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Ubiquitous Pompei: la città digitale costruita da 120 ragazzi

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Ubiquitous Pompei è una storia di innovazione che parte dal Sud e dalle scuole, raccogliendo la sfida alla creazione di nuovi spazi pubblici (e di una cittadinanza contemporanea) capaci di confrontarsi con le trasformazioni in senso tecnologico dell’essere umano.

Un progetto che ci porta di nuovo a parlare di città, ma in un modo particolare.

Perché i suoi protagonisti sono degli studenti, quelli Liceo Scientifico Socio-Psico Pedagogico “E. Pascal” e dell’Istituto “Bartolo Longo”di Pompei: circa 120 giovanissimi fra i 15 e i 17 anni che, attraverso un percorso di formazioni alle tecnologie ubique, hanno progettato la versione in realtà aumentata della propria città.

Il progetto si è rivelato un vero successo e lavorare con questi ragazzi è stato a dir poco entusiasmante: sensibili e ricettivi alle opportunità offerte dalle tecnologie ubique, si sono tutti dimostrati abilissimi nell’inventare applicazioni mobile e sistemi web per la partecipazione attiva dei cittadini e l’emergere di nuovi spazi per la vita pubblica.

L’idea di creare un’infrastruttura ubiqua per la loro città li ha emozionati, portandoli a immaginare strumenti per vita quotidiana che permettono alle persone di affrontare i temi dell’agenda cittadina, di osservare la sfera sociale e gli ambienti in cui vivono (in tempo reale), e di promuovere nuove opportunità che emergono dalla combinazione di pubblico, governance partecipativa, processi decisionali e open data. A ciò si aggiunga la possibilità di relazionarsi con quei concittadini che condividono interessi e visioni comuni e di collaborare con loro per la progettazione e la implementazione di nuove opportunità.

Un’azione ideata e volta ad attivare gli studenti delle scuole di Pompei, portando i ragazzi a diretto contatto con la pubblica amministrazione per suggerire nuove visioni attuabili e a portata di mano: un’innovazione reale che parte dalla scuole e per questo ancora più importante e cruciale.

Abbiamo promosso, all’interno del progetto, modelli di istruzione e conoscenza di peer-to-peer, in cui abbiamo agito da facilitatori tecnologici.

Abbiamo creato e messo loro a disposizione strumenti e piattaforme (tutti open source) che gli studenti hanno usato per progettare e assemblare le loro idee di servizi e processi orientati ai cittadini, aiutandoli a sviluppare le loro autonome visioni e a metterle in atto.

Ed Ubiquitous Pompei è arrivato all’attenzione del MIUR che lo ha inserito fra le best practice in ambito di smart education e smart community, suscitando l’interesse di ricercatori internazionali: nell’articolo troverete le testimonianze di Damien Lanfray e Dario Carrera (collaboratori del ministro Profumo) e di Penny Travlou, ricercatrice e antropologa presso l’università di Edinburgo.

Prima di lasciarvi scoprire di più di questa storia, un’inciso: se parliamo di futuro, come si fa tra queste pagine digitali, non possiamo che partire dai giovani, da quelle generazioni che daranno (e già danno) forma e vita al cambiamento, cercando con ogni mezzo di aprire dialoghi e nell’ordine del possibile offrire loro opportunità, conoscenze e strumenti.

[1] Come nasce il progetto

Ubiquitous Pompei è, in sintesi, un prototipo di città digitale ideato e progettato da 120 studenti delle scuole medie-superiori di Pompei.

Il progetto inizia nel novembre 2011 sotto forma di un workshop intensivo (1) dedicato alle nuove tecnologie e alle forme di scrittura ubiqua (Ubiquitosu Publishing): la possibilità di trasformare corpi, architetture, oggetti e intere città in inediti spazi di pubblicazione, abilitando nuove forme di espressione, relazione, comunicazione e interazione grazie all’uso di tecnologie location based, realtà aumentata, urban screen, social network, smartphone.

I workshop hanno fornito ai giovani pompeiani gli strumenti pratici e teorici per creare una pubblicazione crossmediale, utilizzando MACME e NeoReality , due piattaforme open source prodotte da Art is Open Source fra il 2009 e il 2011 e rilasciate sotto licenza GPL 3.

Il percorso di formazione si è concluso con l’invito alle classi a immaginare la propria “città aumentata”. Nelle settimane successive, un intenso confronto, svoltosi via mail e sui social network, ci ha consentito di arrivare insieme agli studenti alla definizione di quattro idee progettuali incentrate sul concetto di mappa aumentata, social network geolocalizzato e narrativa ubiqua:

una guida turistica in Realtà Aumentata, immaginata attraverso video-racconti ironici e accattivanti posizionati sul territorio e fruibili attraverso smartphone, a creare narrazioni imprevedibili e nuovi itinerari per i turisti;

un social network per la partecipazione che consente agli abitanti di esprimere dissenso e consenso su avvenimenti e tematiche locali, disseminando i contenuti sulla città e rendendoli commentabili da chiunque;

un’innovativa forma di “libro” dedicata agli scavi archeologici in cui i messaggi degli antichi pompeiani sono accessibili in Realtà Aumentata e tradotti in più lingue, consentendo a chi li legge di lasciare a sua volta un commento;

un mappa della “Città Cristiana” in Realtà Aumentata, per far scoprire luoghi, persone e avvenimenti della Cristianità meno noti rispetto alla Pompei degli scavi.

L’entusiasmo e la partecipazione degli studenti ci hanno convinto a fare uno sforzo in più, trasformando le idee progettuali in un prototipo iniziale di città digitale che consentisse loro di continuare a sperimentare autonomamente.

Nasce così UBIQUITOUS POMPEI: la piattaforma, attualmente online, raccoglie i materiali formativi e multimediali prodotti e i quattro progetti, navigabili anche attraverso una mappa interattiva.

I 120 studenti coinvolti hanno ricevuto un accesso personale alla piattaforma, consentendo loro di “mettere le mani” dentro la tecnologia e appropriarsi delle forme di scrittura ubiqua analizzate e descritte durante i workshop.

Questo breve documentario racconta il percorso di formazione, mostrando il prototipo di applicazione in realtà aumentata in funzione:

[2] Dai workshop alla progettazione partecipata: la co-creazione della città

I workshop si sono conclusi il 14 dicembre 2011 con un evento di presentazione delle idee progettuali aperto alla cittadinanza e, a circa sei mesi di distanza, il forum iPompei è stata l’occasione per tornare nelle scuole con un nuovo obiettivo: coinvolgere gli abitanti di Pompei in un processo di progettazione partecipata della città digitale.

Gli studenti si sarebbero confrontati questa volta non solo con le tecnologie e l’ideazione di concept, ma anche e soprattutto con la necessità di aprire e alimentare un dialogo con gli attori della città, le organizzazioni, le associazioni, i gruppi informali e gli individui che animano il dibattito cittadino, trasformandosi in progettisti, attivatori e ricettori di informazioni e relazioni.

L’idea di inclusione, molteplicità di voci e ascolto insita nelle tecnologie digitali attraversa l’intero ciclo di progetto.

Domenica 3 giugno, dalle 16 alle 19, la Sala Consiliare del Comune ha ospitato il primo evento di co-creazione della città digitale, aperto a tutta la popolazione. Tre ore per discutere, interrogarsi e impostare insieme le strategie e i primi passi del progetto.

Insieme agli studenti, nel corso di sabato pomeriggio abbiamo svolto un’azione di volantinaggio nel centro cittadino, invitando la popolazione all’evento e spiegandone i motivi: anche questa azione sul campo era parte integrante della formazione.

Il giorno successivo in sala si è presentato un pubblico composito: oltre agli studenti erano presenti diversi esponenti di associazioni locali, il vicesindaco Claudio Alfano, funzionari e impiegati di diversi uffici comunali (in particolare turismo e cultura).. Un questionario è stato distribuito al pubblico, utilizzando una particolare tecnica per la compilazione: in una forma fluida e coinvolgente, delle slide di presentazione fornivano i concetti base legati al questionario, che veniva compilato in modo corale dando luogo a discussioni e approfondimenti. Gli studenti hanno preso parte attiva nella conduzione del processo, assumendo diversi ruoli: dal presentare le domande, al raccogliere appunti e impressioni alo stimolare il dibattito.

A questo link è possibile visionare la slide, dove si descrivono opportunità per la creazione di nuovi ruoli per i diversi attori cittadini e di un modello di gestione p2p della città a partire dalla creazione dell’infrastruttura digitale pubblica e ubiqua alla base del progetto:

A questo link, invece, il report della giornata con le numerose idee emerse attraverso la discussione e i questionari, fra cui spicca quella di una rete meshed per risolvere i problemi di connessione di una larga parte di territorio praticamente privo di accesso alla rete segnalati da un presente. Il tema è stato l’occasione per identificare possibilità di servizi di connettività p2p gestiti direttamente dai cittadini, suscitando l’entusiasmo sia dei ragazzi che del pubblico.

[3] Prospettive nazionali e internazionali del progetto: dal MIUR a Edinburgo

Ubiquitous Pompei, sin dal suo inizio, ha suscitato l’interesse della stampae dei media e della comunità scientifica internazionale, arrivando perfino in tv: è RaiNews24 ad occuparsene dedicandogli un servizio con tanto di diretta studio:

Più tardi il MIUR (sono i mesi dell’Agenda Digitale) se ne interessa, con il risultato che il progetto rientra fra fra le best practice sui tavoli “smart education” e “smart community”.

Ecco, a tal proposito, la testimonianza di Dario Carrera e Damien Lanfrey, collaboratori del ministro Profumo, che aggiunge importanti elementi di riflessione:

L’esperienza di Ubiquitous Pompei si presenta quale una delle iniziative ritenute di particolare interesse da parte del gruppo di lavoro sull’ Agenda Digitale del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Rendere il sapere ubiquo per mezzo delle nuove tecnologie, quali la realtà aumentata, per disegnare strati della conoscenza delle città, promuove Ubiquitous ad essere uno dei fattori abilitanti per promuovere, attraverso il coinvolgimento strategico di scuole e studenti, la creazione di città e comunita’ intelligenti tramite editoria ubiqua.

Promuovere, in realta’ aumentata, produzione diffusa di contenuti geo-referenziati combinando alfabetizzazione digitale, e-participation e social innovation. Come Ministero dell’Istruzione vogliamo, infatti, che ogni risorsa e occasione spesa per formare e coinvolgere i nostri studenti abbia una molteplice valenza: sia, allo stesso tempo, un investimento nello sviluppo di competenze digitali strategiche per gli studenti, anche e soprattutto attraverso la pratica e attività a progetto, e un investimento in termini di innovazione sociale, tramite una sempre piu’ chiara relazione con il territorio.

Attraverso un percorso di formazione sulla cosiddetta editoria ubiqua, agli studenti si chiede di immaginare la propria “ città’aumentata”, diventando co-autori di uno strato di conoscenza digitale geo-referenziata, tramite la proposta di progetti per migliorare le loro città. Uno dei valori aggiunti risiede nella fase di progettazione e vision-building. Gli studenti stessi hanno credenziali di accesso a una piattaforma di blogging aumentato (ed assistenza all’uso), in cui riversare, organizzare ed incoraggiare i contenuti tratti dalla loro esperienza fisica con la città.

Favorire l’ingresso di micro-progetti con queste caratteristiche nella scuola, sulla scia di successi come Ubiquitous, ha il potenziale di esporre i ragazzi in prima persona alle dinamiche decisionali del policy-making, e spronarli a diventare cittadini consapevoli, interessati, preparati e coinvolti nella gestione e prototipazione delle soluzioni per una città che gli assomigli. Inoltre, progetti come Ubiquitous rappresentano un format ingaggio pubblica amministrazione-scuola-formatori creativi dalla cui esperienza possiamo imparare molto ed in grado, in parte, di rispondere ai crescenti bisogni di innovazione della scuola italiana.”

Come anticipato, anche diversi ricercatori oltralpe si sono interessati al caso. In particolare, riportiamo qui le parole di Penny Travlou, ricercatrice presso l’Edinburgh College of Art con un focus sull’etnografia digitale.

La sua testimonianza è di particolare rilievo sia in quanto frutto di una reale collaborazione e volontà di creare un analogo case study nel capoluogo scozzese, sia perchè Penny si è occupata in prima persona di progetti partecipativi che hanno coinvolto le scuole. La riportiamo in inglese per perturbare il testo:

My own research approach is transdisciplinary looking on problems that cross the boundaries of two or more disciplines. For that matter, I look at the issues of use, experience and perception of urban public space from a holistic approach where technology, social sciences and architecture could be linked and merged together in transdisciplinary research. The Ubiquitous Pompeii is such an example of transdisciplinary research where through the use of new/ubiquitous technologies young people can engage in discussions of citizenship and participatory planning of their urban environments. Since 2003, I have been involved in research on young people’s perception of public space and one thing that I have noticed and discussed about was the lack of research possibilities to realise and activate urban space users’ imagination of ‘perfect/ideal places’ for them in their local environment. I believe that a project such as that of Ubiquitous Pompeii covers this gap and shows how people can create multi-layers of imagined and proposed spaces within a city but also create a platform of multiple voices and actors. Using a collaborative ethnography, I will co-create fieldwork with the different people involved in this project i.e. research team, teachers, pupils and other actors/participants. Through the use of set of scenaria, I will explore how people interact in the planning process of an ubiquitous reality ‘city map’. In different stages of the fieldwork, the multiple actors can interact with the fieldnotes and findings, so it would be more a horizontal ethnographic process, with no researcher-participant divide. Furthermore, we will use the prototype of the Ubiquitous Pompeii project on a different urban setting, that of Edinburgh, Scotland. The purpose for this second case study is to look at how young people in a different city envision their urban landscape and then compare the findings of the two case studies. This will give the opportunity to engage in an international dialogue of young people’s citizenship and experience of public space at a time of financial crisis, overincreasing state control, gentrification and loss of public space as we used to know it.”

[4] Conclusioni

Queste conclusioni richiedono di fare un piccolo salto con l’immaginazione. Chiudete gli occhi e pensate che Ubiquitous Pompei è diventato Ubiquitous Italia. Che gli studenti di ogni scuola si sono trasformati in progettisti e designer delle loro città digitali. E che collaborano con altri studenti, a Edinburgo, a Parigi o a Tolosa, parlando in tante lingue diverse e confrontandosi con tante diverse culture. E che… (continuate ad immaginare).

Noi, un piccolo passo lo abbiamo fatto e un tassello, un seme se volete, è stato piantato. Nemmeno troppo lontano.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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