Twitter, un’opportunità che i teenager italiani non devono perdere

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Dite addio all’equazione che definisce Twitter il rifugio per professionisti rampanti, pronti a scambiarsi notizie e brevi conversazioni pseudo-culturali. Negli Stati Uniti la piattaforma di microblogging è un social network per giovani. La notizia arriva da uno studio del Pew Research Center che sottolinea come nell’ultimo anno gli utenti con meno di vent’anni rappresentino un quarto di tutti gli iscritti americani.

I ragazzi italiani, però, non hanno ancora scoperto Twitter. Mentre dagli Stati Uniti arriva la notizia che la piattaforma di microblogging è sempre più un social network per i giovani, nel nostro Paese chi ha tra 10 e 18 anni usa poco Twitter. Per la prima volta, secondo lo studio del Pew Research Center, nella storia del sito di cinguettii gli utenti adulti sono in minoranza rispetto agli adolescenti: nel 2012 si sono fermati a quota 16%.

Nell’ultimo anno gli utenti con meno di vent’anni rappresentano un quarto di tutti gli iscritti americani. Numeri che la dicono lunga sulla percezione che i giovani americani hanno di Twitter e di Facebook.

Il 24% dei teenager intervistati nel 2012 dal think tank di Washington ha detto di usare Twitter, contro il 16% dell’anno precedente. «Gli adulti sono stati i primi a colonizzare Twitter», ha spiegato Mary Madden, una delle autrici del nuovo rapporto. «Tuttavia gli adolescenti che migrano su Twitter stanno crescendo, spesso unendo la presenza sul social network all’utilizzo di Facebook».

Facebook – che da poco ha festeggiato il primo anno in Borsa – sta continuando a perdere utenti proprio tra i più giovani che preferiscono Twitter, WhatsApp, Instagram e Tumblr, la piattaforma di blog appena acquistata da Yahoo! e usata soprattutto da teenager.

«Scegliamo Twitter e Instagram perché i nostri genitori non li usano»a, ha detto un 19enne intervistato nella ricerca.

In Italia la situazione è totalmente diversa. L’ho compreso quando, qualche mese addietro, mi sono ritrovato ad un’assemblea di studenti di un liceo. Ad un certo punto ho chiesto ai ragazzi: «Chi di voi ha Facebook?». In duecento hanno alzato la mano. «E chi di voi cinguetta su Twitter?». Meno di dieci mani hanno fatto capolino tra le teste di chi, imbarazzato, si chiedeva persino cosa fosse e a cosa servisse.

Resto dell’idea che il problema sia alla radice. In Italia ormai fin da bambini si sa cos’è Facebook ma ci si ferma lì. Siamo ancora una volta rimasti vittima di un processo di massa che non ha aiutato a usare con criticità i social network.

La prova del nove l’ho fatta in una classe quinta della scuola primaria: su 24 ragazzi, ben 23 sapevano cos’era il social network di Mark Zuckerberg e ben tre bambini avevano già un proprio profilo. Mentre di Twitter solo 11 conoscevano l’esistenza e nessuno era iscritto.

Eppure attraverso Twitter si possono avere notizie, seguire giornali, avere una conoscenza immediata e diretta dei fatti, approfondire temi magari trattati a scuola. Il mondo del cinguettio potrebbe essere una risorsa per la scuola italiana, ma il vero problema è che molti insegnati sono nella stessa condizione dei loro allievi: sono iscritti a Facebook ma non conoscono Twitter. Un vuoto, una mancanza culturale che rischia di essere una falla nel sistema d’Istruzione italiano.

Tra qualche anno i miei alunni potrebbero trovarsi a confronto con ragazzi degli Stati Uniti alfabetizzati tecnologicamente, che sanno twittare mentre i “nostri” si troveranno senza gli strumenti necessari per competere. Siamo di fronte ad un analfabetismo tecnologico evidente ed impressionate che al di là dei numeri si misura nell’esperienza quotidiana con i ragazzi.

Immagino dall’altro canto già tutti i timori e i dubbi di chi ha ritrosia nei confronti dei social network a scuola. Ne avevo pure io fino a quando un mio alunno ha iniziato a usare Twitter. Ho monitorato i suoi follower, i suoi following e i suoi tweet. Si è messo a seguire Paolo Bonolis, Jovanotti, Obama, Gad Lerner, Leonardo Pieraccioni, Milito e Zanetti. Nulla di strano. Nulla che avrebbe distratto un ragazzino di 10 anni, ma una risorsa in più per la sua conoscenza. È in quel momento che ho iniziato ad avere la conferma che la scuola dovrebbe insegnare a cinguettare in maniera intelligente e utile, per non sprecare un’opportunità, per essere nella storia, per educare all’uso della tecnologia. Senza timori. Senza fare l’errore che la Chiesa fece con Galileo Galilei.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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