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Un progetto per il Cilento come laboratorio di democrazia partecipata

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L’incipit dell’ultimo articolo di Carlo Ratti sintetizza perfettamente il ruolo avuto dalla rete nello sviluppo delle città. Le cosiddette smart city nascono sulla scia di una penetrazione sempre maggiore del Web all’interno delle realtà urbane. Se fino agli anni ’90 la presenza della linea analogica rendeva abbastanza omogenea la “lentezza” di navigazione lungo il territorio di una nazione, l’avvento dell’ADSL ha radicalmente cambiato questo assioma e ha diviso il paese in due. Gli investimenti si sono concentrati soprattutto sulle grandi città e hanno abbandonato a se stessi gli agglomerati dove non era conveniente portare una connessione veloce.

Con il passare degli anni la rete ha valicato i confini urbani e si è lanciata verso realtà più piccole. Così, mentre da un lato è esploso il fenomeno delle città intelligenti, dall’altro piccoli agglomerati urbani hanno iniziato a rimboccarsi le maniche per sfruttare le opportunità offerte dal mezzo.

Non è un caso che alcuni tra i progetti finanziati dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca nell’ambito del bando Smart Cities abbiano come comune denominatore il sostegno alla penetrazione e allo sviluppo di app nei centri più piccoli. Un esempio interessante è il progetto lanciato da tre giovani eccellenze campane in collaborazione con la Fondazione AgoraVox.

L’idea è quella di costruire una piattaforma di democrazia partecipativa che renda più efficaci le decisioni per lo sviluppo locale all’interno della Comunità Montana Bussento (Salerno). Il nasce in seno al parco Nazionale del Cilento: un territorio che comprende 80 comuni e 7 comunità montane, ricco di potenzialità inespresse e composto in prevalenza da piccoli centri con una media di 2000 abitanti ciascuno a una distanza l’uno dall’altro di circa 7-10 km.

Per dare il senso del distacco dai centri di governo del territorio, basta pensare che la sede della provincia di Salerno dista 150 km dal comune di Sapri. Il risultato di questa frammentazione territoriale ha sempre rappresentato un ostacolo per quelle politiche partecipative mirate a coinvolgere gli abitanti del luogo. Ovviamente, queste difficoltà si ripercuotono anche sugli attori privati e gli imprenditori locali, impossibilitati a fare squadra (o peggio capaci di sfruttare la frammentazione per i propri interessi).

Come detto, l’isolamento geografico è uno dei principali problemi che grava sulle capacità decisionali degli enti. Pertanto, il Cilento risulta essere il luogo perfetto in cui lanciare un’iniziativa di democrazia partecipativa poiché racchiude i due elementi chiave che connotano grandi aree del paese: le potenzialità paesaggistico-naturali e il digital divide.

In questo humus democratico nasce l’idea di una piattaforma capace di creare interazione tra le amministrazioni e i cittadini. Una vera e propria agorà contemporanea online capace di far interagire i cittadini residenti nel territorio di riferimento, ma anche i cittadini costretti ad emigrare per lavoro o per studio. Cittadini che, spesso, hanno un alto grado di istruzione e un bagaglio di conoscenze che, per mancanza di opportunità, non è spendibile sul territorio nonostante sia utilissimo per il suo sviluppo.

Alla piattaforma software sono affiancati tavoli multi touch installati nei punti di accesso alla rete e nelle piazze di tutti i comuni che aderiscono al progetto. Attraverso queste interfacce, oltre 10 cittadini possono condividere contemporaneamente idee, file, immagini e visualizzarli sul tavolo, nonché condividerli in rete e monitorare il grado di gradimento delle proposte. Un’unione di online e offline mirata a garantire una più ampia partecipazione possibile. Ma senza perdere di vista il ritorno del reale nel virtuale, grazie ad un sistema di fact-checking collettivo che esce dal locale e si rivolge anche nelle competenze dei cittadini costretti ad emigrare.

La sperimentazione di progetti di democrazia partecipativa è un percorso importante e fondamentale per una nazione che ha visto il seme del totalitarismo germogliare a più riprese. Progetti piccoli ma necessari a far ripartire dal basso la nazione. L’orizzontalità della rete può essere lo strumento che farà emancipare l’Italia dai suoi ritardi, che stimolerà la partecipazione e che spingerà a rinunciare al vizio della delega – vero male italiano. Perché la delega è la rinuncia al nostro essere cittadini, la delega è paternalismo. E il paternalismo che mal si sposa con il cambiamento.

La speranza è che il progetto vada avanti e diventi una realtà consolidata capace di imprimere una svolta ad uno dei luoghi più belli della nostra penisola. Un luogo dal quale, spesso, i ragazzi sono costretti ad emigrare per mancanza di opportunità ma al quale sarebbero desiderosi di contribuire anche a distanza. Giovani cittadini desiderosi di riappropriarsi delle proprie radici. La sfida politica dei prossimi anni si giocherà tutta su questo piano e l’ampliamento dell’agorà del dibattito pubblico non dovrà più essere solo un mero slogan ma quotidianità. Mi lascio uno spazio di ottimismo per l’Italia perché intorno a noi piccole e grandi smart cities crescono.

Roma, 19 settembre 2012FRANCESCO PICCININI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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