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Un po’ detective un po’ archeologa, così Cristina ha portato un pezzetto di Italia su Plutone

scienze

Da alcune ore Cristina Dalle Ore, astronoma trevigiana, è rimbalzata su schermi e siti di tutto il mondo, nelle immagini della squadra che alla NASA ha festeggiato il successo della missione della sonda che ha raggiunto Plutone (nella foto in alto è la prima a sinistra). Fra i protagonisti di Italiani di Frontiera, che le ha dedicato anche un paragrafo nel libro uscito qualche mese fa, Cristina ha una storia bellissima, di tenacia, determinazione.

Ma prima l’attualità. Cristina trova il tempo di rispondere rapidamente dalla California via mail a una serie di domande sul suo lavoro.

Le sue parole, sul valore e il significato di questa missione sono da incorniciare.

Perchè è così importante questa missione?“Perchè spinge i confini della nostra specie ai bordi del sistema solare.

Perchè sarà di ispirazione per le nuove generazioni a continuare a espandere l’orizzonte della nostra conoscenza verso nuove mete sempre più lontane. Perché unisce l’umanità nell’entusiasmo della scoperta e in questo rivela la parte migliore del genere umano. E più praticamente perché spinge i limiti della tecnologia motivando nuovi studi”.

A sinistra: Plutone visto dall’Hubble Space Telescope nel 1993. (Dr. R. Albrecht, ESA/ESO Space Telescope European Coordinating Facility; NASA). A destra: Plutone visto da New Horizons il 13 luglio 2015. (NASA-JHUAPL-SWRI). Credits: Vox.com

Quando avete iniziato questo lavoro mirando a Plutone?“La missione e’ stata approvata nel Novembre 2001, dopo anni di tentativi”.

Quale è stato il tuo ruolo?“Il mio coinvolgimento vero e proprio è incominciato recentemente con l’arrivo dei primi dati spettroscopici e sta velocemente prendendo importanza, mano a mano che i dati ci arrivano con risoluzione spaziale sempre più alta.

Sono una collaboratrice del gruppo che studia la composizione delle superfici di Plutone e delle sue lune. Il mio ruolo è analogo a quello di ‘detectivearcheologa’, attraverso lo studio delle immagini ‘hyperspectral’. Queste sono immagini in cui ogni pixel ha uno spettro, cioè la rappresentazione della luce riflessa a 256 lunghezze d’onda diverse dall’area di Plutone coperta dal pixel. Immagina un arcobaleno con 256 colori invece dei soliti 6. L’intensità dei colori è come l’impronta digitale della superficie e da quella riusciamo a risalire alla composizione e indirettamente alla storia della superficie stessa. Sono parte di un piccolo gruppo di scienziati (tre) e ognuno di noi applica tecniche analitiche diverse che poi confrontiamo per assicurarci che i risultati siano accurati”.

Quali sono le metodologie più avanzate utilizzate nel tuo lavoro?“Il mio approccio analitico utilizza tecniche di classificazione che vengono comunemente usate per l’analisi di ‘big data’ e che permettono di fare un’analisi oggettiva dei dati.

Il risultato della classificazione viene poi interpretato con l’aiuto dei dati geografici e confrontato con I risultati indipendenti dei miei due colleghi di cui ti parlavo nel mio messaggio precedente”.

Il momento più difficile?“Fino ad ora è stato lunedì scorso, quando i primi dati interessanti sono arrivati e non riuscivo a stare nella pelle dalla voglia di analizzarli e capire il loro significato. Allo stesso tempo è stata una delle giornate più’ eccitanti della mia carriera. :-)”.

Cosa vi aspettate in futuro?“Prossimamente (nei prossimi mesi)i: dati a maggiore risoluzione geografica che ci diranno in dettaglio che materiali compongono le diverse parti di Plutone e di Caronte. A lungo termine: nuove missioni verso altre parti del sistema solare e magari anche al di fuori, a seconda di quanto lontano nel futuro ci vogliamo riferire”.

Questa nuova immagine di un’area su Caronte (la più grande luna di Plutone) ha una caratteristica accattivante – una depressione con un picco nel mezzo, qui in alto a sinistra del riquadro. L’immagine mostra una superficie di circa 240 miglia (390 km) da cima a fondo, tra cui alcuni crateri visibili. Credits: NASA-JHUAPL-SwRI

Qui sotto un estratto dal paragrafo a lei dedicato, nel mio libro “Italiani di frontiera. Dal West al Web: un’avventura in Silicon Valley” (EGEA, prefazione di Gian Antonio Stella).

«Mai rinunciare a inseguire le proprie passioni, usare Internet come porta d’accesso e, per le ragazze, prepararsi a lavorare due volte meglio degli uomini. Come ha fatto lei, quando arrivò in America parlando un inglese che sembrava quello degli indiani nei film (solo verbi all’infinito) e su una tastiera aveva digitato soltanto due parole: “Hallo world”. Astronoma trevigiana, laurea all’Università di Padova, Cristina Morea Dalle Ore è oggi ricercatrice al Carl Sagan Center oltre che al SETI Institute e all’Ames Research Center della NASA, dove è arrivata passando per University of California e Harvard… Oggi Cristina è specializzata nello studio dei bordi del sistema solare, un filone di ricerca che consente di capire la composizione chimica del sistema e la sua storia».

ROBERTO BONZIO17 luglio 2015

* reblog dal post originale pubblicato sul sito dell’autore il 15/07/2015

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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