Tutte le balle sulla vivisezione e le loro conseguenze sulla ricerca

scienze

Sto per scrivere questo pezzo per “Che Futuro!”, con il punto esclamativo. Una testata tutta su innovazione e progresso: tutto quello che ci fa ben sperare per il domani.

Ma in questo articolo sarebbe forse meglio scrivere “CheFuturo?”, con il punto di domanda. Perché chi, come me, vive nel mondo della scienza, qualche domanda sul futuro se la sta facendo di questi tempi. Che futuro avrà la scienza qui in Italia?Non serve guardare molto distante. In pochi mesi abbiamo assistito al caso Stamina e alle proteste degli “animalisti” contro la vivisezione (ricorderete Green Hill). Vicende che hanno raccolto il favore del pubblico grazie a campagne mediatiche a tappeto: campagne di disinformazione sistematica.

Da un certo punto di vista il successo di queste campagne è comprensibile.

Se uno mi viene a chiedere “vorresti che non si uccidessero gli animali in ricerca?”, la risposta è ovvia: sì, certo. Non mi viene però spiegato cosa questo comporta, e da uomini di scienza ci si sente in dovere di informare correttamente il cittadino. Quindi eccomi qui.

Oggi vorrei parlarvi proprio della vivisezione. In questi giorni la politica ne sta discutendo, ma è ormai un termine che sentiamo spesso no? In radio passano spot promozionali per Stop Vivisection – una iniziativa europea che chiede di fermare la vivisezione.In Rai ora c’è anche una campagna pubblicitaria ufficiale. Personaggi pubblici di rilievo –nazionali ed internazionali– sostengono Stop Vivisection a spada tratta.

Ma cos’è questa vivisezione? Dovremmo, prima di tutto, cominciare a utilizzare il termine corretto.

Vivisezione” è una parola forte e figurativa, che piace un sacco ai media.

La vivisezione, l’aprire l’animale vivo per farlo soffrire, è bandita.

Ah, e se volessimo guardare al significato letterale di vivisezione, ci renderemmo conto che significa “sezionare qualcosa di vivo”.Ogni operazione chirurgica quindi è tecnicamente vivisezione. Le discussioni sui termini sono forse un po’ sterili, non mi dilungo troppo.Stop Vivisection per vivisezione intende la sperimentazione animale. Cioè l’utilizzo –e spesso il sacrificio– nella ricerca di animali. Una delle tristi realtà del mondo moderno.

Ma perchè mai applichiamo la sperimentazione animale? In poche parole, grazie alla sperimentazione animale, siamo in grado di curarci. Siamo in grado di procedere con il miglioramento della qualità della vita. Possiamo offrire speranze ai malati senza una cura.

Vogliamo abolire la sperimentazione animale? Questo non sarà più possibile.

Secondo Stop Vivisection e i suoi sostenitori “parte della comunità scientifica ritiene la vivisezione inutile”. Questa parte della comunità scientifica il sottoscritto deve ancora trovarla. Nessuno scienziato in buona fede verrà a dirvi una frase del genere.

Volete definirvi cittadini informati e sapere qualcosa di più su ciò che Stop Vivisection non vi dirà mai? Seguitemi nel mio ragionamento.

Prima di tutto vorrei sottolineare come la sperimentazione animale non sia etica nei confronti degli animali che vengono sacrificati. Questi poveri animali vengono spesso uccisi e fatti soffrire (ma nel minor modo possibile) senza che lo possano decidere. In questa sede discuteremo della validità scientifica della sperimentazione animale.

Partiamo dalle basi.

Nota di servizio: l’autore di questo post non è dipendente di case farmaceutiche, non ha mai partecipato ad uno studio che utilizza sperimentazione animale e dichiara di non essere soggetto a conflitti di interesse di qualunque genere.

Nel mondo della ricerca si fa spesso uso di animali modello. Lo sono, per esempio, il topo (Mus musculus) e la rana (Xenopus laevis). Vengono ingegnerizzati geneticamente, in modo da aiutarci a capire il funzionamento dei processi biologici e delle malattie.

La differenza genetica tra uomo e topo è stimata da alcuni articoli attorno al 2.5%. Siamo parecchio diversi da un topo, mi direte. Ma biologicamente e fisiologicamente parlando siamo molto molto simili.

Si ritiene, dunque, che studiare la formazione di una malattia nel topo (o in altri modelli) possa essere molto informativo per quanto riguarda l’uomo. Non si studiano solo malattie, ma anche i processi cellulari e molecolari di base –che in ogni caso ci aiutano a comprendere le malattie stesse.

Focalizziamoci però sulle malattie, che forse è quello che ci interessa di più.Volendo generalizzare, trovare la cura per una malattia passa attraverso 3 fasi:1) scoprire il meccanismo che ne sta alla base;2) trovare un farmaco o una terapia in grado di contrastare questo meccanismo;3) se l’efficacia è dimostrata e le autorità competenti lo approvano, testare il farmaco sull’uomo.

Nei primi due punti vengono utilizzati, tra gli altri metodi, gli animali.I topi –parlo di topi, ma il discorso si applica anche agli altri animali utilizzati in ricerca– vengono ingegnerizzati in modo da non possedere la sequenza genetica codificante per quel tratto ritenuto responsabile della malattia. Sono chiamati topi knockout.

Se stiamo studiando la malattia “X”, vediamo se la mancanza del gene “A” nel nostro topo knockout sia in grado di influenzare in qualche modo la sua insorgenza, o il suo decorso.

Questo viene affermato secondo criteri statistici che valutano parametri adatti ad ogni caso specifico (possono essere mortalità, presenza o meno di una determinata proteina, e così via). Avendo bisogno di una “certezza” statistica, sono necessari molti esperimenti, ergo molti animali.

Ovviamente è più semplice a dirsi che a farsi. Servono anni ed anni di studi per arrivare a questo punto. Ma diciamo di aver scoperto il gene “A”, che se mutato causa la malattia “X”. Diciamo anche di aver trovato il farmaco “B”, una molecola che va a contrastare l’effetto della mutazione nel gene “A”.

Si somministra il farmaco all’animale modello per la malattia, e si valuta l’eventuale effetto positivo del farmaco. Anche qui c’è bisogno di significatività statistica, ovviamente.La malattia “X”, però, potrebbe essere una malattia che colpisce solo una determinata popolazione cellulare, per esempio i neuroni. Vogliamo accertarci che il farmaco “B” non sia nocivo nei confronti delle altre cellule (quelle che non sono neuroni), o che almeno lo sia in maniera accettabile quando comparata con l’effetto benefico.

Le cellule del nostro corpo (e degli animali) hanno tutte lo stesso materiale genetico. Ma questo è “acceso” o “spento” in maniera diversa nei vari tipi di cellule. E’ questo che determina la loro diversità (il neurone non è uguale ad una cellula epiteliale).

Il farmaco potrebbe essere dannoso per le cellule diverse da quelle coinvolte nella malattia “X”, e portare a conseguenze gravi, anche alla morte. Ci sono inoltre da studiare le dosi, le modalità di somministrazione, dove va il farmaco una volta entrato nel corpo. Non sono problemi marginali.

Solo a questo punto, quando l’efficacia e la non pericolosità del farmaco sono stati dimostrati negli studi preliminari sugli animali, potrà essere proposto per un clinical trial sull’uomo. L’uomo, come dicevamo, non è identico all’animale modello. E non sappiamo con assoluta certezza se si comporterà ugualmente ad esso. Ma essendo i processi coinvolti quasi sempre gli stessi, possiamo aspettarci che la risposta sia congrua, o quantomeno simile. Questo sarà confermato o meno grazie ai clinical trial.

La sperimentazione animale, quindi, serve come spunto iniziale per studiare le malattie e come filtro per evitare di somministrare farmaci potenzialmente dannosi o letali ai pazienti.

Vediamo un po’ di numeri. Grazie alle nuove tecnologie siamo in grado di generare migliaia e migliaia di composti che possono diventare dei potenziali farmaci per una determinata condizione.

Serve selezionare quelli “giusti” per risolvere il nostro problema. Il processo di selezione è estremamente sfavorevole. Solamente da 1 a 10 composti vengono selezionati come potenziali farmaci ogni 10 mila composti generati.Di questi, forse 1 su 10 risulterà efficace e non tossico nei test preclinici sugli animali. E ancora, solo 1 su 10 riuscirà ad arrivare all’approvazione dopo i trial clinici sull’uomo.

Il risultato è che solo 1 su 100 mila potenziali farmaci sarà risultato commercializzabile perchè efficace e non dannoso.

Senza sperimentazione animale dovremmo testare questi 10 mila/100 mila farmaci direttamente sull’uomo.

Se vostro figlio fosse malato, gli dareste un farmaco che potrebbe essere potenzialmente –e molto probabilmente, visti i numeri– letale? Ancora, fareste a meno di dargli il farmaco che potrebbe salvargli la vita perché scoperto grazie alla sperimentazione animale?

Veniamo quindi ai sostenitori della campagna Stop Vivisection. L’iniziativa, come dicevamo, si prefigge di abolire l’uso delle cavie nei laboratori per rendere obbligatorio il ricorso a «dati specifici per la specie umana».Parlano di metodi alternativi disponibili al giorno d’oggi, che sostituirebbero completamente, volendo, la sperimentazione animale. Purtroppo queste persone spesso non hanno la minima idea di cosa si tratta.

I metodi citati sono la sperimentazione in vitro e le simulazioni al computer.

Bene, la sperimentazione in vitro, che consiste nell’utilizzare colture cellulari derivate dall’animale (o dall’uomo), invece che l’animale in sé, è già ampiamente applicata. E’ una tecnica (un insieme di tecniche) estremamente utile. E’ pero solo complementare alla sperimentazione animale: la ragione più eclatante è che con una coltura cellulare non possiamo valutare gli effetti sistemici del farmaco (sappiamo che va bene sui neuroni, ma non sappiamo se va bene sul cuore).

Un altro grande cavallo di battaglia è dire che “noi non siamo topi”. Lo dicevamo proprio prima no? Vi renderete conto di quanto quest’obiezione sia semplicemente stupida. Non siamo nemmeno colture cellulari, per fortuna. E se mi posso permettere, siamo molto più “topi” che “colture cellulari”, da un certo punto di vista.

L’ingegneria tissutale sta facendo grandi passi nella costruzione di organi artificiali, ma non è ancora in grado di fornire un’alternativa matura –e non risolverebbe comunque il problema degli effetti sistemici. L’utilizzo delle staminali umane è fortemente limitato dalla legge, e nemmeno questa non è al momento un’alternativa plausibile.

Per quanto riguarda le simulazioni al computer, questa è una vera e propria bufala. Le simulazioni al computer esistenti utilizzano dati ricavati dalla sperimentazione animale per inferire alcuni risultati, ma di base non funzionano. Servirebbero molto più dati, e dei modelli molto più sofisticati.

L’uomo è una macchina infinitamente complessa, e dei modelli comprendenti anche solo una frazione di tutte le variabili in gioco (se le conoscessimo) impiegherebbero anni ad ottenere dei risultati, anche utilizzando i supercomputer più potenti oggi esistenti.

Abbiamo poi le nuove tecnologie di sequenziamento che permettono di conoscere il contenuto totale del genoma di un individuo ad un costo che è una frazione di qualche anno fa (si stima che in pochi anni dovrebbe scendere sotto i $1000).

L’analisi di grandi quantità di questi dati negli studi di associazione sta soppiantando l’utilizzo degli animali nella prima fase di studio di molte malattie multifattoriali. Possiamo scoprire, in questo modo (e grazie a strumenti statistici), quali regioni del nostro DNA sono associate alle varie malattie.

Stiamo solo ora iniziando a comprendere come utilizzare questi nuovi strumenti. Anche partendo da questa conoscenza, la strada per arrivare alla cura è ancora lunga, e purtroppo non prescinde dalla sperimentazione animale.

Non mi va giù come queste persone sembrino quasi credere che il ricercatore stia cercando di trovare ogni modo per torturare gli animali. Che provi gusto nel farlo.No, semplicemente no. Perchè mai dovrebbe?

In mezzo a noi abbiamo serial killer, maniaci sessuali e persone di poco conto. Questa è l’eccezione, e non la regola. Sono sicuro che ogni ricercatore che abbia dovuto sopprimere un animale non lo abbia fatto con il sorriso sulle labbra.

I ricercatori studiano per anni per poter seguire la loro passione, e fare del bene. Soprattutto, i ricercatori dedicano la loro vita al laboratorio, che non ha orari e tempi definiti.

Dicevo seguire la loro passione, perché, a meno di espatriare, il ricercatore non è una professione da intraprendere per il ritorno economico, almeno in Italia. E no, i ricercatori non vengono pagati migliaia di Euro dalle multinazionali per torturare gli animali. Quello che stanno facendo i gruppi animalisti è denigrare completamente la figura del ricercatore.

Vengono definiti assassini, prezzolati, carogne. Io li definirei eroi.Parliamo di fermare la fuga dei cervelli, ma forse dovremmo cominciare prima a creare un ambiente migliore per i ricercatori, che all’estero godono di stipendio e considerazione decisamente superiori.

La teoria complottista animalista sostiene che le multinazionali farmaceutiche guadagnino un sacco di soldi sperimentando sugli animali. Le multinazionali spendono un sacco di soldi per sperimentare sugli animali, per mantenerli, per farli soffrire il meno possibile.

Contrariamente a quanto ci vogliono far credere, si è all’assidua ricerca di metodi alternativi, e quello dei costi è un altro motivo. Sottolineerei anche che la sperimentazione animale è anche strettamente regolata: ogni esperimento deve essere approvato da comitati etici appositi.Qualsiasi operazione è seguita da un medico veterinario apposito, che si assicura che l’animale soffra il meno possibile. Il mondo scientifico non è un mondo perverso.

Il dibattito, per quanto mi riguarda, può essere intrapreso solo da persone a conoscenza delle conseguenze dell’abolizione della sperimentazione animale.Dal punto di vista etico e morale, è indubbiamente una pratica ingiusta nei confronti degli animali, non si discute. Dal punto di vista etico e morale, anche mangiare gli animali è ingiusto.

E portando il ragionamento al limite, cosa forse non propriamente corretta, la società umana è completamente ingiusta nei confronti di tutto ciò che non è umano.Si può discutere della moralità della pratica. Si può discutere sulla necessità del progresso, sull’antispecismo. Vi invito anzi a farlo nei commenti, ma non si può discutere sulla validità e necessità scientifica della sperimentazione animale. Troppe vite sono state salvate, o migliorate, grazie ad essa.

Il mio parere, come avrete capito, è che abolire la sperimentazione animale non sia, in nessuno modo, la soluzione. Si può lavorare sul migliorare le regolamentazioni, sull’istituire ulteriori comitati etici e iniziare un dibattito costruttivo su un tema che, evidentemente, turba una porzione della popolazione.

Si può cominciare, come è stato, dall’abolire la sperimentazione animale per i prodotti cosmetici, dove non è obiettivamente necessaria. Chiusura mentale, serratismo e critica fine a sè stessa non aiutano nessuno.Ognuno, poi, sarà libero di decidere di non utilizzare i farmaci per essere coerente con sè stesso, come ognuno è libero di non praticare l’aborto in base alle proprie convinzioni.

In Europa abbiamo ora una modernissima direttiva che regola la sperimentazione animale, in cui si parla di etica, di miglioramento delle condizioni animali, di riduzione del numero di animali, di raffinazione dei metodi alternativi. L’obiettivo finale è di eliminare la sperimentazione animale, ma questo è un processo ancora lungo e tortuoso.

In Italia, ovviamente, non abbiamo ancora recepito la direttiva. Siamo in ritardo. Sapete perché?

Grazie alle proteste agli animalisti l’abbiamo modificata –e siamo stati multati per questo– con proposte a dir poco folli.

Per esempio ora sono vietati gli xenotrapianti, ovvero trapiantare tessuti provenienti da altre specie: niente più valvole suine, per esempio.Si tratta però anche di un importante strumento per la ricerca sulle malattie, soprattutto il cancro. Ogni procedimento a cui l’animale sarà sottoposto, poi, richiederà anestesia totale, anche le semplici iniezioni e prelievi: dove sta il benessere animale qui?

Facendo un passo indietro, mi sembra che anche dal punto di vista etico, la situazione attuale sia un buon compromesso. Alcuni animali sono tristemente sacrificati, ma in questo modo riusciamo a salvare molte vite umane, e molte vite animali (molte di più rispetto a quelle sacrificate). E’ più etico non sacrificare un animale, o lasciar morire un bambino quando abbiamo la speranza di salvarlo? Ognuno potrà rispondere a questa domanda, ma non dimentichiamoci che la salute è un diritto costituzionale.

Nel caso Stop Vivisection succedesse nei propri intenti, non avremo più nuovi farmaci, nuove terapie. La ricerca si fermerà. I malati senza una cura non avranno la speranza di riceverla. I nostri animali domestici non potranno essere curati.

La grande contraddizione è che poi però pretendiamo le cure. Vogliamo tutti la cura per il cancro, per l’Alzheimer, per l’AIDS (qualcuno ha detto caso Stamina?).

Forse un giorno troveremo un modo per non dover ricorrere alla sperimentazione animale, ma quel giorno non sarà domani, né dopodomani.

E’ come decidere di abolire aerei e navi, ma pretendere comunque i viaggi transoceanici. Un giorno magari qualcuno inventerà il teletrasporto, ma cosa faremo fino ad allora?

Una critica che mi sento di fare è anche ai mass media, che prediligono il sensazionalismo e le mode alla ragionevolezza. In Tv sentiamo solo notizie negative, di cronaca, di politica e di folklore. La gente crede alla false scienze. Ci vorrebbe più spazio alla cultura, c’è tanto di bello, interessante e positivo di cui parlare. Ci vorrebbe maggiore cultura scientifica.Perché la causa di una situazione –triste– come questa è solo ed esclusivamente la cattiva informazione.

Chiudo con una frase che forse mi farà suonare antipatico, ma che a quanto pare spesso ci dimentichiamo: tutti hanno diritto ad una opinione, ma non per questo tutte le opinioni sono valide

Il biologo non va dal tecnico di Formula 1 a dirgli come deve cambiare le gomme durante il pit-stop. Chi non è competente in materia –chi è “ignorante”– non pretenda di avere ragione. Se la mia opinione sia valida lo lascio giudicare a voi.”

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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