si conferma il miglior talent scout che c’è.
55) Giovanni Menduni. Era al fianco di Matteo Renzi a Firenze e tante cose buone fatte lì sul fronte della trasparenza e della partecipazione si devono a lui. L’immagine del 2013 che mi porto dietro lo vede su un trespolo, con un cappello da minatore, mentre posiziona un router wifi con un entusiasmo fa baby-geek. Ha dentro il sacro fuoco della innovazione e ora lo ha messo al servizio della Protezione Civile e del Politecnico di Milano dove è tornato a insegnare. Un faro.
56) Luciano Belviso e Angelo Petrosillo. Sì ancora loro, i due ragazzi pugliesi che costruiscono aerei. Non ve la riracconto la storia bella di Blackshape, ma vi dico solo che l’azienda cresce e cresce bene con due stelle polari: l’innovazione e l’etica. Vi pare poco?
57) Jason Fontana. Una scoperta assoluta. Un giorno mi manda una mail, dice di essere un biotecnologo di 22 anni. Ci vediamo a Trento dove studia, lo invito ad una conferenza in memoria della Montalcini e lui spacca letteralmente con una presentazione profonda, divertente, tutta “recitata” in inglese. Poi sale a bordo di Chefuturo e spiega per bene perché gli animalisti e Vannoni hanno torto in due post molto scientifici che fanno record. Vuole aprire un biohackerspace: possibile che non si trovi qualcuno disposto a finanziarlo?
58) Seble Woldeghirghis. Ci sono persone che spandono una luce buona attorno a tutto quello che fanno. Seble è così. L’inagurazione della Casa dei diritti a Milano è uno dei suoi tanti successi. E così il festival del Beni confiscati alle mafie. Una colonna.
59) I fratelli Lorenzo e Luciano Cantini. Anche qui: sapete tutto di loro, la famiglia fiorentina convertita sulla via delle stampanti 3D. Sono stato nella loro bottega recentemente e ho visto come stanno crescendo e mi piace parecchio il progetto di diffondere le stampanti 3D nelle scuole. Lo facciamo assieme?
60) Silvia Vianello. I giornali l’hanno scoperta perché è la giovane e bella docente della Bocconi che ha detto no al Grande Fratello. Ma Silvia è molto di più: è una professoressa coi fiocchi che sulla innovazione tra green e social media dà dei punti a tutti.
61) Roberto Covolo detto Rombi. Lo ammetto sono colpevole: colpevole di non essere ancora andato a visitare di persona cosa è diventato la ex Fadda a San Vito dei Normanni in Puglia. Eppure tutti mi dicono meraviglie di questo ex stabilimento enologico trasformato in contenitore culturale dalla passione di un gruppo di artisti, attivisti, economisti. Rivoluzionario.
62) Miriam Surro. Il suo “discorso della vittoria” dal palco del teatro Don Bosco di Potenza dopo aver vinto il Techgarage me lo porto nel cuore. C’era tutto l’orgoglio lucano di una giovane donna che fa innovazione vera al sud in una regione che spesso ci dimentichiamo che ci sia. Spero con tutto il cuore che il suo MIDO abbia tanto ma tanto successo. Viva la Basilicata!
63) Federico Morello. Ne ha fatta di strada il poster boy della cover story di Wired “Sveglia Italia!” sulla banda larga. Alfiere della Repubblica e Advisor della Commissione Europea, ha compiuto 18 anni e ha davvero tutta la vita davanti. Senza paura, Fede.
64) Ermanno Cece. Una rivelazione. Ovvero come puoi decidere a tavolino di fare il miglior blog del mondo sulla finanza delle startup e riuscirci. Da Roma. Si chiama FinSmes.
65) Alice Lizza e Davide. Ok Davide non mi ricordo mai il tuo cognome ma lo so che il camper, anzi il barcamper di StartupItalia! lo guidavi tu in giro per l’Europa sulla rotta dei makers. Avete fatto una impresa e il vostro videoblog resta una documentazione unica sulla terza rivoluzione industriale. Io Alice e Davide li ho conosciuti perché prima erano andati in America per raccontare un’altra rivoluzione, anzi due: dalla beat alla byte generation. Ne è venuto fuori un documentario che la Rai manda in onda a partire dal 14 gennaio Si chiama Go!, io non me lo perdo sicuro.
66) Giampaolo Colletti. Csi parli di webtv o di wwwokers o di social media, Giampaolo c’è sempre con un punto di vista originale e un sorriso per tutti. Una volta una azienda mi ha detto: “Per la nostra convention vorremmo uno come te ma più giovane” (aaargh!). Io ho vacillato un istante ma ho detto sicuro: Giampaolo Colletti! Poi ho ordinato una crema per il viso…
67) Marthia Carrozzo. Che c’entra la poesia con l’innovazione? Innovation is more poetry than science, come disse una volta un tale in Silicon Valley. Cercate la clip con cui Marthia ha aperto il Next di Bari al Petruzzelli e capirete.
68) Carola Frediani e Antonella Napolitano. Non lavorano assieme ma scrivono entrambe per TechPresident, il riferimento numero uno al mondo per open gov e e-democracy. Quando leggo i loro pezzi non solo ne esco più informato, ma anche fiero di queste due giornaliste italiane così brave e apprezzate all’estero.
69) Mauro Ferrari. L’ho conosciuto nel corso delle ultime due edizioni del Forum Ambrosetti di Cernobbio ricavandone una impressione eccellente: star mondiale della medicina, guida con umiltà e visione un importante centro di ricerca sulle nanotecnologie a Houston. Il ministro Lorenzin lo ha nominato in extremis per dire la parola fine al caso Stamina. E’ la persona giusta.
70) Alberto Cottica. Un amico, la persona che mi ha fatto scoprire la Wikicrazia, un compagno d’armi in Wikitalia: nel 2013 ha lanciato la piattaforma Edgeryders, “un grande bottone rosso con la scritta: pronto intervento hackers”. Mi sono iscritto subito.
71) Maurizio Napolitano. E’ il referento italiano della Open Knowledge Foundation ed è riuscito a portare l’Open Data Institute a Trento. C’è tanto ma tanto lavoro da fare sui dati aperti e sulla loro mancata utilizzazione, vero Napo?
72) Giuseppe Naccarato e Stefano Vena. A che servono gli open data? La risposta la conoscono Giuseppe e Stefano, due ingegneri (“hackers”) calabresi che in una notte hanno scaricato i – pochi – dati aperti del Mibac e in qualche mese hanno montato Viaggiart, la prima piattaforma dei beni culturali italiani. E gli altri intanto parlano parlano…
73) Flavia Marzano. A Flavia darei un posto ad honorem in questa strampalata top 100 anche solo per come resiste nel guidare gli Stati Generali della Innovazione, un organismo creato da lei e Nello Iacovo con il compito di dialogare con una politica sempre più sorda. Ma nel 2013 ha anche aggiunto Wister, che sta per Women for Intelligent and Smarter Territories: partito come una mailing list, promette bene. Se solo qualcuno ascoltasse…
74) Alessandra Poggiani e Simone Puksic. Con il cuore li spedirei dritti al primo posto, ma vuol dire che dovranno meritarselo nel 2014. Ne hanno l’occasione. Alessandra è la persona con cui ho montato l’operazione Go On Italia!, Simone è il giovane friulano al quale ne affideremo l’esecuzione nella prima regione, il Friuli Venezia Giulia. Quando sono andato a Udine, in tour di studio con Paolo Coppola, ho scoperto che in piccolo faceva esattamente quello che vorremmo fare noi di WIkitalia adesso: lavorare sulle competenze digitali. Lo faceva con passione e con il sorriso. Ci crede. La persona giusta
75) Stefano Quintarelli. Faccio una eccezione a questa lista dove volutamente non ho messo politici: Stefano in fondo non lo è anche se è stato eletto deputato con Scelta Civica. Stefano è semplicemente il più competente, preparato, equilibrato conoscitore delle questioni digitali e delle loro ricadute sulla economia. In questi anni si è speso come un matto per spiegare a tutti “di cosa stavamo parlando”. Visti i risultati, speriamo non si scoraggi.
76) Carlo Alberto Carnevale Maffé. Non ci siamo mai visti ma è come se lo vedessi ogni giorno. Grazie a Twitter e Facebook, dove seguo i suoi frequentissimi e martellanti interventi sulla mancata innovazione in Italia. Non solo è utile seguirlo (è un super prof del resto): è anche divertente.
77) Guido Scorza e Ernesto Belisario. Non solo due amici ma due sentinelle della innovazione sulla frontiera della legge e della pubblica amministrazione. Quando non capisco una cosa vado sui loro svariati blog e scopro la soluzione. A gennaio inaugurano il nuovo studio romano, a largo Argentina.
78) Alessandra Rucci. Tante le storie belle di scuola che cambia, ma fra tutte scelgo quella di questa preside di Ancona. Lei ha una carica positiva davvero contagiosa.
79) Cristiano Seganfreddo. Perché la finale del Premio Marzotto con la banda larga della innovazione riunita nella sala musica di Valdagno è stata una delle cose migliori del 2013 in questo campo.
80) Fabrizio Sammarco. All’inizio ero diffidente di Fabrizio e della rete di Italiacamp: troppo vicina alla vecchia politica, mi sembrava. Poi l’ho conosciuto, ho capito cosa vuole fare, ho percepito passione e buona fede e anche un piglio vagamente rivoluzionario. A febbraio per esempio porta una decina di startup italiche a Wall Street. Punta sempre in alto lui.
81) Salvo Mizzi. I tre acceleratori di Working Capital (Milano, Roma e Catania) sono stati un bel colpo. E ora arriva il quarto a Bologna.
82) Luigi Capello. La fabbrica delle startup alla stazione Termini di Roma è stata una intuizione geniale in un anno in cui Capello ha visto anche la quotazione in Borsa della sua Lventures.
83) Riccardo Donadon. E’ un po’ che non vado a trovarlo a Roncade e quindi potrei essermi perso qualcosa ma il filone di H-ackaton, per mettere in contatto made in Italy e innovatori va nella strada giusta.
84) Paolo Barberis. Me lo ricordo triste dopo la fine con Dada. Poi ha fatto NanaBianca ed è letteralmente rifiorito.
85) Mauro del Rio. Da Buongiorno a b-ventures, Mauro ha sempre una marcia in più. Molti giurano che sarà il prossimo sindaco di Parma. Soltanto?
86) Michele Costabile Mario Mariani Andrea Di Camillo Massimiliano Magrini Giovanni De Caro e Diana Saraceni: i volti umani di questo mondo per molti versi sconosciuto del venture capital italiano che quest’anno ha fatto alcuni passetti in avanti.
87) Federico Barilli. Far funzionare ItaliaStartup è una impresa. Ci sta provando.
88) Stefano Bernardi. Un’occhiata al giorno a Italian Startup Scene leva di torno la solita solfa sui giovani italiani depressi. Stefano dirige il traffico di notte mentre di giorno lavora a San Francisco come startupper (o viceversa).
89) Gianluca Neri. Non solo la sua Blogfest ha anticipato tutti scegliendo papa Francesco quale “uomo dell’anno”, ma lui a dicembre era a piazza San Pietro tutto emozionato a consegnare il premio al pontefice. Vedere Facebook per credere.
90) Giovanni Re. Il punto di riferimento degli artigiani tecnologici. Quest’anno non si è risparmiato in eventi e iniziative varie. Portando ovunque il suo allegro ottimismo.
91) Marco Zoppi. Come un chimico può inventare la formula perfetta delle bolle di sapone e montarci su uno spettacolo acclamato in tutte Europa (la clip della sua performance a Maker Faire è super).
92) Andrea The Laserman. Un vero maker: si è costruito a mano la pedana per gli effetti speciali di uno show in cui gioca con i laser. Una star delle migliori discoteche del globo, a Maker Faire è riuscito a far ballare con i laser persino me…
93) Capone Bungt Bangt. Un artista e un grande uomo: direttamente da Napoli, dirige e suona una orchestra fatta con oggetti destinati alla spazzatura. Cercate il video in cui fanno il verso ai Daft Punk. Ma la cosa migliore sono i laboratori per insegnare ai bambini a farsi strumenti musicali con qualunque cosa.
94) Maria Teresa Cometto. Bello Tech and the City. E se non lo avete ancora letto siete in tempo.
95) Alex Giordano. Bello anche Societing (scritto con Adam Ardvisson): le analisi di Alex sulle mutazioni in corso e la Rural Society si confermano un punto di riferimento per capire dove andiamo e come arrivarci.
96) Massimiliano Colella e Stefano Venditti. Rispettivamente direttore generale e presidente di Asset, azienda speciale della Camera di Commercio di Roma. Ci sono loro dietro gli eventi Happy Birthday Web, Maker, iSchool, Open Science e alla strepitosa Maker Faire di Roma. Ovvero quando una istituzione pubblica investe in cultura della innovazione.
97) Antonio Perdichizzi Andrea Bettini Michele D’Alena Viviana Cannizzo Annibale D’Elia Nicola Pirina Michele Petrone Fabio Lalli Paolo Lombardi Gabriele Persi Antonio Prigiobbo. Sono le avanguardie dell’innovazione delle rispettive città o regioni. Sono quelli che, spesso accanto ai loro veri lavori, connettono le idee e i progetti, promuovono gli eventi, si sbattono perché le cose vadano avanti e funzionino. Niente fuffa.
98) Luca De Biase. E’ tornato alla guida di Nova, dirige la fondazione Ahref e sta nella task force Agenda Digitale di palazzo Chigi. Tutte cose buone.
99) Wired Italia. E’ tornato ad occuparsi di startup, makers, scienza e ha pure fatto un manifesto sull’innovazione senza permesso. Bene, in questa partita, quella per cambiare e far ripartire l’Italia, c’è bisogno di tutti.
100) I lettori di Cambiamo tutto! Perché hanno reso grande un piccolo libro.
Buon 2014.