in

Tra votare o candidarsi per proteggere l’ambiente, la salute o i più deboli, c’è una terza opzione: il lobbying del cittadino

innovaizone

In giro per il mondo, avvocati, disegnatori grafici, professionisti della comunicazione, contabili, studenti di economia e tanti, tanti altri (inclusi carpentieri, idraulici e altri artigiani) stanno dedicando una porzione del loro tempo (senza alcun corrispettivo) per assistere organizzazioni no-profit a promuovere importanti cause sociali.

Un’azione di volontariato di questo tipo può assumere molte forme, come ad esempio redigere un business plan, un comunicato stampa o condurre una campagna sui social.

Il concetto chiave è indirizzare le competenze delle persone verso cause nelle quali quelle stesse persone credono.

Storicamente, questo tipo di volontariato qualificato era stato intrapreso dalle classi più agiate che semplicemente potevano permettersi di dedicare le loro prestazioni e il loro tempo per migliorare le condizioni delle proprie comunità.

La NAACP (Associazione Nazionale per il Sostegno alle Persone di Colore) iniziò ad agire come organizzazione di volontariato sostenuta da professionisti e accademici intenzionati ad usare le loro competenze per migliorare la posizione sociale delle persone di colore all’interno della politica, del diritto e della società americana. Ancora, sia ASS (Associazione per l’abolizione della Schiavitù) che Amnesty International hanno iniziato la loro attività allo stesso modo.Oggi, invece, sta diventando sempre più evidente che non solo l’élite ma anche professionisti ed altre persone istruite, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, possano e spesso vogliano trovare modi per usare le loro competenze per restituire quanto avuto.

Nell’Unione Europea di oggi, se consideriamo il gruppo di persone dai 30 ai 34 anni, il 30% degli uomini e il 40% delle donne hanno un’educazione superiore.

In alcuni Stati Membri, come è il caso dell’Italia, questo valore eccede il 50% e a volte raggiunge anche il 60% ed esistono iniziative volte a valorizzare le esperienze di volontariato. Questo dato non tiene neppure conto di tutte quelle persone che hanno intrapreso percorsi di formazione professionale. Per non parlare dei giovani europei a cui oggi manca un senso di appartenenza e fiducia nella possibilità di lasciare il proprio segno nel mondo.

Qualunque etichetta gli si dia, pro-bono, volontariato qualificato, volontariato 2.0 o persino volontariato delle competenze, il concetto non cambia.

L’idea di fondo che studenti, professionisti (giovani e meno giovani) e pensionati possono usare le loro competenze, su base volontaria, per migliorare la società in cui vivono, non è nuova.

Ciò che è nuovo e inesplorato è il potenziale di questo movimento nel cambiare le dinamiche delle nostre società.

Come cambierebbe la nostra società se le organizzazioni della società civile avessero gli stessi strumenti e le stesse competenze di una grande azienda? Che cosa avverrebbe se tutti gli interessi della società fossero rappresentati nei processi decisionali che portano all’adozione di politiche pubbliche che modellano le nostre esistenze? Che cosa accadrebbe se grandi aziende e organizzazioni della società civile unissero le forze per cause di comune interesse? Per quanto illusorio tutto questo possa sembrare, se questi scenari dovessero realizzarsi ne gioveremmo tutti.

Il volontariato delle competenze per sostenere il lobbying cittadino

L’ultimo passaggio che resta da affrontare è nel collegamento fra il volontariato delle competenze e democrazia. In Italia, cosi come in tutte le democrazie liberali, si continua a pensare che per trasformare la nostra società esistano solo due opzioni possibili: votare o candidarsi per una carica pubblica. Ma esiste una terza opzione che, seppur meno conosciuta e spesso mal compresa, promette di generare un impatto significativo sulla nostra società: fare lobbying. Contrariamente all’immaginario collettivo, esercitare influenza sui processi decisionali non è soltanto legale ma è anche l’espressione della nostra libertà di espressione e dunque un’attività necessaria in una democrazia.

Grazie alla rivoluzione digitale e all’imporsi dell’ethos imprenditoriale, fare attività di lobbying oggi non è più una prerogativa dei grandi gruppi industriali facenti parte di associazioni di categoria forti e con innumerevoli connessioni politiche. Il lobbying è dunque qualcosa che ciascuno di noi può fare. Inoltre, diversamente dalla democrazia rappresentativa, l’attività di lobbying funziona davvero. Basta chiederlo alle grandi aziende e gruppi di pressione che investono regolarmente ingenti risorse per esercitare influenza sui decisori pubblici.

Spieghiamo meglio cosè il lobbying cittadino

Il lobbying cittadino consiste sia in azioni individuali, volte ad esempio a monitorare il comportamento dei nostri rappresentati via Twitter oppure promuovere una campagna per l’adozione di una nuova politica pubblica su Avaaz, che azioni collettive, come contribuire con le proprie competenze alle attività di una ONG volte a promuovere l’interesse pubblico.

Il lobbying cittadino non consiste nel contrapporre un “buon” lobbying ad un “cattivo” lobbying, ma nel democratizzare processi d’influenza che sono stati finora monopolizzati da gruppi di pressione rappresentativi di alcuni interessi particolari piuttosto che altri che sono invece diffusi, come la protezione dei consumatori, dell’ambiente o della salute pubblica. Il lobbying cittadino ambisce a assicurare una partecipazione effettiva dei cittadini alle decisioni che concretamente influenzano le loro vite. La sua filosofia d’azione è che ciascun interesse possa essere rappresentato al tavolo delle trattative e avere dunque voce in capitolo.

È qui che il volontariato delle competenze e il lobbying cittadino si incontrano. Che tu lavori per la pubblica amministrazione o nel settore privato, che tu sia un giovane studente oppure un professionista esperto, noi tutti possiamo avere un ruolo attivo per fare lobbying di interesse pubblico. Il “volontariato delle competenze” è un modo concreto ed efficace per generare ed alimentare lobbying di interesse pubblico capace di raggiungere risultati di interesse pubblico. In un modo o nell’altro, la maggioranza delle persone oggi in Italia ed in Europa possiede competenze socialmente ed economicamente valide. Perché non mobilizzarle per fini di interesse pubblico?

Un movimento globale di mutuo aiuto, anche in Europa

Negli Stati Uniti il volontariato delle competenze a fini di lobbying è in pieno fermento, guidato da organizzazioni come Taproot Foundation (che fornisce esperti professionisti ad organizzazioni no-profit per perseguire fini sociali), Pro Bono Net e Appleseed network (che aiutano a connettere avvocati sia verso il mondo del volontariato che a lavorare su ampie iniziative di giustizia sociale), Datakind (che coinvolge esperti analisti su progetti che riguardano importanti crisi umanitarie) e St. Bernard Project (che recluta imprenditori edili per la ricostruzione delle case delle vittime di disastri naturali). Inoltre, ci sono anche aziende desiderose di impiegare i loro dipartimenti di affari pubblici per collaborare in azioni di interesse pubblico.

In Europa, per il momento, le organizzazioni di interesse pubblico sono meno strutturate ma si stanno rafforzando velocemente. Nel settore legale PILnet è stato un precursore, connettendo avvocati da tutta Europa con ONG che richiedevano consulenza legale. Nel tempo, sono fiorite a livello locale organizzazioni che forniscono servizi simili, come aadh in Francia o Centrum Pro Bono in Polonia. Oltre al settore legale, stanno emergendo organizzazioni impegnate a far sì che tutti i tipi di professionisti e accademici possano utilizzare le proprie competenze per azioni di volontariato: in Germania c’è Proboneo, in Spagna Fundacion Hazloposible, sempre in Francia probonolab e in Polonia Fundacja Dobra Siec. Ci sono poi alcuni esempi incoraggianti di nascenti azioni di volontariato da parte di cittadini impegnati ad usare le loro conoscenze per far funzionare meglio l’Unione Europea.

Queste azioni hanno aiutato ad ispirare la nascita di una mia recente iniziativa, The Good Lobby, e ne sono state da esempio. L’Europa ha assistito alla nascita di una manciata di “cliniche giuridiche” riguardanti il diritto europeo e l’advocacy. Queste cliniche (progetti universitari per la formazione giuridica) sono dedicati a studenti intraprendenti e finalizzate a redigere (gratuitamente) pareri concernenti il diritto e le politiche europee per individui ed organizzazioni che altrimenti avrebbero difficoltà a pagare per i medesimi servizi. Così facendo, gli studenti migliorano la comprensione tra l’UE e i suoi cittadini e viceversa.

Ad esempio, la EU Public Interest Clinic che dirigo a Parigi ha permesso a decine di studenti della New York University e di HEC Paris di lavorare assieme a professori e professionisti provenienti da tutta Europa e ONGs come Wikimedia, Transparency International ed il WWF al fine di portare avanti azioni di lobby nei confronti dell’UE riguardanti la trasparenza dei processi decisionali, i diritti dei consumatori e la protezione dei diritti dei Rom (un progetto è persino risultato tra le attività investigative del mediatore europeo!). Queste clinics rappresentano soltanto un esempio di come le persone possano usare le loro competenze per arginare la distanza fra le istituzioni europee e i cittadini, e si pongono come chiaro esempio di cittadinanza europea attiva.

Il volontariato delle competenze per la democrazia in Europa

The Good Lobby, in particolare, intende “scalare” l’esperienza sinora acquisita e propone l’equazione seguente. Le ONG che sono coinvolte nel raggio d’azione delle politiche nazionali ed europee stanno affrontando alcune fra le più grandi sfide economiche e sociali che le nostre comunità si trovano oggi d’innanzi: migrazioni di massa, disuguaglianza economica e sociale, degrado ambientale, cura della salute pubblica e protezione della privacy. Molto spesso queste ONG non hanno sufficiente personale e soprattutto mancano dei legami con i cittadini. Nel frattempo, in tutta Europa, ci sono studenti, professionisti ed accademici con una passione per una varietà di cause sociali e desiderosi di tramutare la loro passione e competenza in attività di volontariato.

The Good Lobby vuole aiutar la società a compiere questo passo, agendo come catalizzatori per la politica Europea, stringendo collaborazioni per portare avanti attività di lobbying di interesse pubblico. Consentendo a ciascuno, sia esso uno studente, un accademico, un avvocato o ogni altro professionista, di fornire assistenza ad ONG impegnate per importanti problemi sociali. The Good Lobby intende liberare il potenziale di ognuno per contribuire a costruire una migliore rappresentanza degli interessi durante il processo di formazione delle politiche europee.

Lo scopo di The Good Lobby è appunto quella di fornire a ciascuno di noi, così come ai nostri datori di lavoro, concrete opportunità di volontariato, opportunità di coinvolgimento ben oltre le tradizionali forme di partecipazione, come una donazione occasionale o la firma di una petizione.

Assieme al nostro sforzo di mettere insieme tutte queste energie diverse, una nuova ed innovativa forma di democrazia potrebbe timidamente emergere. Questa è la nostra missione con The Good Lobby, ma abbiamo bisogno di TE per realizzarla.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

International Collaboration Day, anche a Roma spazio alla condivisione

innovaizone

Vita (da ricchi) nei grattacieli americani dove i cani hanno piscine e “yappy hour”